Progetto “Formazione Rientro”

 

Partner che partecipano al progetto e loro ruolo

1.         Rete Ricerca (SRF - Ires Lucia Morosini), per attività di ricerca

Presentazione dello studio di fattibilità presso gli enti pubblici interessati: Regione, Provincia, Comune, Pretura, Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria, Direzione degli Istituti, CSSA, etc.

Attivazione di contatti e allargamento della rete: da effettuare in Italia, in Marocco, in Albania ed in altri paesi europei con lo scopo di reperire eventuali altre esperienze simili a quella che si vuole mettere in atto ed appoggiarsi a reti di cooperazione già esistenti.

Consolidamento del rapporto con i partner marocchini (in collaborazione con l’Agenzia Multietnica per la Mediazione Culturale). Attività presso il Tribunale di Sorveglianza. Si tratta di capire, per i detenuti stranieri (ovviamente definitivi) e sulla base della misura della pena inflitta e del residuo di pena:

Quanti hanno presentato istanza di beneficio al Tribunale o al Magistrato di sorveglianza;

Qual è l’esito per i procedimenti già decisi;

Che rapporto c’è tra accoglimenti e rifiuti, in relazione al dato nazionale e ai detenuti italiani;

Quanto incide la gravità del reato e quanto la mancanza di casa, famiglia, reti sociali, lavoro, etc.

I dati ottenuti vanno analizzati secondo una serie di variabili:

Le eventuali mutazioni nel tempo;

Il rapporto con la situazione corrispondente dei detenuti italiani;

La relazione con la situazione d’irregolarità;

Il rapporto tra condanna definitiva ed espulsione (soprattutto alla luce della nuova normativa).

In termini più generali e di sintesi, sarebbe importante un’analisi dei meccanismi di penalizzazione e d’incarcerazione, che tenga conto della particolarità dei reati legati alla situazione d’irregolarità o alla necessità di regolarizzarsi. Sulle misure alternative e sui benefici penitenziari in generale, occorre individuare le specifiche variabili che incidono negativamente sull’accesso dei detenuti extracomunitari, vagliando ed eventualmente superando i luoghi comuni e gli stereotipi, in modo da impostare correttamente l’intervento per ridurre i meccanismi d’esclusione.

 

Attività presso la struttura prescelta in accordo con il Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria: 

  1. Situazione pregressa dei detenuti extracomunitari definitivi sotto questi profili:

Età, nazionalità e provenienza territoriale del detenuto (città, campagna, montagna);

Titolo di studio in possesso, abilità manuali e attività lavorativa nel paese d’origine;

Livello di vita pregresso presso la famiglia d’origine prima dell’emigrazione;

Livello di vita atteso al momento d’arrivo nel paese d’arrivo;

Verificare l’eventuale esistenza di reti parentali e/o sociali di provenienza o locali;

Ricostruire le reti di collocamento e d’inserimento d’eventuali lavori legali pregressi;

Eventuale impegno pregresso di tipo socioculturale all’interno della comunità di provenienza o di collegamento;

Tempi di permanenza in Italia prima di finire nelle reti delinquenziali oppure in carcere;

Modo in cui il detenuto vede il suo futuro, i propri progetti, e che cosa intende fare una volta scontata la pena.

Le strutture penitenziarie coinvolte in questo momento dello studio di fattibilità sono la Casa Circondariale “Le Vallette” di Torino e la Casa Circondariale di Asti. Le due strutture sono state individuate dal Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria, Regione Piemonte e Valle d’Aosta. Le due direzioni implicate sono interessate all’attuazione dello studio di fattibilità, e sono disposti a lavorare in rete. La Casa Circondariale della città di Asti ha, rispetto alle Vallette, la stessa magistratura di sorveglianza e gli stessi detenuti. Infatti, ogni volta che vengono sfollati dei detenuti dalla casa circondariale torinese, vengono mandati alla casa circondariale di Asti. Si potrebbe quindi immaginare uno scenario del genere: sia ad Asti che a Torino vengono svolti corsi di alfabetizzazione e di accompagnamento alla formazione professionale (corsi già in svolgimento presso tutte e due le strutture), corsi di secondo livello (formazione rientro sia ad Asti che a Torino), un’ultima tappa prima del rientro a Asti (dispense di creazione ed animazione d’impresa) e poi il rientro.

