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OIPAZ La fuga dei camici bianchi Africa addio Medici e infermieri lasciano gli
ospedali d'Africa per i paesi sviluppati. In cerca di stipendi
e condizioni di vita migliori
E' emergenza Aids
L'epidemia, complice la carestia, potrebbe uccidere milioni di
persone. E i mal equipaggiati ospedali sono pieni di
morenti MARCO
D'ERAMO Martin Vogel fa il medico
a Shaunavon, un paese di 2.200 abitanti dello Saskatchewan, in
Canada. James Temlett è neurologo ad Adelaide, in Australia.
Sikinive Kumalo fa l'infermiera in Gran Bretagna. In comune
hanno di lavorare nella sanità e di venire tutti e tre dal
Sudafrica. Sono solo tre casi della grande fuga di personale
medico che sta subendo l'Africa australe. Il peggior caso è lo
Zambia dove oggi ci sono in tutto e per tutto solo 400 dottori
(per 8,8 milioni di abitanti). Ma solo pochi anni fa lo Zambia
aveva 1.600 dottori, pochi rispetto agli standard dei paesi
ricchi, ma pur sempre il quadruplo di oggi. In Zimbabwe,
nell'ospedale principale di Bulawayo, seconda città del paese,
tre dei quattro chirurghi sono partiti quest'anno per
l'estero. La fuga dei medici e degli infermieri si verifica
come il travaso di liquido nei vasi comunicanti. C'è prima una
migrazione dai vari paesi verso le nazioni africane più
ricche, come Sudafrica e Botswana, poi dal Sudafrica verso il
Commonwealth. Dice un medico canadese: «I dottori canadesi
vanno negli Stati uniti, i sudafricani si trasferiscono in
Canada per sostituirli; allora il Sudafrica drena medici dallo
Zimbabwe e così via in una carosello da pazzi».
Secondo
la South African Medical Association (Sama) almeno 3.500 dei
26.000 dottori sudafricani vivono all'estero, ma la cifra
reale è più vicina ai 5.000 medici emigrati. E secondo il
maggior sindacato di infermieri del paese, Denosa (Democratic
Nursing Organization of South Africa), più di 300 infermieri
lasciano il paese ogni mese. L'emigrazione si dirige verso gli
Stati uniti e i paesi ricchi del Commonwealth (Australia,
Canada, Gran Bretagna e Nuova Zelanda).
Questi quattro
paesi sono grandi consumatori di medicina, ma nello stesso
tempo hanno penuria di dottori. Gli Usa hanno infatti solo 2,7
dottori ogni mille abitanti; l'Australia 2,5; la Nuova Zelanda
2,2; il Canada 2,1; la Gran Bretagna 1,7. A paragone, la
Germania ne ha 3,5; la Spagna 4,4 e l'Italia 5,9. Il Sudafrica
ha invece un medico ogni 1.684 abitanti, il Kenya uno ogni
6.000 abitanti e lo Zambia un dottore ogni 22.000 abitanti.
Questo senza guardare le varie specialità: così per esempio,
il direttore dei servizi medici del Kenya ha detto al
quotidiano di Nairobi Daily Nation che il paese ha 600
dentisti in tutto, cioè un dentista ogni 69.000
abitanti!
Senza l'afflusso di medici stranieri, il
sistema sanitario dei ricchi stati anglosassoni sarebbe ancora
più in crisi di quanto è oggi. Vi sono oggi 1.500 medici
sudafricani in Canada. Nel Saskatchewan quasi un quinto dei
1530 dottori praticanti viene dal Sudafrica, tanto che il
dottor Martin Vogel è stato il primo sudafricano a diventare
presidente dell'ordine di medici di questa provincia. Il
sistema sanitario inglese è in crisi così profonda che ha
difficoltà a reclutare in patria e quindi si rivolge
all'estero (come d'altronde fa anche il sistema scolastico
inglese che recluta maestri e insegnanti dalle ex colonie).
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), di
recente un paese europeo ha reclutato un'intera leva di
infermieri diplomati di un paese africano.
Vi sono
perciò vere e proprie agenzie di reclutamento che pubblicano
pagine intere di pubblicità sui giornali. Una di queste
agenzie, la Pearls International Nursing Agency, con sede in
Gran Bretagna, ha pubblicato una pubblicità sul quotidiano di
Harare Daily News in cui invita, per conto di
istituzioni sanitarie canadesi e australiane, infermieri
diplomati dello Zimbabwe a formulare domande di assunzione.
Nel suo immaginifico linguaggio, il presidente dello Zimbabwe,
Robert Mugabe, ha detto che la Gran Bretagna viene «alla fine
della notte per rubare infermieri, dottori e farmacisti» dal
paese.
D'altronde i paesi ricchi offrono salari
infinitamente più alti. In Sudafrica un'infermiera diplomata
può guadagnare al massimo 716 dollari Usa al mese (un dollaro
vale circa un euro), e il suo stipendio base, dopo quattro
anni di studio, è di 296 dollari. In Zimbabwe lo stipendio di
un infermiere è di 281 dollari. In Canada o in Australia gli
stipendi sono almeno il triplo: anche se il costo della vita è
più alto, rappresenta sempre un bel salto.
