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Le
agenzie immobiliari
Nelle risposte
degli operatori delle agenzie immobiliari da noi scelti come "testimoni
privilegiati" per quanto riguarda i modi di vedere e i comportamenti
delle stesse, emerge anzitutto una certa omogeneità di posizioni
che comprende realtà anche geograficamente lontane e diverse (il
Nordest come la periferia di Roma) e che è data da una serie di
affermazioni e constatazioni così riassumibili:
- la percentuale
di immigrati che frequentano con regolarità le agenzie alla
ricerca di alloggio da prendere in affitto è sempre molto alta
sia in termini assoluti sia in relazione alla totalità della
clientela (si arriva frequentemente a punte del 75% di clienti
immigrati sul totale). Questo accade a Milano come a Roma e
dimostra che il passaparola tra immigrati e la circolazione
di informazioni sul percorso più diretto per trovare casa è
accessibile e conosciuto anche dai nuovi arrivati, per cui sembra
irrilevante dotarsi o meno di materiale pubblicitario e divulgativo
in più lingue specifico per questo target di utenti.
- La percentuale considerata
rappresenta in ogni caso una clientela potenziale, non messa
nelle condizioni di dare profitto adesso alle agenzie, dato
che il numero di domande di case in affitto che vanno a buon
fine (ovvero che terminano con la stipula di un contratto) è
estremamente basso.
- Allo stesso modo
la percentuale di dinieghi e vincoli posti dai proprietari di
immobili per quanto riguarda la locazione ad immigrati raggiunge
anche il 90 % di coloro che si rivolgono alle immobiliari. Tra
questi non mancano quelli che fanno capire che dinieghi e vincoli
verrebbero tolti in caso di buone possibilità di speculazione
(affitti altissimi e/o sproporzionati rispetto alle condizioni
dell'immobile, pagamenti in nero, tolleranza per sovraffollamento
con quote a posto-letto).
- Da parte di molti
agenti immobiliari i dinieghi e i vincoli posti dai proprietari,
anche quando sono evidentemente discriminatori, in genere vengono
accettati senza eccessive obiezioni, trovando quasi sempre alla
fine delle giustificazioni, magari discutibili, ma in qualche
modo ritenute plausibili.
- I contratti, in
ogni caso, firmati dagli immigrati presso le agenzie immobiliari
sono ancora quasi esclusivamente di locazione, risultando a
tutt'oggi piuttosto rari, anche se comincia ad esserci una casistica
interessante, i contratti di compravendita.
Ma la di
là di queste affermazioni e constatazioni condivise, quando le nostre
domande toccano la complessità del tema casa nei suoi aspetti culturali,
umani ed economici, ecco che le risposte si differenziano, lasciando
anche spazio a sfumature di tipo ideologico e dando ancora una volta
la conferma dell'alto grado di conflittualità da pregiudizio, impatto
emotivo e allarmismo, che il tema casa porta con sé.
I Pareri
Le
Proposte
I
pareri
Gli
intervistati per le agenzie immobiliari, posti di fronte alla domanda:
"Le motivazioni che spingono i proprietari di case ad escludere
gli immigrati dai loro affari sono prevalentemente di ordine culturale
o di ordine economico?", capiscono che si tratta di esprimersi
su una questione piuttosto spinosa. Che si vuole cioè una
loro opinione sul grado di discriminazione e di pregiudizio razzista
che dal loro osservatorio hanno potuto misurare e se tale pregiudizio,
una volta accertatane l’esistenza, abbia conseguenze negative sulla
ricerca di casa da parte dei cittadini immigrati.