 

 

2.             Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria Piemonte e Valle d’Aosta

                Direzione Casa Circondariale Le Vallette di Torino

                Direzione Casa Circondariale di Asti

                Comune di Asti, Assessorato alle Politiche Sociali

                C.F.P.P. per

Esame e valutazione dei corsi di formazione professionale in corso di svolgimento negli Istituti di Pena rivolti a detenuti o ex detenuti;

Elaborazione di ipotesi di progetti di fattibilità inerenti “formazione rientro”;

Coordinamento con l’Agenzia di Sviluppo per l’elaborazione della parte formativa comune (creazione d’impresa all’interno dei corsi di formazione).

 

3.            Agenzia di Sviluppo Codex per

studio della legislazione vigente negli stati di destinazione (Marocco ed Albania) in materia di avvio d’impresa e attività di lavoro autonomo e quindi elaborazione di dispense da usare all’interno dei corsi di formazione;-            Articolazione dell’intervento previsto in tema di lavoro autonomo durante l’ultimo semestre di formazione.

 

4.            A.M.M.C. (A.Me.Cu. – Sanabil) per

collaborazione al progetto “Formazione Rientro” mettendo a disposizione del gruppo di lavoro dei mediatori culturali di provenienza albanese e marocchina. Attività di mediazione linguistico culturale finalizzata alla realizzazione delle interviste presso le strutture penitenziarie; Servizio di traduzione ed interpretariato; Supporto nei contatti e raccordo con i partner stranieri.

 

 

5.            Sindacato Marocchino, in collaborazione con i partner torinesi, per:

Individuazione della forma più adeguata per lo svolgimento dell’attività di orientamento; Informazione ed eventualmente di accoglienza;

Reperimento della legislazione nazionale in materia di mercato del lavoro;

Reperimento della legislazione nazionale in materia di creazione e di gestione d’impresa;

Reperimento bibliografia e testi in materia di creazione d’impresa;

Inizio contatto con le associazioni di categoria per valutare la possibilità di attuare degli inserimenti subordinati.

 

6.            Associazione per i diritti umani del Marocco, in collaborazione con i partner torinesi:

Il ruolo dell’associazione per i diritti umani sarà simile a quello del Sindacato marocchino, anche se, leggermente, più indirizzato a rispondere alle nostre esigenze di comprensione ed analisi del quadro politico e sociale locale e l’impatto degli inserimenti che intendiamo effettuare.

 

7.            Università Hassan Secondo – Rabat, in collaborazione con i partner torinesi:

Il ruolo dell’università è di consulenza e di appoggio al progetto soprattutto per quel che riguarda l’elaborazione di microprogetti d’impresa da sviluppare in Marocco.

 

 

8.         Ipotesi di partenariato albanese, in collaborazione con i partner torinesi:

  1. stabilire un contatto con una O.n.g. Italiana o straniera presente in Albania;

  2. formare delle persone presenti in Italia o anche in Albania per iniziare a tessere la rete di “sponda”.

Viste le condizioni generali dell’Albania, secondo noi, non sarà facile stabilire un rapporto di lavoro con un qualche ente della società civile. Nel caso di mancato contatto e consolidamento del rapporto si potrà ricorrere a due soluzioni, a nostro avviso altrettanto valide:

Questi partner avranno i seguenti ruoli:

Individuazione della forma più adeguata per lo svolgimento dell’attività di orientamento, informazione ed eventualmente di accoglienza.

Reperimento della legislazione nazionale in materia di mercato del lavoro.

