29 Luglio 2001
 
 
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Verona, la protesta dei sinti arriva in piazza Brà
Sgomberati e minacciati, sessanta nomadi fanno il bagno e lavano i panni nella fontana
PAOLA BONATELLI - VERONA

"Sono Helen e voglio il sole con l'acqua", "Io sono piccola e voglio andare all'asilo e fare tutte le scuole", "Vogliamo luce, acqua, piante e il giardino per i piedi": così i cartelli inalberati dai piccoli sinti veronesi che ieri pomeriggio sono andati con le loro mamme a fare il bagno e lavare il bucato nella fontana della centralissima piazza Brà.
Un'iniziativa di protesta contro i tre sgomberi subiti dalla comunità in meno di un mese, che hanno costretto una sessantina di persone, più della metà bambini, a girare di parcheggio in parcheggio per la città assolata. Sgomberi eseguiti dai vigili urbani (il secondo, quindici giorni fa, con la violenza) su vecchie ordinanze del sindaco impugnate dall'assessore alla sicurezza, il nazional-alleato Fabio Gamba.
Ora le famiglie, per la maggior parte con la residenza nel comune, come ricordato da un altro cartello di ieri che recitava "Siamo sinti veronesi abbiamo dei doveri ma anche dei diritti", stazionano in un prato appena fuori città, senza acqua né servizi. Una situazione pericolosa: "La notte - racconta Catiuscia, 25 anni - due bambini piccoli i nostri mariti e fratelli fanno i turni di guardia, due ore per ciascuno, perché in questa zona passano spesso macchine piene di gente che ci insulta. L'altra notte qualcuno ci ha gridato 'Vi bruciamo tutti', abbiamo paura e vogliamo andarcene, ma non sappiamo dove".
Il dove verrà deciso lunedì mattina, almeno questa è la speranza dei sinti e di quanti li sostengono, in una riunione dei capigruppo del Consiglio comunale. Per l'amministrazione locale, una patata bollente: la difesa dei diritti dei cittadini sinti passa per la sconfessione dell'operato di un assessore della maggioranza che governa la città. La commissione istituita per volontà dei capigruppo sul problema sinti ha prodotto un documento conclusivo che individua nell'area dello stadio, da cui sono stati cacciati venti giorni fa, l'unica area con un minimo di attrezzature ed immediatamente disponibile sul territorio: motivo per cui si chiede all'amministrazione di evitare, anche per motivi umanitari, il susseguimento di provvedimenti di sgombero e di consentire il reinsediamento in quel luogo delle famiglie sinte. Come dire che il calvario di questi venti giorni, senza acqua sotto il sole cocente ed esposti ad ogni prepotenza (il terzo sgombero è avvenuto per le proteste della circoscrizione in cui sostavano i sinti), si concluderà, se tutto va bene, da dove è cominciato.
I sinti, persone miti e rassegnate alle persecuzioni, sarebbero contenti di tornare allo stadio; lì i ragazzi vanno a scuola da più di dieci anni e c'è la piena integrazione con il quartiere. Tuttavia, se lunedì ci sarà un nulla di fatto e la loro condizione resterà precaria (tra l'altro alcuni pediatri cittadini hanno già segnalato i pericoli di infezioni cui sono esposti i bambini), la comunità scenderà in strada chiamando a raccolta le altre famiglie sinte e rom sparse per il territorio e tutte le persone che in questo periodo li hanno aiutati.

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