I fascisti da stadio
della Capitale
Lo striscione, che citava Carlo Giuliani, durante un match
internazionale, è un altro esempio di vitalità della "destra
rivoluzionaria" sugli spalti. Il prossimo test è la Shalom Cup,
in programma il 3 settembre, con Lazio, Maccabi Haifa e una
squadra africana
GUIDO LIGUORI -
ANTONIO SMARGIASSE
C'è una strana tensione, nel cuore del tifo giallorosso, e
non riguarda solo la polemica con i giocatori per il clamoroso e
inopportuno battere cassa della settimana scorsa. Antonello
Venditti, tifoso romanista doc e autore degli inni più amati
della Roma, è diventato, per una parte della Curva Sud, un
"nemico". Le radio locali lo subissano di critiche, gli spalti
dell'Olimpico ospitano striscioni poco simpatici nei suoi
confronti. Il cantautore ha dichiarato sdegnato di voler
disertare lo stadio. Cosa è successo?
Tutto ha avuto inizio col megaconcerto (gratuito) del Circo
Massimo. Ricordate? Una folla enorme a festeggiare il "terzo
scudetto", la diretta su La7 al primo giorno di programmazione
(con oltre 10 milioni di contatti), l'evento tanto atteso dello
spogliarello della Ferilli (prima delusione: è rimasta in due
pezzi, ben al di sotto degli standard da calendario), un nuovo
inno per la prima volta eseguito (seconda delusione: non è
piaciuto). Nonostante qualche gaffe grammaticale di Sensi in
diretta tv e la carnevalata di dubbio gusto che accompagnava
l'esibizione della "madrina" di Fiano Romano, comunque una
apoteosi per la Roma e per i suoi tifosi. E invece...
Invece, dal giorno dopo, mugugni via etere. Accuse a mezza bocca
nelle radio locali romane che si occupano di calcio. Venditti non
ha invitato questo o quel tifoso doc; c'erano solo alcuni
calciatori; ha fatto un concerto di sole sue canzoni; ha voluto
un sacco di soldi per organizzare lo spettacolo; no, li ha presi
dalla tv; no, li farà vendendo il cd con le registrazioni della
serata. Alla fine anche capitan Totti - che pure ha partecipato,
con Sensi, Candela e Montella -ha preso le distanze
ufficialmente: non è stata la festa dello scudetto, la vera festa
è stata la partita (a pagamento) dell'Olimpico contro il Boca, ad
agosto inoltrato.
Qualcosa non torna. Che le radio commerciali mugugnino sulla
"venalità" (presunta) di un esponente del mondo dello spettacolo
è un controsenso. Che in un mondo in cui si pagano pure le
interviste e lo sponsor deve comparire ben visibile anche nelle
dichiarazioni di bordocampo ci si meravigli perché un cantautore
fa un cd di suoi brani lascia stupefatti. Che si protesti perché
non si sono convocati gli "stati generali dello spettacolo
giallorosso" è chiaramente pretestuoso. Tutto questo non
convince. A spiegare la vicenda concorre soprattutto, a nostro
avviso, un altro elemento, essenzialmente politico.
il manifesto riflette da tempo su come le destre abbiano
puntato sullo stadio, sul tifo calcistico, sulle curve - su tutte
le curve - per fare presenza e proselitismo. Questo processo non
ha risparmiato la Curva Sud, un tempo (negli anni '70) luogo
dichiaratamente di sinistra. Bandiere con svastiche sono apparse,
anche in tv, durante varie partite internazionali della Roma,
prima degli inasprimenti legislativi contro tali manifestazioni.
Sul Corriere dello sport di qualche tempo fa sono state
pubblicate diverse denunce di vecchi abbonati di curva,
spodestati manu militari da giovanotti di Forza Nuova e
dintorni. E a ciò si aggiungono l'aggressione razzista contro
propri giocatori di colore dopo l'eliminazione dalla Coppa Italia
dello scorso anno. Le sezioni di An (in primis, quella
tristemente celebre di via Livorno) dove si assiste gratis alle
partite della squadra giallorossa. E le scritte "laziali ebrei"
che hanno riempito il centro subito dopo la conquista dello
scudetto.
Ma il fenomeno va al di là dello stadio. Le tante radio
capitoline che si occupano soprattutto di sport segnano una
marcata presenza della destra. Una destra più moderata di quella
impegnata in curva, più attenta a creare consenso di massa, meno
razzista: insomma, una destra di governo. Così come quella che fa
lavoro politico in curva è prevalentemente una "destra sociale" o
"di opposizione". Ex picchiatori fascisti divenuti capi tifosi
oggi sono celebri come conduttori radiofonici. Imbonitori
melliflui alternano a salotti calcistici prestigiosi campagne pro
Di Bella, soprattutto quando c'era da colpire il ministro Rosy
Bindi in nome della libertà di cura (a spese della collettività).
Anche chi appare del tutto apolitico spesso ha il proprio spazio
radiofonico inserito nell'ambito di una radio politicamente
schierata, col risultato che il pomeriggio ti sintonizzi per
sentire qualcosa sulla squadra del cuore e la mattina dopo,
automaticamente, ti fai la barba in compagnia della rassegna
stampa di qualche seguace di Storace e Alemanno. Si badi, il
"lavoro" di queste radio nel complesso è di buona fattura, non si
fa solo propaganda spiccia, si usa una discreta dialettica, il
tono è gentile con tutti, anche con i (pochi) ascoltatori di
sinistra che telefonano per discutere di Resistenza come guerra
civile o di liberazione piuttosto che di campagna acquisti della
propria squadra o di traffico. Si crea un senso comune, si
orienta l'ascolto: una notizia sulla Roma, una intervista a
Capello, una battuta contro il sindaco di centro-sinistra. Una
miscela micidiale. La sinistra da lungo tempo ha chiuso le
sezioni e ha considerato la parola "egemonia" una parolaccia. An
ha invece dimostrato, almeno a Roma, di avere in parte appreso la
lezione del vecchio Pci. Un tempo, in qualche sezione comunista,
si trovavano persino i "bigliardini". Ora, mutati i tempi, si
parla di calcio alla radio e si guarda la partita in pay-tv tutti
insieme. Nelle sezioni di destra.
