KADOSH (Sacro)



di Amos Gitai,
Isralele-Francia 1999, 100’.
versione doppiata in lingua italiana.

 

Trama:

Il film segue due sorelle nella comunità ultra-ortodossa di Gerusalemme nel quartiere ebraico di Mea Shearim, attraverso due eventi provocati dal rabbino della comunità: un matrimonio e un divorzio combinati. Una delle due donne, Malka, quando il suo innamorato Yaakov lascia l’ortodossia giudaica per arruolarsi nell’esercito, è infatti costretta dalle convenzioni a sposare un uomo che non ama, e si troverà invischiata suo malgrado in una rela zione- trappola.

La sorella Rivka che ama, ed è riamata, suo marito Meir, su istigazione del rabbino viene ripudiata dopo 10 anni di marimonio felice, perché ingiustamente ritenuta sterile.

Tutto ciò non avviene nel Medioevo ma ai giorni nostri. E non si tratta di integralismo di matrice islamica, ma ebraica. Un film di denuncia che può essere letto come il simbolo di una denuncia di tutti i fanatismi, quali che siano le convinzioni che sottendono.

Il film è il terzo di una trilogia che il regista ha dedicato alle tre maggiori città di Israele.

 

Target consigliato: scuole superiori.

Temi possibili di discussione e approfondimento:

- L’integralismo e il fanatismo religioso: quali sono i risultati storici di questo fenomeno?

- "Signore, ti ringrazio di non avermi fatto nascere donna", dice ogni giorno Meir. Che ruolo ha l’uomo in questo film? In quali modalità si relaziona con la donna?

Reperibilità:

  • in videocassetta: Videoteca Cestim.
  • in videocassetta in vendita: nelle videteche del circuito commerciale

Materiale collegato consigliato dal Cestim:

FILM:

Il destino (Al-massir) di Youssef Chahine, Egitto /Francia 1997, 135’, versione doppiata in italiano. presentato in queste pagine.

ALTRO MATERIALE:

Note di critica:

"Cio’ che impressiona in Kadosh è il ritratto degli uomini, dediti solo alla preghiera e allo studio della Torah". (Maria Pia Fusco, la Repubblica, 11.4.2000).

"Amos Gitai non è un autore da pamphlet militante, da polemica accesa, contro l’integralismo. Preferisce mettere in scena quanto lo colpisce, affidare agli attori l’espressione di sentimenti disperati o crudeli, restituisce visivamente l’angustia, l’asfissia dell’ambiente che sceglie di narrare: e ci riesce benissimo" (Lietta Tornabuoni, La Stampa, 11.4.2000)

"Gitai mette in scena un tema senza tempo e senza spazio: la contraddizione tra le regole e i desideri" (Paola Piacenza, IO donna, 22.4.2000)

(da www.ilcinematografo.it)