Le
associazioni e le cooperative
Il contributo
all'identificazione di problematiche e di ipotesi di soluzione sul
tema dell'alloggio agli immigrati emerso dalle interviste alle associazioni
è ricco e articolato.
Sono state interpellate:
- due cooperative
sociali del Nord che si occupano dell'intermediazione tra i
proprietari di immobili e i potenziali locatari immigrati
- un'associazione
di Roma che fornisce orientamento e assistenza legale ai migranti
- il presidente dell'U.P.P.I.
(Unione Piccoli Proprietari Immobiliari) di Roma o il presidente
di Confedilizia nazionale.
I soggetti
intervistati hanno fornito complessivamente informazioni che hanno
fatto emergere, da una parte, un quadro dei vincoli e delle rigidità
del mercato immobiliare nel suo complesso e del disagio abitativo
specifico degli immigrati e dall'altra un quadro dei possibili percorsi
finalizzati alla predisposizione di soluzioni. Quest'ultimo aspetto
è quello più interessante e sul quale ci soffermeremo di più.
I Pareri
Le
Proposte
I
pareri
La stabilizzazione
negli ultimi anni del fenomeno migratorio con la crescita dei ricongiungimenti
familiari ha portato con sé due conseguenze: innanzitutto
la domanda di alloggio da parte degli immigrati è aumentata
andandosi ad aggiungere alla domanda, ancora non soddisfatta, di
molti cittadini italiani "provenienti da nuove marginalità
e povertà in parte alimentate dal processo di scomposizione
dei nuclei familiari e in parte dalla maggiore mobilità per
motivi di studio o lavoro". Si è andata creando così
una sorta di concorrenza tra nuclei familiari a basso reddito
che, siano essi italiani o immigrati, cercano allo stesso modo un
alloggio a prezzi accessibili. Era inevitabile, ed è la seconda
conseguenza, che il cambiamento del percorso migratorio comportasse
il cambiamento della domanda abitativa: le cooperative e le associazioni
intervistate parlano infatti di una aumentata richiesta di soluzioni
più stabili e più dignitose in cui vivere con la propria
famiglia, identificate in una casa che abbia almeno 3 stanze e raggiunga
i 65/70 mq., che rientri insomma nei parametri minimi del T.U. 286/98.
Per i rappresentanti
del terzo settore e del privato sociale la precarietà economica
dei migranti, l’assenza di una legge organica in materia e la conseguente
rigidità del mercato immobiliare, la mancanza di certezza
nei contratti d’affitto ("Se il proprietario dell’immobile
lo affitta e non sa quando può rientrarne in possesso, questo
crea uno stallo nell’intero mercato delle locazioni nel nostro paese"),
la difficoltà ad ottenere garanzie di solvibilità
da parte degli stranieri, sono identificati come i principali motivi
dai quali nascono i vincoli e i dinieghi alla locazione. Il presidente
di Confedilizia, sostenitore della radice economica e non razzista
all’origine dei vincoli, ci dà un elemento in più:
la presenza di imposte elevate sugli immobili locati corrispondenti,
a seconda dei casi, anche al 50-60% del canone d’affitto, sarebbe
a suo avviso uno dei principali deterrenti alla locazione, dal momento
che "gli interessi in gioco in quest’ambito sono di tipo
economico: la prudenza dei proprietari nel locare a inquilini immigrati
è dovuta solo a motivi di ordine economico e ai rischi più
alti in cui incorrono. Perché mai il proprietario di un immobile
dovrebbe negare la locazione per motivi di discriminazione culturale?".
In questo
quadro è unanimemente condivisa dagli intervistati la necessità
di individuare al più presto modalità e strumenti
nuovi che, in maniera sinergica e coordinando il pubblico ed il
privato sociale, riescano a produrre una risposta alla massiccia
e forte domanda di case tenendo conto della sua sempre maggiore
differenziazione.
Quali dunque
le strade possibili? A questa domanda i soggetti intervistati hanno
fornito un’ampia gamma di risposte. Sta qui l’aspetto più
interessante del loro contributo.
Le
proposte
Riportiamo,
così come sono state formulate dagli stessi intervistati,
quelle che dovrebbero essere a loro avviso gli oneri dei soggetti
istituzionali e non nell’affrontare il problema casa.
Governo:
rendere più flessibile il mercato immobiliare; sostituire
la politica di emergenza a carattere prevalentemente assistenziale
con una politica strutturale, creando un organismo di coordinamento
nazionale delle politiche abitative; prevedere agevolazioni fiscali
per i proprietari di immobili che affittano a stranieri e mallevarli
dai rischi della locazione;
Enti
pubblici (comuni, province, regioni): emerge con forza da tutte
le interviste la necessità di una maggiore e concreta azione
di concertazione, coordinamento e collaborazione tra soggetti istituzionali
e non istituzionali (privato sociale, terzo settore, associazionismo)
per affrontare il tema in modo sinergico: creando tavoli regionali,
predisponendo fondi di rotazione per le categorie più deboli,
recuperando immobili comunali in degrado da destinare ad un uso
sociale e da affittare a prezzi calmierati, rafforzando il sistema
dell’accoglienza, differenziandolo per tipologie di bisogni; potrebbero
inoltre ridurre l’Ici e prevedere la possibilità di una stipula
diretta dei contratti di locazione assumendosene il rischio
Istituti
di credito: stipulare accordi con gli enti pubblici e non disperdere
i fondi devoluti al privato sociale, ma investirli in modo mirato
in progetti socialmente utili
Edilizia
pubblica: essere utilizzata solo per il vero disagio e a sostegno
dell’inserimento abitativo solo di chi ha redditi bassi; trovare
una modalità per divulgare maggiormente le informazioni sui
bandi di concorso; sostenere la gestione comunale limitando il più
possibile quella regionale che non permette un controllo diretto
sulla gestione economica
Associazioni
di immigrati: sono considerate all’unanimità un buco
nell’acqua da tutte le realtà del terzo settore che abbiamo
intervistato. Ritenute da tutti inizialmente la chiave di volta
del processo di integrazione, non appena avviato il tentativo di
lavorare per un loro coinvolgimento e una responsabilizzazione diretta
anche con l’affittare alle associazioni stesse gli appartamenti
disponibili, è emerso un problema di gestione della leadership
all’interno dei gruppi, di speculazioni a danno dei consociati,
di gestione degli interessi del gruppo etnico contro quelli della
collettività. Anche il loro ruolo di denuncia di pratiche
non corrette nel reperimento dell’alloggio è stata inesistente:
"Se non addirittura dannosa, al contrario i singoli sono
perfettamente in grado di rivendicare i loro diritti e non mancano
di strumenti che consentano anche azioni legali o di rivendica"
Agenzie
immobiliari: consociarsi con l’edilizia pubblica mettendo in
contatto la domanda e l’offerta, fungendo quindi da intermediari
e appoggiarsi alle cooperative sociali;
Datori
di lavoro: finanziare l’edilizia pubblica; affittare case ai
loro dipendenti stranieri, tenendo rigorosamente separato il rapporto
di lavoro dal rapporto di locazione; farsi garanti dei loro dipendenti
alla stipula del contratto d’affitto.
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