La fuga di Bush
Violente reazioni negli Usa e nel mondo
per il boicottaggio della Conferenza dell'Onu contro il razzismo
che si apre oggi
a Durban: "E' una vergogna"
S.D.D. -
DURBAN
Domani il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan -
arrivato ieri in Sudafrica - aprirà la Conferenza delle Nazioni
unite contro il razzismo. Ma ancora non si sa se la nazione
leader del mondo - gli Stati uniti d'America - sarà presenti con
una delegazione sia pur di infimo livello o addirittura lascerà
vuota la sedia a loro riservata a Durban.
La decisione dell'amministrazione Bush di boicottare la
conferenza sta suscitando reazioni furenti e violentissime, sia
dentro gli Stati uniti sia all'estero. Gruppi di afro-americani
per i diritti civili e l'integrazione razziale, organismi per i
diritti umani e singole personalità trovano lo sprezzante no di
Washington (a ruota, come sempre, di Israele, anch'esso assente)
"una vergogna", una "fuga" dal proprio ruolo storico-politico e
dalle proprie responsabilità, un rifiuto di fare i conti con il
proprio passato. Il pretesto accampato da Washington è che la
bozza di risoluzione finale - nonostante non contenga più
l'esplicita equiparazione "sionismo-razzismo" - è ancora troppo
critica verso Israele per la sua politica di oppressione e
apartheid contro i palestinesi. In realtà, oltre a ciò,
l'amministrazione Bush non intende che si parli dell'altro grande
tema che sarà al centro della conferenza: lo schiavismo,
l'assunzione di responsabilità da parte dell'Occidente (ma non
solo), la richiesta di indennizzi morali e materiali ai paesi e
ai singoli che furono vittime di quel fenomeno fondativo della
civiltà bianca.
Ieri a Durban i rappresentanti di sette gruppi per i diritti
umani e civili con base negli Usa hanno condannato il governo
Bush per la sua decisione: "infelice, reprensibile e morlamente
indifendibile", l'ha definita Johanatan Hutto, della sezione
statunitense di Amnesty international. Theodore Shaw,
direttore del Naacp Legal Defense Fund, ha parlato di
"esempio che dimostra come gli Stati uniti sono dalla parte
sbagliata della storia quando si affrontano argomenti come la
giustizia razziale e i diritti umani".
Anche all'interno degli Stati uniti il boicottaggio di Durban sta
provocando forti reazioni. Ad Atlanta, il reverendo
afro-americano Joseph Lowery, cofondatore insieme a Martin Luther
King della Southern Christian Leadership Conference, l'ha
definito "una fuga vergognosa" e una prova "di arroganza ed
evasione dalle responsabilità". Il cantante Harry Belafonte,
parlando a Orlando, ha attaccato personalmente i due afro
dell'amministrazione, il segretario di stato e la responsabile
del Consiglio per la sicurezza nazionale: "Non sento la voce di
Colin Powell, non sento la voce di Condoleezza Rice". Il
reverendo afro-americano Jesse Jackson, a una Tv Usa, ha parlato
di "una ignominia internazionale".
Ieri il portavoce del Dipartimento di Stato, Richard Boucher, ha
affermato che Washington manderà una delegazione "di medio
livello" - poi personificata in Michael Southwick, sconosciuto
"vice-assistente segretario di stato per le organizzazioni
internazionali" -, già partita per Durban, ma che non è sicuro
che Mr. Southwick prenderà parte alla cerimonia di apertura di
oggi.
A Durban intanto fervono i lavori del forum delle Ong, a cui
partecipano 7 mila delegati. I 200 delegati israeliani lamentano
l'ostilità diffusa che li circonda e anche atti di aperto
"antisemitismo" e qualche aggressione fisica. Accuse peraltro
respinte dal direttore del forum, Moshe More: "Tutti i
partecipanti possono esprimere le loro opinioni e non ci sono
stati attacchi fisici contro nessuno", ha detto.
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