Reperimento della legislazione nazionale in materia di creazione e di gestione di impresa.

Reperimento bibliografia e testi in materia di Mdl e creazione d’impresa.

Inizio contatto con potenziali datori di lavoro per valutare la possibilità di attuare degli inserimenti subordinati. L’altra ipotesi che si vorrebbe sviluppare per quanto riguarda la costruzione di una rete d’appoggio agli eventuali rientri verso l’Albania è la selezione di due o più persone di nazionalità albanese, attualmente presenti sul territorio piemontese, ed interessate a un rientro in patria. Queste persone verranno formate in modo “da far da sponda” al progetto in Albania.

 

 

Descrizione sintetica del progetto

 

Nel 1996 sono state denunciate in Italia 47.792 persone di cittadinanza straniera, con un aumento del 12,1 % rispetto ai denunciati dell’anno precedente. Esse rappresentano l’8,7 % delle 546.591 persone denunciate (tale percentuale aumenta al 15,4% per i delitti contro il patrimonio, al 22,3 % per quelli relativi agli stupefacenti ed al 41,4% per la prostituzione). Gli stranieri sono poi il 13,2 % dei condannati e il 28,4 % degli entrati in carcere, differenze che fanno ipotizzare o un maggior rigore nei giudizi e nell’applicazione della pena detentiva, o carenze in fatto di comprensione linguistica e culturale fra imputato e difesa. Il sistema detentivo si concentra sulla punizione dei delitti contro il patrimonio, che restano i tipici reati commessi dagli stranieri.Gli stranieri non possiedono i presupposti per poter accedere alle misure alternative (supporto familiare, fissa dimora, lavoro, etc.) Ed il carcere viene dunque ad essere l’unico mezzo con cui i condannati non italiani espiano la pena. Per ora non è facile prevedere quanto la legge Simeone (Legge 165 del 27 maggio 1998) riuscirà a “tenere fuori” fornendo alternative alla detenzione. Si può facilmente prevedere, però, che gli immigrati continueranno a costituire la maggioranza relativa di coloro che resteranno o finiranno in carcere, e che anzi questa maggioranza relativa aumenterà.

Il pendolo italiano della giustizia, inoltre, sempre oscillante tra perdonismo ultragarantista e rigorismo emergenziale, era da tempo ormai apparentemente fermo sul lato del garantismo. Si sa però che, raggiunto il punto estremo dell’oscillazione da un lato, il pendolo appare immobile, ma soltanto perché si sta preparando a precipitare dal lato opposto. I primi giorni del 1999, con nove morti ammazzati in nove giorni a Milano, hanno risospinto il pendolo dall’altra parte. Esponenti politici che fino al giorno prima protestavano affermando che in Italia c’erano troppe manette, troppi giudici, troppa galera, d’improvviso si sono messi alla testa dell’opinione pubblica che chiedeva più sicurezza, più manette, più galera” (*).

 

(*) Rivista Micromega, 2000

 

Finalità ed obiettivi

 

Il progetto “Formazione Rientro” è rivolto proprio ai detenuti definitivi stranieri adulti, che, una volta scontata la pena, saranno espulsi dall’Italia (oggi da tutto lo spazio Schengen) e dovranno rientrare in patria.Gli ex detenuti sono una delle categorie sociali più deboli. Quando si tratta di stranieri la loro debolezza è peggiorata da una serie di fattori che gettano queste persone su strade senza prospettive:

  1. Il primo è di tipo legislativo: a queste persone non possono essere concessi permessi di soggiorno e, di conseguenza, non c’è l’opportunità di trovare un lavoro in regola.

  2. Il secondo è di tipo amministrativo – burocratico: spesso è difficile individuare la vera nazionalità dell’ex detenuto e quindi il paese nel quale espellerlo. L’Amministrazione Penitenziaria ed altre autorità italiane hanno più volte tentato di intraprendere rapporti diretti con i consolati e le Ambasciate dei paesi d’origine delle persone scarcerate per agevolarne il rientro. Purtroppo gli esiti sono sempre stati negativi a causa della scarsa disponibilità dei paesi terzi, che spesso hanno addotto come motivazione del loro atteggiamento la non certezza della nazionalità dei carcerati.

