30 Agosto 2001
 
 
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Il Belpaese degli skinheads
Un dossier europeo lancia l'allarme: Italia a rischio per le attività dell'estrema destra. E in Veneto polemiche sul campeggio dei "neri"
CAMILLA LAI

Il rifiuto del sottosegretario di stato Usa Colin Powell a partecipare alla "Conferenza mondiale Onu su razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relative intolleranze" per il linguaggio critico su Israele, ha spostato l'attenzione del meeting dal conflitto mediorentale sugli altri temi che i 160 delegati di tutto il mondo dovranno affrontare: razzismo, discriminazione, divulgazione su internet di incitamenti all'odio razziale.
A due giorni dall'inizio della conferenza ieri, da Vienna, il centro di monitoraggio dell'Unione europea sul razzismo e la xenofobia (Eumc) ha pubblicato un rapporto preoccupante. I gruppi dell'estrema destra sono sempre più pericolosi nei 15 paesi dell'Ue. L'Italia figura tra i quattro (con Svezia, Germania e Spagna) in cui, negli ultimi tempi, si è registrato uno "spaventoso" aumento di attività estremiste di destra. In particolare gruppi tedeschi e svedesi, nota Bert Rorensen, responsabile della comunicazione dell'Eucm, fanno propaganda di "mitizzazione dell'ideologia nazista" su internet. Nonostante l'uso di linguaggi crittati renda difficile l'individuazione dei siti da parte delle autorità competenti, si stimano oltre 2.500 siti web che si rifanno a ideologie estremiste e xenofobe, e che usano internet per diffonderle. Si finanziano con la vendita dei dischi della tristemente famosa white power music e con gadget ispirati al nazismo. Solo nel 1995 in Europa sono stati venduti oltre due milioni di cd, per la maggior parte prodotti in Svezia, Polonia e paesi dell'est.
E proprio in Italia, a comprovare la tesi dell'Eumc, si è aperto ieri, al campeggio privato Riva d'Oro sul lago di Revine, "Ritorno a Camelot", il raduno europeo degli skinheads. Gianfranco Foti, responsabile dell'organizzazione dell'evento e leader locale del Movimento italiano d'azione, precisa la connotazione politica dell'evento, non solo culturale, ma mosso soprattutto dall'ambizione di agire direttamente con i propri rappresentanti all'interno degli organismi politici. Foti ha previsto più di 2.000 partecipanti, ma la Digos non ne aspetta più di qualche centinaio.
Non sono mancate le polemiche. L'evento doveva tenersi a Vittorio Veneto (Treviso) ma il sindaco Scottà ha negato l'autorizzazione, ricordando che la città è decorata con medaglia d'oro alla resistenza e il raduno sarebbe un'offesa alla memoria. Ora il telefono del comune di Revine Lago, dove l'evento è stato spostato, non smette di squillare: i cittadini sono terrorizzati da probabili disordini di un summit che vuole essere "una degna risposta alle devastazione dei black bloc e alle scorribande delle tute bianche a Genova contro i G8".
Così, mentre a Durban ci si prepara ad affrontare problemi globali che potrebbero migliorare il mondo, l'Italia affitta un campeggio privato agli skinheads d'Europa per la loro festa. La democrazia, forse, è anche questo: libertà di discutere dei temi che ognuno considera più importanti. Eppure l'evidente contraddizione tra gli skinheads da un lato e Kofi Annan, Mary Robinson e quasi tutto il resto del mondo (tranne Usa e Israele) dall'altro, solleva scetticismo su quanto sarà facile applicare sul nostro territorio i principi contenuti nella dichiarazione finale che uscirà dalla conferenza Onu. Le "teste rasate" continuano ad attrarre attenzione in Europa, più dell'Indonesia, che sarà uno dei pochi casi di successo della conferenza Onu per le recenti legislazioni progressiste contro la discriminazione dell'etnia cinese, più del controverso (anche per la corresponsabilità dei locali) problema del risarcimento ai discendenti degli schiavi, del rapporto di ieri di Human rights watch che chiede che la parola "casta" venga utilizzata nel documento finale, dei rifugiati, i rom, gli immigrati in Europa che tanto terrorizzano giovani disoccupati. E più delle incitazioni all'odio razziale su internet.

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