Naturalmente fenomeni del genere accadono pure sulla sponda
laziale, anche se c'è da rilevare che tra gli operatori
dell'informazione biancocelesti (nell'informazione locale il
giornalista che parla di una squadra ne è in genere sostenitore)
c'è una presenza democratica rilevante (Michele Plastino e Gianni
Elsner su tutti), che cambia un po' il segno al fenomeno. I
fascisti della Lazio sono molto più forti e presenti in curva. Ma
su questo torneremo più avanti.
Cosa c'entra tutto ciò con il Circo Massimo? Proviamo a
spiegarlo. Antonello Venditti, pur tra distinguo e tentennamenti,
è notoriamente di sinistra, da sempre. E anche la Ferilli è di
sinistra, e tra un calendario e un sanremo non perde occasione
per riaffermarlo. Già l'evento, dunque, agli occhi di alcuni,
nasceva male, troppo connotato politicamente. Come se ciò non
bastasse, Antonello, durante lo show, dimostrando grande capacità
comunicativa, ha addirittura osato "fare politica", proprio su un
tema centrale della "politica da stadio" come il razzismo. Ha
invitato il pubblico del Circo Massimo ad abbassare per un
momento i vessilli giallorossi e ad alzare vessilli bianchi, per
dimostrare di essere contro il razzismo, contro la violenza. La
gente lo ha seguito. Molta altra gente a casa ha visto e ha
probabilmente apprezzato. Perché la gente che va allo stadio o
che ama il calcio non è in sé razzista o di destra.
Semplicemente, a volte, subisce il dominio incontrastato di
gruppi di picchiatori pronti a tutto, o la direzione di parole
d'ordine e orientamenti sapientemente propagati dagli stessi
gruppi o da chi li comanda. Un processo dinamico,
contraddittorio, non compiuto. Reversibile. E Venditti, con
coraggio e abilità, lo ha dimostrato. Questo ha dato fastidio. Da
qui è iniziata la campagna contro il cantautore, il tam tam delle
radio, gli striscioni in curva.
Dicevamo che la sponda laziale non è diversa. Anzi, la Curva
della Lazio è una curva leader per il neofascismo da stadio. Se
ne è avuta una riprova nella recente partita dell'Olimpico contro
il Copenaghen. E' comparso uno striscione, solo per pochi secondi
ripreso dalla tv (ma quando le televisioni finiranno di assolvere
alla funzione essenziale di cassa di risonanza per questi
gruppi?), che diceva: Ideali diversi... Onore a Carlo
Giuliani. Uno striscione efficace e intelligente, ahinoi, che
conferma come il fascismo da stadio sia governato da teste
pensanti. La prima parte connota bene, è ovvio, la fede politica.
La seconda parte lancia un messaggio forte: anche noi di destra
siamo contro la globalizzazione (ha ragione Baget Bozzo: anche la
destra estrema è contro il global, e non da oggi), siamo contro i
carabinieri (nemico principale del tifo ultrà). Siamo per la
rivolta, cioè per riaffermare a tutti i costi un nostro stile di
vita, i nostri ideali innegoziabili. Siamo pronti a rischiare per
questo e ci inchiniamo di fronte a chi, pur diverso da noi, fa lo
stesso e ci rimette la pelle.
C'è sempre stata, nel mondo di destra, una componente
"rivoluzionaria". Ancora una volta dall'Olimpico viene un chiaro
segnale della sua vitalità. Alla sinistra il compito di accettare
il confronto, la lotta per l'egemonia, senza sottovalutare il
mondo del calcio e lo stadio. Anche seguendo l'esempio di
Venditti, marcando una presenza, trovando canali di comunicazione
col mondo dello sport e del tifo per produrre senso comune
democratico e antifascista.
Il prossimo appuntamento su questo terreno vedrà ancora al centro
la Lazio. Cragnotti ha organizzato per il prossimo 3 settembre la
"Shalom Cup", un triangolare con gli israeliani del Maccabi Haifa
e l'Asec Mimosas della Costa d'Avorio, per rispondere a quei
tifosi razzisti che con uno striscione avevano recentemente
insultato l'altra sponda calcistica della capitale con lo slogan
"squadra di negri e di ebrei". Il finanziere di Porta Metronia è
consapevolmente impegnato in questa direzione (tra la colpevole
indifferenza dei media), come dimostrano la promozione "politica"
di un giovane calciatore di colore aggregato alla prima squadra
biancoceleste e l'invito a passare una giornata a Formello
rivolto ai tifosi della comunità israelitica romana.
L'appuntamento di lunedì prossimo, però, si presenta pieno di
insidie e contraddizioni, per la situazione in Medio Oriente e il
comportamento del governo di Gerusalemme, dove continuano a
dominare i "falchi" sostenitori degli "insediamenti" e del
confronto militare coi palestinesi, contro ogni volontà di
dialogo pur presente da entrambe le parti. Il "fascismo di
opposizione" non ha mai risparmiato simpatie (antisioniste) alla
causa palestinese. Il minitorneo antirazzista potrebbe essere
l'occasione per nuove, clamorose dimostrazioni, dove razzismo più
o meno palese e protesta contro i "potenti" della terra si
mischierebbero in forme spurie e difficilmente decifrabili per i
più.
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