"E’
il 90% dei proprietari a non voler affittare ad immigrati e solo
un terzo di questi 30 lo fa per preconcetti. Il 70% invece ha vissuto
brutte esperienze proprie o raccontate da amici e parenti. Del resto
loro (gli immigrati n.d.r.) hanno abitudini religiose, di orario
e soprattutto alimentari troppo diverse dalle nostre e addirittura
pregiudiziali alla tranquillità condominiale. Tanto che spesso
la pressione ai proprietari viene fatta dagli altri condomini, che
dicono di volere "una famiglia normale" . Del resto non
c’è più alcun filtro, non ci si può fidare,
ci sono persone che mi hanno denunciato disavventure causate da
immigrati che erano stati loro presentati dalla Caritas. Quindi
si capisce che non è un razzismo da prevenuti quello degli
italiani." A rispondere è il titolare di una piccola
agenzia a gestione familiare di Verona, il quale, convinto sostenitore
delle motivazioni culturali a spiegazione dei limiti posti dai proprietari,
continua così la sua analisi: " I veronesi non vogliono
vivere accanto ai neri a causa dei problemi che i neri portano con
sé. Lamentano atteggiamenti troppo distanti dalla nostra
cultura. Per esempio per loro è normale molestare una ragazzina
di 12-13 anni perché lo fanno nel loro paese, per noi italiani
evidentemente no".
Pur non
avendo elementi per ritenere che queste considerazioni rispecchino
l’opinione comune della categoria professionale degli agenti immobiliari,
abbiamo ritenuto importante sottolinearle per gli evidenti spunti
di riflessione che portano con sé. Il titolare di un’agenzia
rappresenta il punto di collegamento tra il proprietario di un immobile
e chi cerca casa. Il suo è quindi un ruolo delicato che ha
un peso, in positivo o in negativo, importante nel processo di integrazione.
Il rischio di un approccio marcatamente ideologico politico al tema
casa da parte delle immobiliari rappresenta uno scoglio significativo
nell’accesso all’abitazione e come tale va considerato e affrontato.
La diffidenza
di tipo culturale da parte di proprietari è sottolineata
anche dalla filiale romana di una grossa immobiliare in franchising,
dalla quale emerge che: "Gli immobili per i quali operiamo
l’intermediazione sono di proprietà di privati che agiscono
di riflesso ad una cultura che insegna alla gente ad avere paura
di ciò che non conosce (…)".
Ne conseguono
veti espliciti alla locazione (che al Nord spesso significa difficoltà
a trovare casa anche per i meridionali) e inevitabile accettazione
degli stessi da parte delle agenzie, dal momento che "rifiutare
significherebbe perdere un guadagno sicuro e in un lavoro come il
nostro in cui il giro d’affari non è mai costante non ha
senso".
E’ molto
netto anche il giudizio di un dirigente di un'agenzia immobiliari
tra le più rappresentative che abbiamo intervistato: "Le
motivazioni sono eminentemente di tipo culturale, si tratta di pregiudizi".
Pregiudizi che ormai non riguardano più solo i proprietari
di case, ma: "Sta aumentando esponenzialmente anche il numero
di persone che si informano, prima di acquistare un immobile, su
quali saranno i futuri vicini di casa. Se ciò fino a poco
tempo fa capitava solo in alcuni quartieri (magari periferici e
considerati più a rischio) adesso capita un po’ ovunque.
Inoltre anche gli esercizi commerciali, quelli direzionali e gli
studi dei professionisti stanno tornando in pieno centro storico
per motivi legati ai flussi migratori. Io, per esempio, avrei il
veto dalla mia dirigenza se volessi aprire una nostra filiale in
Veronetta".
Tra le righe
emergono però anche problemi di tipo economico: paura di
mancati pagamenti del canone, di danni all’immobile, frequente irreperibilità
dell’inquilino immigrato, precarietà lavorativa e logistica,
svalutazione dell’immobile: "Gli immigrati generalmente non
si curano molto della casa, fanno le pulizie in modo approssimativo
e se si rompe qualcosa, sia anche una porta, la lasciano lì".
"Se
la legge non tutela il proprietario dal rispetto dei canoni contrattuali
quando affitta ad un italiano, si immagini com’è la situazione
quando si tratta di un locatario immigrato".
"Non
ti spiegano i motivi per cui non vogliono gli immigrati. Ti dicono
che ai primi arrivati facevano contratti d’affitto per due persone
e se ne trovavano in casa dieci. Così adesso quei pochi proprietari
che affittano a stranieri raddoppiano gli affitti (se 60 mq. ad
un italiano costano mediamente 800, 900mila lire per un immigrato
arrivano anche ad un milione e mezzo). Lo considerano un modo per
pagarsi anticipatamente i danni all’immobile che presumibilmente
gli immigrati faranno".
