IL MONDO IN CASA MIA
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Gli immigrati costituiscono oggi in Italia la parte più consistente dell'esclusione abitativa. Il primo dato da rilevare riguarda i limiti delle politiche abitative generali, che nel tempo hanno favorito una debolezza strutturale sia sul piano quantitativo che qualitativo. La cultura introdotta dalla legge Martelli, che ha istituito i primi centri di accoglienza, è stata ispirata al modello degli alberghi popolari e dei dormitori per poveri e senza fissa dimora: ciò ha contribuito a diffondere una concezione dell'abitare inferiorizzato per gli stranieri.
La prevalenza di questo approccio è riscontrabile analizzando le politiche promosse dalle Regioni che hanno utilizzato i fondi della legge 40/98 (diventata il 25.6.'98 il "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero") prevalentemente per la creazione e/o il mantenimento dei centri di accoglienza rispetto alle misure per l'accesso all'abitazione miranti a costruire percorsi di integrazione abitativa permanenti.
Gli enti locali sono i principali attori delle politiche di inserimento abitativo: ciò che serve è una maggiore pianificazione degli interventi e la sperimentazione di nuovi modelli che prevedano, quando è opportuno, l'intervento di organizzazioni di terzo settore e un approccio complessivo alla questione abitativa.
E' nostra convinzione che non si possa risolvere la questione abitativa per gli stranieri, che riguarda anche ampi strati della popolazione locale, separando e individuando percorsi diversi per gli immigrati e per gli autoctoni.
Alcuni enti locali hanno già avviato con successo la creazione di agenzie immobiliari sociali e la costituzione di fondi di garanzia per favorire la locazione per i cittadini (italiani e stranieri) a basso reddito, la mediazione tra soggetti deboli (italiani e stranieri) e istituti bancari per facilitare l'acquisto della prima casa, il recupero e l'affitto a canoni sociali di strutture di proprietà pubblica in disuso. Ci sembra questa la giusta direzione. Ma si tratta di esperienze ancora molto limitate. La ricerca della casa passa ancora prevalentemente attraverso il libero mercato: ed è un fatto che gli immigrati incontrano maggiori difficoltà rispetto ai cittadini italiani nel reperimento di alloggi. Ciò avviene anche quando si trovano in una condizione lavorativa che permette loro di pagare regolarmente un affitto e di offrire le garanzie richieste dai proprietari. Sono molti gli immigrati che non ottengono un regolare contratto di affitto o che pagano un canone superiore a quello previsto dal contratto, che non ottengono le ricevute di pagamento e che non possono quindi provare di aver pagato il canone, che pagano canoni superiori a quelli di mercato per case fatiscenti in quartieri degradati, che con estrema difficoltà riescono ad ottenere un mutuo per acquistare una casa.
Si tratta di forme più o meno esplicite di discriminazione contro le quali gli immigrati, ma anche le associazioni di tutela dei loro diritti, non hanno sufficientemente sviluppato una cultura e una prassi di contrasto efficace. Con gli art. 43 e 44 della legge 40/98 è stata rafforzata la tutela normativa contro le forme di discriminazione. Ma sono a tutt'oggi pochi i casi in cui ci si è avvalsi della legge per promuovere denunce contro la discriminazione. Né d'altra parte un problema complesso come quello del razzismo può essere risolto solo con il ricorso alla legge. Esistono radici culturali, sociali ed economiche che stanno alla base dei comportamenti discriminanti più o meno diretti ed espliciti, purtroppo in aumento nel nostro paese. Ciò è particolarmente evidente analizzando le cause che ostacolano il libero accesso dei migranti all'alloggio. Le interviste fatte ad una ventina di "testimoni privilegiati", esponenti di agenzie immobiliari, banche, associazioni di categoria, associazioni di tutela degli immigrati e enti locali i cui risultati vengono qui presentati, portano ad una duplice riflessione: se da un lato le politiche degli enti locali hanno un ruolo centrale nella garanzia del diritto alla casa e possono offrire concrete risposte, dall'altro per un efficace contrasto della discriminazione si devono attuare interventi di carattere culturale che smontino pezzo per pezzo gli stereotipi e i pregiudizi su cui si fonda la cultura xenofoba che a ondate sempre più frequenti investe l'opinione pubblica degli italiani.
L’obiettivo dell'inchiesta è quello di fornire delle informazioni e degli spunti di riflessione sulle difficoltà che gli immigrati incontrano nel nostro Paese a "trovare casa", ad ottenere per sé e per la propria famiglia un alloggio dagli standard riconosciuti normali per tutti i cittadini italiani e che tali dovrebbero essere anche per i cittadini stranieri.
