Progetto Alter
I fabbisogni e i modelli organizzativi e di gestione, i percorsi didattici e di risocializzazione in una struttura alternativa al carcere per cittadini extracomunitari

 

Il piano operativo rappresenta lo schema di lavoro che s’intende adottare per procedere allo studio di fattibilità delle strutture alternative al carcere per cittadini extracomunitari. Una struttura avrebbe lo scopo di eliminare le differenze di trattamento oggi esistenti tra detenuti italiani e detenuti extracomunitari nell’accesso alle modalità alternative di esecuzione della pena (struttura permessi e misure alternative); un’altra per i soggetti in attesa di giudizio vuole individuare una soluzione intermedia che permetta al PM e al GIP di non essere costretti a scegliere solo tra l’alternativa di mandare in carcere o lasciare in libertà il “protagonista straniero” di un piccolo reato (struttura arrestati di strada).

 

 

Presentazione piano operativo

 

Per entrambe le ipotesi, i piani di studio individuati sono due: da un lato una fattibilità giuridica, dall’altro una fattibilità pratica. A questo scopo si è pensato di articolare lo studio di fattibilità in tre momenti distinti che diano la possibilità di analizzare in modo completo tutti gli aspetti operativi e gestionali e le diverse esigenze sottostanti alla creazione di tali strutture.

Sono state, quindi, individuate le seguenti aree operative.

 

La prima area comprende lo studio degli strumenti giuridici che l’ordinamento attualmente offre per la concretizzazione di questi progetti e quelli che eventualmente potranno emergere nel corso dell’attuale dibattito a livello politico e parlamentare (ad esempio l’attuale proposta di sperimentazione del braccialetto elettronico) e parallelamente l’individuazione delle modalità di attuazione nell’area torinese. A tale fine verranno effettuate una serie di interviste e di colloqui rivolti a figure professionali che operano nel settore coinvolto dalla ricerca: docenti dell’Università di Torino (facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche), avvocati dell’ASGI, magistrati, responsabili delle forze dell’ordine etc.

La finalità principale di quest’area sarà:

l’individuazione delle tipologie di utenza su cui si vuole modellare queste strutture (vedi la scheda sui profili dell’utenza);

l’individuazione del tipo e delle modalità di controllo possibile e necessario (portiere civile, polizia, carabinieri, vigili urbani, etc...).

L’utenza della struttura permessi e misure alternative, è ovviamente formata da condannati in via definitiva, a pene di durata tale da permettere l’accesso alle misure alternative, che devono essere ritenuti, dalla magistratura di sorveglianza, meritevoli di ottenere tale opportunità. La prima variabile che si dovrà chiarire sarà la possibile consistenza numerica dei primi fruitori di questo servizio; a tal fine occorrerà conoscere la prassi decisionale della magistratura di sorveglianza piemontese.

Per la struttura arrestati di strada, invece, i soggetti interessati sono giovani arrestati in flagranza e che, pertanto, si trovano in questa struttura perché il GIP ha convalidato la misura cautelare degli arresti domiciliari.      

La pratica quotidiana del tribunale di Torino ci dice che la maggior parte di questi soggetti opta, nella scelta processuale, per il giudizio abbreviato, per cui dopo un periodo di tempo di circa 3 o 4 mesi si ha la sentenza di primo grado; se non si propongono mezzi di gravame la condanna diventa definitiva.  A questo punto sarebbe controproducente che il condannato dopo aver scontato la misura cautelare fuori dal carcere vi entrasse per terminare l’espiazione della pena, vanificando la formazione avuta precedentemente; ecco perché si ritiene necessario che, di concerto con il Tribunale di sorveglianza, si permetta a questi soggetti di divenire - in tempi abbastanza brevi, considerato il residuo pena pressoché sempre inferiore ad un anno - utenti della struttura da noi denominata “permessi e misure alternative”

 

La seconda area dovrà prevedere lo studio e l’analisi delle diverse esigenze formative, di riabilitazione e di risocializzazione degli utenti.

