16 Dicembre 2001
 
 
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Apriti moschea
A Ponticelli dove dovrebbe sorgere il primo luogo di culto islamico napoletano. Votato al comune anche da An, finanziato dalla regione, ma bocciato alla camera. Oggi i musulmani chiudono il ramadan
MARIELLA PARMENDOLA - NAPOLI

Hanno guardato a lungo il cielo venerdì sera, inutilmente. La luna nuova è apparsa solo ieri ai musulmani che attendevano si mostrasse tra le nuvole addensatesi su Napoli. La luna ha segnato la fine del mese di digiuno con 24 ore di ritardo sul calendario occidentale, indicando per oggi il giorno scelto da Allah per la festa fissata al termine del Ramadam. "Aspettiamo la luna per stabilire il momento della preghiera", spiega Abdullah Amar, l'imam di Corso Lucci, il luogo di culto che raccoglie la comunità islamica più numerosa in città. Poco male, i fedeli erano già informati e si troveranno questa mattina in Villa comunale, a meno che la pioggia non li induca a ripiegare sulla Galleria Umberto, luogo di shopping natalizio preferito dai napoletani. Duemila gli islamici previsti per una delle due feste fissate dal Corano, troppi per potersi incontrare come al solito a Corso Lucci. "Per questa festa ci vediamo all'aperto da più di dieci anni", ricorda l'imam.
Il periodo indicato da Amar non è casuale, e riporta indietro fino alla data scritta in calce alla richiesta avanzata dai musulmani per la realizzazione di una moschea. "E' dall'89 che la nostra comunità chiede di potere avere un luogo per pregare, i locali nei quali siamo costretti a farlo mancano delle caratteristiche minime per una moschea". L'ingresso di Corso Lucci, al piano terra di un palazzone nel quartiere della ferrovia, non dà minimamente l'idea di essere sulla soglia della casa di Maometto. Condizioni simili alla moschea di piazza Mercato, guidata dall'italiano Massimiliano Hamza Boccolino.
I musulmani chiedono una vera moschea, quella che il "governatore" Bassolino immagina di costruire in uno dei quartieri di periferia della città, con due miliardi di finanziamento trovati tra i 150 destinati dalla regione alla riqualificazione della zona: la Ponticelli "rossa" per la sua storica identità operaia e deturpata da palazzoni di dieci piani, più simili ad alveari che a case, alternati a prefabbricati a due livelli. Due piani di amianto, realizzati dopo il sisma dell'ottanta per i terremotati, e ora occupati dagli immigrati: rom, albanesi e provenienti dalla Costa D'Avorio. Molti dei quali irregolari e abituati a vivere in quei locali angusti ricoperti da tappeti per tentare di isolare il freddo. Palazzine del "lotto zero", chiamate bipiani, che saranno abbattute nell'ambito del piano di recupero del quartiere. Una prospettiva che preoccupa non poco gli immigrati, impegnati in una trattativa con l'amministrazione comunale per ottenere rassicurazioni sulla destinazione in case di accoglienza.
"E' il diritto alla casa il principale problema di questi immigrati", spiega Marisa Esposito, 48 anni, dieci dei quali spesi nell'associazione Nea, che si occupa di un progetto per insegnare l'italiano a chi è appena arrivato a Ponticelli. "L'idea di una moschea qui mi ha un po' sorpreso, perché non nasce da un'esigenza sentita nel quartiere, seppure penso debba essere garantita a ciascuno la libertà di culto". Un sì all'iniziativa, quello di Marisa, con alcune perplessità rispetto alla scelta su dove realizzarla. "Perché Ponticelli e non il centro, dove la comunità musulmana è radicata? Non vorrei fosse solo un modo per spostare il luogo delle contraddizioni in periferia, dove ne viviamo già tante".
Un problema di spazi, sostengono invece i rappresentanti delle istituzioni per una moschea che avrà tutte le caratteristiche di quelle di Roma e Milano. Un'opera voluta un anno fa dall'intero consiglio comunale di Napoli, che dal Prc ad An aveva votato a favore del progetto. Prima, però, dell'undici settembre, della guerra in Afghanistan e all'insaputa dei leader nazionali della Casa delle Libertà che solo qualche giorno fa hanno votato alla camera una mozione della Lega contro la moschea, tra le proteste dell'opposizione.

Immigrati a Ponticelli

Amos è convinto che l'antislamismo non troverà molte orecchie sensibili a Ponticelli. Nel quartiere gli immigrati, quasi mille, vivono da molto. E Amos, arrivato in Italia da otto anni, li conosce uno ad uno. Sono passati almeno una volta da lui, allo sportello aperto per dar loro informazioni su come superare i problemi di tutti i giorni, dalla casa alla salute, ai permessi di soggiorno sempre più difficili da ottenere. "Qui gli abitanti sono molto ospitali, non credo ci sarebbero problemi se venisse realizzata una moschea. Ho solo un po' paura dell'effetto che tutte le informazioni sbagliate sui musulmani possono produrre sulla gente", aggiunge Amos. Preoccupazioni infondate per il titolare della cattedra di studi islamici all'Università Federico II di Napoli: "Non capisco che problemi possa creare un luogo di preghiera. L'Islam è già in Italia, e c'è stato in passato per lunghi periodi della storia. Piuttosto va conosciuto, perché nulla o poco si sa sui musulmani e Napoli, con la sua vivacità intellettuale, può avere un ruolo importante nel ricucire i rapporti tra le due culture". Lo stesso spirito che ha spinto il presidente di circoscrizione Vincenzo De Cicco a promuovere un ciclo di iniziative con gli abitanti del quartiere. Ma gli abitanti di Ponticelli, ad ascoltare De Cicco come le altre voci di quartiere, vogliono assistere alla costruzione della moschea accanto alle nuove case, al cinema e al palazzo della musica inseriti nel piano, nato per cancellare le tracce del terremoto e il marchio di quartiere ghetto.

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