  3. Il terzo motivo è di ordine socio-psicologico: il rientro coatto significa accettare da parte della persona il fallimento totale del proprio progetto migratorio. Inoltre, durante la permanenza in Italia, sia fuori che dentro il carcere, la persona perde qualsiasi rapporto con il tessuto sociale e qualsiasi possibilità d’inserimento lavorativo nel paese d’origine. Il detenuto definitivo straniero che sta scontando la pena entra in uno stato depressivo molto forte dovuto, fra le tante altre cose, all’inesistenza di spiragli per un progetto personale da realizzare una volta scontata la pena. L’unica alternativa, peraltro obbligata, è il ritorno “in strada” e l’ingresso in un percorso chiuso fatto di spaccio, di furti, di sfruttamento della prostituzione e, ovviamente, di carcere. A nostro avviso questa realtà è due volte discriminatoria: da un lato, per gli ex detenuti che non hanno la possibilità di “cambiare vita”, e dall’altro per la società civile, che si trova a dover affrontare i problemi accresciuti o addirittura creati dalla permanenza in carcere. L’Amministrazione Penitenziaria, gli agenti della polizia penitenziaria e gli educatori del Ministero di Grazia e Giustizia, da parte loro, si trovano a dover gestire la quotidianità, la sicurezza e la risocializzazione in strutture affollate. Data la situazione attuale, non è possibile svolgere delle azioni positive o propositive finalizzate ad un futuro reinserimento sociale. Le attività attuali sono soluzioni tampone, finalizzate a far calare la tensione all’interno delle strutture detentive.In un simile panorama, anche la formazione professionale rivolta ai detenuti stranieri si risolve in un’attività senza sbocchi futuri per il fatto che i corsi sono finalizzati alla qualificazione di persone che verranno inserite nel mercato del lavoro italiano una volta scontata la loro pena. Ma i detenuti stranieri saranno espulsi. Pensare ad una formazione professionale mirata al target dei detenuti stranieri non può prescindere da alcune considerazioni:

Il detenuto straniero sa che, una volta scontata la pena, sarà espulso dall’Italia.

Se non ritornerà nel paese d’origine, così come accade nella maggioranza dei casi, non potrà comunque trovare un lavoro regolare.

È quindi comprensibilmente scarsa la motivazione a seguire un corso di formazione professionale finalizzato ad un inserimento lavorativo che, nella realtà, sarà impossibile.

I corsi di formazione organizzati in Italia sono costruiti per un mercato del lavoro europeo. Non è quindi automatico che una professionalità acquisita in Italia sia spendibile nel paese d’origine del detenuto straniero.Per raggiungere il duplice obiettivo di garantire sia il diritto ad una vita normale dopo l’espiazione della pena sia l’applicazione delle leggi, occorre trovare un compromesso civile e garantista. In accordo con quella parte di detenuti extracomunitari con cui è possibile dialogare sulla situazione futura, occorre lavorare per aprire delle vere prospettive per il periodo successivo all’espiazione della pena. A nostro avviso, la strada da percorrere è la costruzione di corsi di formazione professionale finalizzati all’inserimento lavorativo nel paese d’origine, da frequentare durante il periodo di carcerazione.