Gli strumenti utilizzati, simili a quelli della prima area, coinvolgeranno associazioni o enti specializzati nell’educazione degli adulti e nella formazione professionale: l’attuazione dei percorsi didattici prevederà una stretta collaborazione con l’IRRSAE, l’Università di Torino - facoltà di Scienze dell’educazione, l’Assessorato alla formazione professionale, l’Assessorato all’Istruzione, il CFPP – Centro di formazione professionale piemontese ed i CTP - Centri Territoriali Permanenti.

Il CTP potrebbe essere la struttura didattica di appoggio e di coordinamento a tutte le attività, svolte anche con l’ausilio di esperti esterni; in particolar modo nel momento attuale - che vede una fase di intensa rielaborazione dell’organizzazione dei CTP e delle sue competenze - ci si avvarrà in modo più marcato dei collaboratori esterni nell’attesa che gli operatori del CTP consolidino la loro esperienza nell’educazione degli adulti.

In questa fase, inoltre, il Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, sta elaborando la creazione di progetti pilota a livello nazionale riguardanti proprio la formazione scolastica degli adulti in espiazione di pena: l’inserimento di questo progetto all’interno di una pianificazione nazionale potrebbe essere lo strumento per garantire continuità a questa esperienza.

Un elemento da tenere presente sarà la posizione giuridica dei fruitori (diversi saranno i percorsi didattici e formativi se l’utente potrà recarsi all’esterno della struttura per studiare o lavorare o se, invece, tutta l’attività dovrà svolgersi all’interno) e la regolarità o meno della presenza in Italia (diversa sarà, infatti, la formazione se destinata al rientro in patria o alla permanenza in Italia).

La tipologia di intervento sarà ovviamente calibrata in base al tempo di permanenza del fruitore nella struttura (non più di 15 giorni in caso di concessione di permesso premio, tempi più lunghi nel caso di soggetti ammessi a fruire delle misure alternative). Si ritiene, inoltre, utile raccogliere le testimonianze di alcune persone che hanno avuto nel loro passato esperienza di devianza ed oggi le hanno integralmente superate.

 

La terza area analizza gli aspetti organizzativi e gestionali delle strutture che si verranno a creare.

In ogni caso si ritiene utile conoscere le diverse realtà che da anni si occupano in generale di accoglienza delle fasce deboli (ad esempio Sermig, Caritas, comunità afferenti al Gruppo Abele, cooperative sociali e altre realtà presenti sul territorio); in particolare si ritiene fondamentale conoscere la realtà delle comunità che ospitano tossicodipendenti in affidamento in prova in casi particolari ex art.94 D.P.R. 309/1990.

Avvalendosi anche della professionalità di un sociologo dell’organizzazione si pensa così di individuare gli aspetti comuni alle esperienze già esistenti e le peculiarità di questa struttura di accoglienza.

Facendo tesoro delle esperienze già presenti sul territorio si intende, inoltre, individuare le professionalità di cui necessita questa struttura (insegnanti, mediatori culturali, educatori, etno-psicologi e psichiatri, ecc…) ed anche la possibilità di attivare una collaborazione tra gestori diversi con maggiori esperienze nei diversi aspetti caratterizzanti questa struttura.

Per offrire un supporto formativo adeguato ai futuri operatori di questa struttura si pensa di coinvolgere l’IRRSAE Piemonte che da anni si occupa di “formare i formatori”.

In linea di massima si pensa per l’ipotesi permessi e misure alternative ad una struttura organizzata in modo da ospitare separatamente gli utenti in permesso che usufruiscono della struttura solo per alcuni gironi e quelli che sono presenti con maggiore stabilità in quanto fruitori di misure alternative alla detenzione.

Al termine dello studio di fattibilità si arriverà anche a capire se la seconda ipotesi (struttura  arrestati di strada) necessita di uno spazio separato o se è fattibile un’unica gestione di entrambi i servizi.

La realizzazione di tale progetto necessità di un’opera di coinvolgimento e di sensibilizzazione delle istituzioni comunali, provinciali e regionali, delle forze dell’ordine e dell’opinione pubblica.

Un’attiva collaborazione in vista dell’attuazione pratica di questo progetto richiede anche l’individuazione delle possibili forme e fonti di finanziamento (ente locale, provincia, Regione, Ministeri, UE, enti privati).

