30 Agosto 2001
 
 
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La fuga di Bush
Violente reazioni negli Usa e nel mondo per il boicottaggio della Conferenza dell'Onu contro il razzismo che si apre oggi a Durban: "E' una vergogna"
S.D.D. - DURBAN

Domani il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan - arrivato ieri in Sudafrica - aprirà la Conferenza delle Nazioni unite contro il razzismo. Ma ancora non si sa se la nazione leader del mondo - gli Stati uniti d'America - sarà presenti con una delegazione sia pur di infimo livello o addirittura lascerà vuota la sedia a loro riservata a Durban.
La decisione dell'amministrazione Bush di boicottare la conferenza sta suscitando reazioni furenti e violentissime, sia dentro gli Stati uniti sia all'estero. Gruppi di afro-americani per i diritti civili e l'integrazione razziale, organismi per i diritti umani e singole personalità trovano lo sprezzante no di Washington (a ruota, come sempre, di Israele, anch'esso assente) "una vergogna", una "fuga" dal proprio ruolo storico-politico e dalle proprie responsabilità, un rifiuto di fare i conti con il proprio passato. Il pretesto accampato da Washington è che la bozza di risoluzione finale - nonostante non contenga più l'esplicita equiparazione "sionismo-razzismo" - è ancora troppo critica verso Israele per la sua politica di oppressione e apartheid contro i palestinesi. In realtà, oltre a ciò, l'amministrazione Bush non intende che si parli dell'altro grande tema che sarà al centro della conferenza: lo schiavismo, l'assunzione di responsabilità da parte dell'Occidente (ma non solo), la richiesta di indennizzi morali e materiali ai paesi e ai singoli che furono vittime di quel fenomeno fondativo della civiltà bianca.
Ieri a Durban i rappresentanti di sette gruppi per i diritti umani e civili con base negli Usa hanno condannato il governo Bush per la sua decisione: "infelice, reprensibile e morlamente indifendibile", l'ha definita Johanatan Hutto, della sezione statunitense di Amnesty international. Theodore Shaw, direttore del Naacp Legal Defense Fund, ha parlato di "esempio che dimostra come gli Stati uniti sono dalla parte sbagliata della storia quando si affrontano argomenti come la giustizia razziale e i diritti umani".
Anche all'interno degli Stati uniti il boicottaggio di Durban sta provocando forti reazioni. Ad Atlanta, il reverendo afro-americano Joseph Lowery, cofondatore insieme a Martin Luther King della Southern Christian Leadership Conference, l'ha definito "una fuga vergognosa" e una prova "di arroganza ed evasione dalle responsabilità". Il cantante Harry Belafonte, parlando a Orlando, ha attaccato personalmente i due afro dell'amministrazione, il segretario di stato e la responsabile del Consiglio per la sicurezza nazionale: "Non sento la voce di Colin Powell, non sento la voce di Condoleezza Rice". Il reverendo afro-americano Jesse Jackson, a una Tv Usa, ha parlato di "una ignominia internazionale".
Ieri il portavoce del Dipartimento di Stato, Richard Boucher, ha affermato che Washington manderà una delegazione "di medio livello" - poi personificata in Michael Southwick, sconosciuto "vice-assistente segretario di stato per le organizzazioni internazionali" -, già partita per Durban, ma che non è sicuro che Mr. Southwick prenderà parte alla cerimonia di apertura di oggi.
A Durban intanto fervono i lavori del forum delle Ong, a cui partecipano 7 mila delegati. I 200 delegati israeliani lamentano l'ostilità diffusa che li circonda e anche atti di aperto "antisemitismo" e qualche aggressione fisica. Accuse peraltro respinte dal direttore del forum, Moshe More: "Tutti i partecipanti possono esprimere le loro opinioni e non ci sono stati attacchi fisici contro nessuno", ha detto.

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