L’idea base, da cui parte lo studio di fattibilità “Formazione Rientro”, è la conciliazione del diritto fondamentale alla vita normale degli ex detenuti stranieri con il rispetto delle leggi comunitarie e italiane, tenuto conto del bisogno di sicurezza e di tranquillità delle società locali. Oggi con la riforma della scuola e della formazione professionale e con l’istituzione dei Centri Territoriali per l’Istruzione e l’Alfabetizzazione degli Adulti (CTP) è possibile pensare a dei percorsi formativi costruiti ad hoc, con la stipula di “contratti formativi” individuali finalizzati all’acquisizione di una professionalità spendibile nel mercato del lavoro proprio del Paese in cui rientrerà il detenuto. L’attuazione di un simile progetto di rientro “programmato” necessita da un lato del lavoro di molte e differenti professionalità e, dall’altro lato, di una rete transnazionale che aumenti la conoscenza del tessuto economico dei Paesi terzi e che stabilisca dei canali d’accesso al lavoro. In questa fase del progetto i Paesi con i quali si coopererà sono il Marocco e l’Albania. La scelta è caduta su questi due Paesi perché:

Le provenienze marocchine e albanesi sono le più diffuse tra i detenuti extracomunitari presenti nei carceri italiane;

Queste due provenienze hanno una forte presenza nei giri dello spaccio e della criminalità, situazioni che innescano spesso reazioni negative nella società locale.

 

Specificità locali: Marocco e Albania

 

Molto spesso il giudizio collettivo dell’opinione pubblica identifica nei marocchini e negli albanesi il prototipo dell’immigrato, quasi sempre nella sua accezione negativa, legata alla delinquenza spicciola o organizzata. Questo non deve però indurci a sottovalutare le enormi differenze che esistono fra l’Albania e il Marocco, soprattutto nella nostra attuazione dello studio di fattibilità “Formazione Rientro”. L’Albania è un paese appena uscito da due guerre con conseguenze catastrofiche che pesano enormemente sull’economia, sulla sicurezza interna e soprattutto sul ruolo delle istituzioni. La società civile a sua volta non ha avuto il tempo di organizzarsi e di liberarsi non solo dalle conseguenze delle due guerre, ma anche dall’eredità lasciata dal “Regime”. Il Marocco, con tutte le critiche che si possono fare rispetto alla ristrettezza della sfera della libertà o alla modalità di rappresentanza politica e sociale, ha una società civile organizzata, all’interno della quale si possono individuare degli interlocutori credibili e interessati allo studio di fattibilità che si vuole portare a termine.

 

Risultati attesi e impatti previsti

 