 

In conclusione alcune osservazioni:

necessità di una forte attenzione alla disciplina oggi esistente sulle procedure di espulsione ed a quelle che si potrebbero introdurre nel futuro (piano giustizia del ministro della Giustizia/ d.d.l. Senato 4656);

necessità di prevedere un meccanismo di proroga del permesso di soggiorno per motivi di giustizia (simile a quello che oggi è previsto per gli studenti stranieri il cui permesso viene a scadere in prossimità della fine del corso di studio) che permetta al detenuto di terminare l’iter formativo destinato al rientro in patria.

l’attuazione di questo progetto potrà gettare le basi per l’individuazione di un meccanismo di regolarizzazione per i cittadini extracomunitari inseriti in tale percorso, sulla falsariga di quello già previsto nell’art. 18 del d.lg. 286/1998 (T.U. immigrazione)?

 

Profili dell’utenza e profili gestionali

 

Alcuni punti fermi per individuare l’utenza della struttura “permessi e misure alternative”:

soggetti di non particolare pericolosità

rei di reati di modesta entità (piccolo spaccio, furto, ingiuria)

pene brevi o con residuo di pena breve

 necessità di più strutture piccole in grado di gestire sia l’avvicendarsi di detenuti che beneficiano di permessi e quindi sono presenti nella struttura solo per uno o pochi giorni sia la presenza più stabile di ammessi a misure alternative come la detenzione domiciliare

legame con un “dopo pena” che potrà essere l’espulsione/misura di sicurezza, la formazione-rientro, l’ottenimento di un permesso di soggiorno

 

Interrogativi:

Sede della struttura: è necessaria la vicinanza con particolari servizi?

Cosa fare in caso di nuclei familiari o coppie?

Problemi di convivenza fra etnie diverse? Come affrontarli? Mediatori?

Possibilità di uscita dalla struttura per lavorare o studiare o corsi all’interno? Come?

Contatti con l’esterno: possibilità di telefonare, avere colloqui con familiari e non, corrispondenza?

Problemi organizzativi legati alla concessione di una misura alternativa alla detenzione.

Spazi separati, percorsi riabilitativi ed operatori ad hoc?

Necessità di contatti con l’ASL, i Ser.T., l’assistenza sociale: come, mediante lo strumento dei protocolli di intesa ?

Come strutturare i corsi avendo utenti di differente livello di istruzione?

Eventuale responsabilità civile o penale dei gestori della struttura?

Tipologia del personale civile e “di controllo” ? Come formarlo?

Gestione diretta del comune o cogestione con cooperative sociali o simili?

 

Alcuni punti fermi per individuare l’utenza della struttura “arrestati di strada”:

giovani adulti arrestati in flagranza per piccoli reati (principalmente spaccio di lieve entità ex art. 73 co.5 dpr 309/90)

sarebbe preferibile l’identificazione certa degli utenti mediante consegna dei documenti anche se in determinate situazioni può non costituire un requisito indispensabile per l’accesso alla struttura

struttura piccola dove gli utenti sono agli arresti domiciliari

arresti domiciliari “contenitivi”: si esclude la possibilità della presenza di un portiere civile

occorre prestare molta attenzione alla scelta dei gestori considerato il tipo di utenza coinvolto (giovane età, condizioni precarie da un punto di vista sociale, mancanza di una rete familiare)

avendo a che fare per la maggior parte con stranieri irregolari o clandestini si dovrà porre particolare attenzione a progetti che permettano un “rientro assistito” in patria (formazione e motivazione)

 

Interrogativi:

sede della struttura: è necessaria la vicinanza con particolari servizi?

modalità con cui rendere possibile una decisione rapida da parte del Tribunale di sorveglianza

forme di collaborazione con l’autorità giudiziaria?

collaborazione a che livelli ? ci pone problemi di sicurezza?

possibilità di uscita dalla struttura per lavorare o studiare?

contatti con l’esterno: possibilità di telefonare, avere colloqui con familiari e non, corrispondenza?

necessità di contatti con l’ASL, i Sert, l’assistenza sociale: come?

come strutturare i corsi avendo utenti di differente livello di istruzione?

eventuale responsabilità civile o penale dei gestori della struttura?

come formare il personale di custodia?

tipo di gestione: comunale, ministeriale o che altro?

 

Avanti     Sommario stranieri in carcere     Home Page     Indietro