Apriti moschea
A Ponticelli dove dovrebbe sorgere
il primo luogo di culto islamico napoletano. Votato al comune
anche da An, finanziato
dalla regione, ma bocciato alla camera.
Oggi i musulmani chiudono il ramadan
MARIELLA PARMENDOLA -
NAPOLI
Hanno guardato a lungo il cielo venerdì sera, inutilmente.
La luna nuova è apparsa solo ieri ai musulmani che attendevano si
mostrasse tra le nuvole addensatesi su Napoli. La luna ha segnato
la fine del mese di digiuno con 24 ore di ritardo sul calendario
occidentale, indicando per oggi il giorno scelto da Allah per la
festa fissata al termine del Ramadam. "Aspettiamo la luna per
stabilire il momento della preghiera", spiega Abdullah Amar,
l'imam di Corso Lucci, il luogo di culto che raccoglie la
comunità islamica più numerosa in città. Poco male, i fedeli
erano già informati e si troveranno questa mattina in Villa
comunale, a meno che la pioggia non li induca a ripiegare sulla
Galleria Umberto, luogo di shopping natalizio preferito dai
napoletani. Duemila gli islamici previsti per una delle due feste
fissate dal Corano, troppi per potersi incontrare come al solito
a Corso Lucci. "Per questa festa ci vediamo all'aperto da più di
dieci anni", ricorda l'imam.
Il periodo indicato da Amar non è casuale, e riporta indietro
fino alla data scritta in calce alla richiesta avanzata dai
musulmani per la realizzazione di una moschea. "E' dall'89 che la
nostra comunità chiede di potere avere un luogo per pregare, i
locali nei quali siamo costretti a farlo mancano delle
caratteristiche minime per una moschea". L'ingresso di Corso
Lucci, al piano terra di un palazzone nel quartiere della
ferrovia, non dà minimamente l'idea di essere sulla soglia della
casa di Maometto. Condizioni simili alla moschea di piazza
Mercato, guidata dall'italiano Massimiliano Hamza Boccolino.
I musulmani chiedono una vera moschea, quella che il
"governatore" Bassolino immagina di costruire in uno dei
quartieri di periferia della città, con due miliardi di
finanziamento trovati tra i 150 destinati dalla regione alla
riqualificazione della zona: la Ponticelli "rossa" per la sua
storica identità operaia e deturpata da palazzoni di dieci piani,
più simili ad alveari che a case, alternati a prefabbricati a due
livelli. Due piani di amianto, realizzati dopo il sisma
dell'ottanta per i terremotati, e ora occupati dagli immigrati:
rom, albanesi e provenienti dalla Costa D'Avorio. Molti dei quali
irregolari e abituati a vivere in quei locali angusti ricoperti
da tappeti per tentare di isolare il freddo. Palazzine del "lotto
zero", chiamate bipiani, che saranno abbattute nell'ambito del
piano di recupero del quartiere. Una prospettiva che preoccupa
non poco gli immigrati, impegnati in una trattativa con
l'amministrazione comunale per ottenere rassicurazioni sulla
destinazione in case di accoglienza.
"E' il diritto alla casa il principale problema di questi
immigrati", spiega Marisa Esposito, 48 anni, dieci dei quali
spesi nell'associazione Nea, che si occupa di un progetto per
insegnare l'italiano a chi è appena arrivato a Ponticelli.
"L'idea di una moschea qui mi ha un po' sorpreso, perché non
nasce da un'esigenza sentita nel quartiere, seppure penso debba
essere garantita a ciascuno la libertà di culto". Un sì
all'iniziativa, quello di Marisa, con alcune perplessità rispetto
alla scelta su dove realizzarla. "Perché Ponticelli e non il
centro, dove la comunità musulmana è radicata? Non vorrei fosse
solo un modo per spostare il luogo delle contraddizioni in
periferia, dove ne viviamo già tante".
Un problema di spazi, sostengono invece i rappresentanti delle
istituzioni per una moschea che avrà tutte le caratteristiche di
quelle di Roma e Milano. Un'opera voluta un anno fa dall'intero
consiglio comunale di Napoli, che dal Prc ad An aveva votato a
favore del progetto. Prima, però, dell'undici settembre, della
guerra in Afghanistan e all'insaputa dei leader nazionali della
Casa delle Libertà che solo qualche giorno fa hanno votato alla
camera una mozione della Lega contro la moschea, tra le proteste
dell'opposizione.Immigrati a Ponticelli Amos è convinto che l'antislamismo non troverà molte
orecchie sensibili a Ponticelli. Nel quartiere gli immigrati,
quasi mille, vivono da molto. E Amos, arrivato in Italia da otto
anni, li conosce uno ad uno. Sono passati almeno una volta da
lui, allo sportello aperto per dar loro informazioni su come
superare i problemi di tutti i giorni, dalla casa alla salute, ai
permessi di soggiorno sempre più difficili da ottenere. "Qui gli
abitanti sono molto ospitali, non credo ci sarebbero problemi se
venisse realizzata una moschea. Ho solo un po' paura dell'effetto
che tutte le informazioni sbagliate sui musulmani possono
produrre sulla gente", aggiunge Amos. Preoccupazioni infondate
per il titolare della cattedra di studi islamici all'Università
Federico II di Napoli: "Non capisco che problemi possa creare un
luogo di preghiera. L'Islam è già in Italia, e c'è stato in
passato per lunghi periodi della storia. Piuttosto va conosciuto,
perché nulla o poco si sa sui musulmani e Napoli, con la sua
vivacità intellettuale, può avere un ruolo importante nel
ricucire i rapporti tra le due culture". Lo stesso spirito che ha
spinto il presidente di circoscrizione Vincenzo De Cicco a
promuovere un ciclo di iniziative con gli abitanti del quartiere.
Ma gli abitanti di Ponticelli, ad ascoltare De Cicco come le
altre voci di quartiere, vogliono assistere alla costruzione
della moschea accanto alle nuove case, al cinema e al palazzo
della musica inseriti nel piano, nato per cancellare le tracce
del terremoto e il marchio di quartiere ghetto.
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