Per la sua natura, per i suoi obiettivi e per gli strumenti che si vogliono mettere in atto, il progetto necessita della costruzione di una rete di rapporti tra vari soggetti che, con funzioni differenti e a diverso titolo, lavorano per favorire il recupero degli ex detenuti. L’idea che si vuole sviluppare attraverso il progetto “Formazione Rientro” per favorire l’inserimento sociale e lavorativo in patria degli ex detenuti rientrati, è la creazione di una rete composta da enti appartenenti alla società civile italiana, marocchina e albanese. La creazione di una rete transnazionale è la premessa irrinunciabile alla realizzazione di un progetto di questo tipo. Finora esiste una sola esperienza di rientro in patria volontario, realizzata attraverso il coordinamento torinese del progetto TAMPEP, progetto finanziato dalla Commissione Europea, che si occupa di informazione sanitaria e di orientamento sociale alle prostitute di nazionalità non italiana. Alcune delle prostitute che hanno deciso di lasciare il marciapiede, hanno espresso la volontà di rientrare in patria. Una volta rientrate, però, si sono accorte di essere rifiutate dalla società e di non avere più una rete sociale o di inserimento lavorativo a cui appoggiarsi. La rete che si vuole instaurare ha diverse finalità. Da una parte lo studio di fattibilità sarà finalizzato a gettare le basi per la creazione di uno sportello informativo e d’orientamento oppure di una comunità di transito, nella quale si svolgano attività d’informazione e di orientamento, in collaborazione con organizzazioni non governative e con il sindacato locale. Scopo di questa fase è collegare i soggetti che consentano ai rientranti di superare lo scoglio della perdita dei rapporti con la società di partenza. Oggi non siamo in grado di giudicare quale forma (sportello oppure comunità di transito) sia la più adeguata. È pur vero che la costituzione di una comunità di accoglienza e di residenza per gli ex detenuti rientrati darebbe al progetto un alone di segregazione, per non parlare degli alti costi di gestione. Dall’altra parte sarà chiesto ai partner stranieri di effettuare un’analisi del mercato del lavoro finalizzata all’individuazione dei settori trainanti dell’economia locale così come delle professionalità maggiormente spendibili in loco; un’altra ipotesi potrebbe essere quella che sviluppa il Libro bianco “Crescita, Competitività, Occupazione” della Comunità Europea (Bruxelles, 1994), più noto come Libro bianco di Delors, è comunemente considerato il testo da cui prende origine il dibattito sui “giacimenti occupazionali” o “nuovi bacini d’impiego”, e quindi non più partire dai bisogni ma sfruttare le potenzialità di sviluppo. L’attività dei partner darà l’input per orientare in maniera adeguata la formazione professionale da realizzare in Italia, in modo da fornire adeguate opportunità di lavoro alle persone rientrate. Inoltre, sarà fondamentale capire se gli sforzi di formazione avranno uno sbocco di lavoro dipendente o autonomo: in questo secondo caso la formazione professionale dovrà essere accompagnata da un lavoro d’informazione e d’accompagnamento alla creazione d’impresa. Saranno reperite le leggi e i regolamenti in materia di creazione e animazione d’impresa dei paesi di rientro, analizzate e organizzate in dispense da usare all’interno dei corsi di formazione. Per quel che riguarda l’orientamento verso il lavoro subordinato sarà chiesto ai partner di effettuare un’analisi delle reti di collocamento, e una presa di contatto con le associazioni di categoria (artigiani, cooperative, imprenditori). In entrambe le fasi di lavoro, ma soprattutto nella seconda, i partner stranieri avranno un’assistenza tecnica da parte di ricercatori specializzati nelle tematiche dell’analisi del mercato del lavoro e dei fabbisogni formativi e da parte d’esperti in materia di creazione e animazione d’impresa.

 

Continuità con precedenti iniziative

 

Nell’ambito delle iniziative del Comune di Torino relative a “Identità e Differenza 98”, presso la Galleria d’Arte Moderna, nel mese di maggio si tenne un seminario promosso dal “Comitato Oltre il razzismo” di Torino in collaborazione con diversi soggetti operanti nell’ambito dell’integrazione dei cittadini stranieri. Il tema del seminario, “la tutela dei diritti dell’uomo in carcere: gli stranieri”, era ed è riconosciuto da tutti gli operatori del settore come strategico.

A seguito del seminario si veniva a creare un gruppo di lavoro propositivo coordinato dal Comitato Oltre il razzismo e dall’IRES Lucia Morosini, Istituto di Ricerche Economiche e Sociali composto da figure professionali di provenienza molta varia (magistratura, amministrazione penitenziaria, provveditorato regionale dell’amministrazione Penitenziaria, pubblica sicurezza, enti locali, etc.) Che iniziò a progettare attività che potessero limitare l’esclusione e il disagio che - all’interno delle strutture carcerarie - i detenuti extracomunitari, come evidenziato dagli operatori del settore, oggettivamente vivono. Il tema centrale del dibattito e dell’azione è stato permettere un inserimento positivo nella società italiana o in quella d’origine al momento della scarcerazione e prima di tale momento rendere possibile l’utilizzo delle opportunità delle misure alternative, dei benefici che la legge e il regolamento penitenziario dovrebbero consentire anche alla popolazione straniera che, oggi, rappresenta quasi il 50 % del totale.

Il primo lavoro concreto, ultimato nel 1999, è stato uno studio di fattibilità intitolato “Giustizia: lingua, ruoli e attori”, che analizzava la figura dell’interprete giudiziario impegnato all’interno dei processi penali, e che proponeva percorsi formativi ad hoc e di integrazione curriculare.