Il criterio di comprensione che si è deciso di assumere è quello del riconoscimento della complessità legata alle tematiche dell’abitare e al concetto stesso di casa. Complessità che non è più possibile ignorare dal momento che il fenomeno migratorio nel nostro Paese sta assumendo caratteristiche di sempre maggiore stabilizzazione (ricongiungimenti familiari, percorsi di integrazione nelle scuole, regolarizzazioni ricorrenti) e con essa di differenziazione dei bisogni. Ecco che il problema non è più solo quello della prima accoglienza e dell’intervento sull’emergenza - quindi a breve termine - ma diventa quello di una revisione strutturale delle politiche abitative nel loro complesso che rappresenti una risposta non più solo quantitativa ma anche qualitativa alla domanda differenziata degli immigrati ormai da considerare a tutti gli effetti come "nuovi cittadini".
I "testimoni privilegiati" e le "buone pratiche"
Per avere un quadro articolato degli ostacoli che limitano l’accesso dei cittadini immigrati all’alloggio, si è deciso di raccogliere il parere di soggetti ritenuti "testimoni privilegiati" in quanto da anni, rappresentando realtà sociali e professionali differenti, si trovano ad affrontare tutti, direttamente o indirettamente, questo problema. Abbiamo quindi intervistato diversi (complessivamente 23) funzionari e responsabili di:
- agenzie immobiliari
- banche
- associazioni e/o cooperative che fungono da intermediari per la locazione
- associazioni di categoria
- enti pubblici che hanno realizzato progetti specifici sull’accesso alla casa
A loro abbiamo chiesto di rispondere alle domande aperte di un questionario inviato precedentemente e che mirava da una parte a far emergere la loro opinione sulle difficoltà che in Italia hanno oggi gli immigrati a trovare casa e, dall’altra, le loro idee sulle soluzioni possibili del problema, considerando le azioni ragionevolmente praticabili sia nell’iniziativa privata che in quella pubblica.Abbiamo inoltre valutato la presentabilità di alcune esperienze fatte nel nostro Paese negli ultimi dieci anni e da considerare proponibili come "buone pratiche" per il relativo successo che hanno avuto – sotto diversi profili e in relazione a diverse tipologie di bisogno - nel dare un contributo (magari piccolo, ma significativo per la riproducibilità) alla soluzione del problema casa per gli immigrati. Ne sono state individuate otto, che sono riportate in schede sintetiche nella seconda parte dell'inchiesta.
Anche in questo caso abbiamo preso contatto con "testimoni privilegiati", persone che all’interno delle esperienze citate ricoprono posti di responsabilità. Li abbiamo intervistati, seguendo una traccia comune per le domande. Dalle risposte avute e dalla documentazione consegnataci abbiamo potuto trarre le informazioni essenziali per costruire in maniera comparabile una scheda di presentazione per ognuna delle esperienze esaminate.
Le interviste hanno previsto una serie di domande (da un minimo di 5 per gli operatori del sistema bancario ad un massimo di 10 per i rappresentanti del mondo delle associazioni e delle cooperative) che danno libertà all’intervistato di scegliere nella risposta l’approccio che più gli aggrada. Abbiamo considerato importante un criterio aperto di questo tipo proprio alla luce della delicatezza del tema che si presta inevitabilmente ad interpretazioni articolate, talvolta ideologiche, meritevoli comunque tutte di essere prese in considerazione ai fini del quadro che si vuole ricostruire.
Non si è scelta una modalità specifica di svolgimento dell’intervista. Alcuni questionari sono perciò stati compilati per posta elettronica, altri attraverso contatti telefonici, altri ancora tramite incontri di persona con i soggetti invitati a rispondere. Gli esiti più interessanti si sono avuti attraverso gli incontri diretti, di persona. Cosa che però non sempre ci è stata permessa (per diversi motivi, a volte per diffidenza, poco tempo, disinteresse). Restano comunque significative anche le risposte ottenute senza l’incontro personale.
Nello svolgersi delle interviste è apparso evidente quanto l’argomento immigrazione in generale incidesse in maniera appassionata sull’argomento casa in particolare, caricandolo preliminarmente di significati positivi o negativi. Quasi nessuno di coloro che hanno accettato di rispondere ha avuto un approccio neutro o distante al tema.
Questo ha permesso d’altra parte di trarre alcune significative indicazioni sugli scenari, reali e possibili, di risposta ai bisogni di integrazione degli immigrati (a partire dal diritto a non essere discriminati), tenendo conto anche delle dinamiche psicologiche che sono in gioco nel vissuto delle persone che si occupano - a vario titolo e in posizione di responsabilità - delle problematiche relative all’ottenimento da parte di tutti del bene casa.
I Promotori:
ASAL - COOP. LA CASA PER GLI EXTRACOMUNITARI - ICS - LUNARIA
MANCOMUNIDAD DE SERVICIOS SOCIALES DELSURESTE - UNION FRANCAISE DES CENTRES DE VACANCES - CRFA
VERMIETUNGSGENOSSENSHAFT LUDWIG FRANK