Unica voce
fuori dal coro una piccola immobiliare di Roma che racconta dell’esistenza
di un spazio di integrazione: "Ultimamente si è molto
ridefinita la clientela di immigrati, ci sono più famiglie
e meno cinesi (loro spesso sovraffollano gli appartamenti e producono
odori insopportabili quando cucinano) e quindi sta cambiando anche
la cultura degli italiani. Inoltre nella zona ci sono sempre meno
lamentele da parte di vicini dei vicini di casa per rumori eccessivi
(magari gli uomini soli si ubriacano o vivono in dieci in casa,
ma con l’aumento dei nuclei familiari questo capita sempre meno)
e quindi la gente è sempre più tranquilla nei loro
confronti. Accettano perfino di affittare a polacchi e romeni, quelli
più a rischio, perché tendono ad occupare la casa
in troppi e a non tenerla bene. Non ci sono motivazioni di ordine
economico perché gli stranieri hanno sempre pagato e la gente
lo sa".
Le
proposte
Le garanzie
sono un altro tema problematico. Quasi tutti gli intervistati affermano,
chi tra le righe e chi in modo esplicito, che le garanzie servono
molto poco e comunque solo in casi in cui il proprietario dell’immobile
sia già disposto ad affittare ad immigrati. Le più
utili restano quelle dei datori di lavoro e – ma ci è stato
detto da uno solo degli intervistati – l’eventuale controfirma da
parte di un cittadino italiano referenziato sul contratto d’affitto
intestato ad un immigrato. E’ unanime comunque l’opinione che non
è così che si riescono ad affrontare i pregiudizi
e le diffidenze.
"Credo
che le garanzie non risolvano il problema o che al massimo servano
per un 10% dei proprietari non di più, gli altri – garanzie
o non garanzie – restano diffidenti. Le più utili sono senza
dubbio quelle date dai datori di lavoro, oltre naturalmente ai documenti
in regola, all’ultima busta paga".
Ulteriore
conferma del fatto che un inquilino immigrato è indesiderato
in quanto tale - quindi a prescindere da una sua reale situazione
di inaffidabilità – è che il rifiuto della domanda
di locazione avviene anche alla presentazione dei documenti in regola,
del contratto di lavoro, del conto corrente bancario e della dichiarazione
dei redditi.
Se le garanzie
non servono, allora cosa dovrebbero fare le istituzioni, le banche,
le associazioni di tutela dei migranti, i datori di lavoro? E’ quello
che abbiamo chiesto ai titolari delle agenzie immobiliari che abbiamo
intervistato. Le loro risposte in sintesi:
-
Il
governo dovrebbe predisporre incentivi agli enti locali
per case di edilizia economico-popolare.
-
Le
istituzioni, ma soprattutto gli enti locali dovrebbero
occuparsi di più di curare l’integrazione dei nuovi arrivati
per abbassare la soglia di conflitto e la diffidenza.
-
Dovrebbe
essere cambiata la legge sulla locazione nella direzione
di una maggiore tutela dei proprietari
-
L’edilizia
pubblica dovrebbe impedire la vendita delle case sfitte
a persone già benestanti e agevolarne invece l’affitto
a chi ne ha bisogno.
-
Gli
istituti di credito dovrebbero facilitare l’accesso al
mutuo e finanziare le cooperative che fungono da intermediari
tra proprietari e immigrati.
-
I
datori di lavoro sono considerati già sufficientemente
responsabilizzati ed efficienti.
Anche
in questo caso ad aiutarci a tirare le fila, seppur approssimative,
di quanto detto sin qui, è uno degli intervistati. Si tratta
del responsabile del Centro Studi dell’agenzia Gabetti di Milano:
" Credo che le politiche per risolvere la situazione abitativa
non siano mai state realmente affrontate, infatti oggi è
l’immigrato che si adatta al mercato e non viceversa. Non sono stati
studiati neppure prodotti edilizi, riqualificazioni e altri sistemi
ad hoc per soddisfare una domanda abitativa che invece sta diventando
sempre più forte. Purtroppo ad oggi questa domanda deve spesso
assoggettarsi a speculatori che si arricchiscono facilmente sulle
difficoltà altrui".
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