Per due anni (1998-99 e 1999-2000) abbiamo svolto, presso la Casa Circondariale “Le Vallette” di Torino, un laboratorio d’accompagnamento alla formazione professionale.

Nell’anno 1999-2000, in collaborazione con l’IRRSAE Piemonte ed altri enti piemontesi, abbiamo svolto una serie d’incontri di aggiornamento per i docenti del CTP Asti e per gli agenti della Polizia Penitenziari della C.C. Asti. Tale progetto è stato finanziato dalla Regione Piemonte, Gabinetto della Presidenza della Giunta Regionale. Attualmente stiamo svolgendo una ricerca denominata “progetto Alter”, che ha come finalità l’analisi dei fabbisogni e i modelli organizzativi e di gestione, i percorsi didattici e di risocializzazione all’interno di una struttura alternativa al carcere per cittadini extracomunitari.

 

Attività in svolgimento e da svolgere in supporto a Formazione Rientro

 

  1. Nel mese di giugno 2000 si è istituita un’associazione temporanea di scopo che ha presentato una serie di proposte di formazione professionale e di istruzione per detenuti extracomunitari presso la Casa Circondariale Le Vallette di Torino e la Casa Circondariale di Asti, nell’ambito della direttiva regionale Mercato del Lavoro - Disoccupati. Tale ATS, promossa dal Centro di Formazione Professionale Piemontese, IRRSAE Piemonte, IRES Lucia Morosini, Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria Piemonte e Valle d’Aosta, CTP Vallette e CTP Goltieri di Asti, oltre agli obiettivi istituzionali e cioè la formazione professionale e l’istruzione degli adulti, ha come finalità la messa in rete della C.C. Le Vallette con la C.C. di Asti.

  2. La formazione a distanza è uno dei temi che si vorrebbe consolidare, accrescendo l’esperienza del partenariato costruito, in modo da poter offrire un aggiornamento formativo alle persone rientrate.

 

Ambito territoriale entro il quale si sviluppa l’iniziativa

 

Provincia                                              Provincia di Torino e Provincia di Asti;

Luogo di attività                                   C.C. Le Vallette e C.C. Asti;

Numero comuni interessati                     Torino e Asti;

Numero abitanti interessati                     La popolazione carceraria straniera presso le due strutture penitenziarie

 

Destinatari

 

Detenuti definitivi stranieri presenti presso la C.C. Vallette di Torino e la C.C. Asti. Con l’attivazione da parte del Provveditorato Regionale dei “percorsi penitenziari” a livello regionale e con la tendenza alla specializzazione di ogni singolo istituto penitenziario nei confronti di una determinata utenza, si avrà nell’arco di poco tempo un numero di utenti molto più numerosi di quella attualmente presente nelle C.C. C.C. Vallette e a Asti.

 

Tempi di realizzazione dell’iniziativa e delle sue articolazioni

 

Novembre 2000 – luglio 2001.

  

Modalità e strumenti di valutazione e verifica previsti

 

Il progetto, a nostro avviso, potrà considerarsi completato in modo soddisfacente se riuscirà a costruire una rete sufficiente di contatti con i due paesi (Marocco ed Albania), a raccogliere un numero annuale d’adesioni di detenuti, a definire i corsi più adeguati da tenere al momento dell’avvio, nell’autunno del prossimo anno.

Siccome non è possibile usare un criterio quantitativo finale (numero di detenuti che aderiscono, effettivo avvio di una rete di accoglienza e reinserimento dei detenuti in Albania e in Marocco) perché il successo pieno è possibile ed auspicabile, ma non certo, la valutazione della serietà e completezza del lavoro potrà essere affidata ai direttori della C.C. Vallette di Torino e della C.C. di Asti e al funzionario competente della Regione Piemonte. Se la Fondazione CRT designerà un funzionario per seguire i lavori, ovviamente, farà parte del Comitato di valutazione.

 

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