Poi, ognuno
ha le sue motivazioni. Per molti conta anche lo stress del
lavoro. Il Christian Science Monitor ha intervistato a
Johannesburg l'infermiera Sikiniwe Kumalo prima che partisse
per la Gran Bretagna. Nell'ospedale sudafricano Helen Joseph
Hospital aveva la responsabilità totale di 40 pazienti durante
il suo turno. In Inghilterra ci saranno solo sei pazienti per
infermiera. Il vicesegretario del sindacato degli infermieri
Denosa, Thembi Mnogomezulu, ha detto: «Si è innescato un ciclo
vizioso, per cui i pochi infermieri leali che rimangono nel
servizio pubblico devono affrontare un carico di lavoro sempre
più pesante e ormai irrealistico. Come datore di lavoro, lo
stato l'anno scorso accettò d'introdurre incentivi per
trattenere personale qualificato nei servizi sanitari, Fino a
ora questi incentivi non si sono manifestati».
Il
neurologo James Temlett lavorava al General Hospital di
Johannesburg e insegnava all'università di Witswatersrand: se
ne è andato in Australia infuriato per la politica verso
l'Aids: il presidente del Sudafrica Thabo Mbeki ha a lungo
sostenuto che l'Aids è un complotto bianco e che comunque
questa malattia non è poi così grave; per di più, dopo aver
vinto la causa con le grandi case farmaceutiche, il Sudafrica
non compra le versioni generici dei farmaci retrovirali e
taglia il bilancio della sanità: oggi questi farmaci vengono
distribuiti soltanto alle vittime di stupro e alle donne
incinte, e solo perché una sentenza della corte costituzionale
vi ha costretto il governo.
Martin Vogel se ne è andato
perché non sopportava la violenza urbana di Città del Capo con
i suoi 3,1 milioni di abitanti. Per di più, dopo un anno
passato in Canada, quando è tornato in patria, mentre era di
turno in ospedale, uomini armati sono entrati in una chiesa
durante la messa e hanno cominciato a sparare all'impazzata. E
lui ha dovuto assistere a decine di morti e curare decine di
feriti.
Vi è infine il desiderio di dare ai figli
un'infanzia più serena e un'istruzione migliore. Insomma tutte
le ragioni che causano la fuga dei cervelli dal Terzo mondo.
Uno studio della Banca Mondiale riferisce che circa 70.000
laureati africani altamente qualificati lasciano la propria
patria ogni anno per lavorare all'estero. Nel caso del
Sudafrica e dello Zimbabwe un fattore importante per la fuga
dei professionisti è la fine dell'apartheid e la
perdita di privilegi da parte della «tribù bianca».
L'Institute for Development research (Idr) di Parigi ha
calcolato che tra il 1987 e il 1997 233.609 persone hanno
lasciato il Sudafrica in direzione di Australia, Canada, Gran
Bretagna, Nuova Zelanda e Stati uniti, e che 41.000 tra loro
erano professionisti. Secondo le statistiche ufficiali, 10.000
persone hanno abbandonato il Sudafrica nel 2000. Ma le stime
non ufficiali dicono che il numero di professionisti emigrati
all'estero è almeno il triplo delle cifre ufficiali.
La
fuga dei cervelli rappresenta una doppia tassa imposta dai
paesi ricchi ai paesi poveri. Da un lato infatti istruire un
medico costa molto caro e questi soldi sono persi se, appena
laureato, il medico va a lavorare altrove. E in Sudafrica i
sondaggi dicono che un medico su dieci si dice pronto a
lasciare il paese nei prossimi cinque anni e che addirittura
un interno su tre si dice pronto a emigrare (dopo la laurea in
Sudafrica i medici devono fare un anno di internato in un
ospedale pubblico). Dall'altro lato questi paesi poveri devono
pagare alti salari per specialisti europei che sostituiscano
gli emigrati. Secondo una stima, l'Africa spende ogni anno 4
miliardi di dollari per stipendiare 100.000 expats
qualificati (expat è il diminutivo di
expatriate, sinonimo di cooperante
tecnico).
Questa penuria di personale medico acuisce
una situazione sanitaria già drammatica per l'imperversare
dell'epidemia di Aids e per la carestia che mette a rischio di
morte milioni di persone, in una versione da XXI secolo di
quegli Olocausti tardovittoriani di cui ha scritto in
modo così impressionante Mike Davis. «Siamo in piena epidemia
nazionale. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è gente che
salti giù dalla nave. Già ora molti ospedali che hanno molti
pazienti morenti sono male equipaggiati e hanno penuria di
personale».
I paesi africani hanno chiesto alle altre
nazioni del Commonwealth di non reclutare più personale medico
e paramedico nel continente nero. Una delegazione sudafricana
si è recata in Canada per discutere questo tema. Ma, come si è
visto, la diaspora medica dipende non solo dalla domanda dei
paesi ricchi, ma anche dall'offerta dei medici e infermieri
che cercano una soluzione individuale alla crisi africana. E
poi, gli stati potrebbero impedire assunzioni di medici
stranieri solo negli ospedali pubblici, mentre, per esempio,
gli Stati uniti non hanno nessun ospedale pubblico. E quindi
le autorità non potrebbero agire. Se è vero, come sostiene
l'Oms, che la peggiore sindrome dell'Africa è oggi non l'Aids
o la malaria, ma la fuga dei medici, allora questa malattia
peggiorerà
ancora.
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