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il manifesto - 27 Luglio 2003 ECONOMIA pagina 11
indice economia

pag.11

la ricchezza immobile del pianeta
FRANCESCO PICCIONI
 
PREVIDENZA
Svuotano il pubblico per regalare spazio al business privato
ROBERTO ROMANO*
GIOVANNA GIORGETTI*

 
PIANETA LAVORO
Lavoro clandestino
VITTORIO LONGHI
 
Chiusura di Arese: Fiat condannata
 
 

taglio basso

PIANETA LAVORO
Lavoro clandestino
VITTORIO LONGHI
Gran Bretagna, ammissioni sbalorditive

«Il lavoro clandestino continua a essere molto diffuso in tutti i settori economici». Sono giunti a questa conclusione i ricercatori che hanno condotto, per conto del governo, un'inchiesta sull'utilizzo di immigrati irregolari in Gran Bretagna. I risultati, diffusi questa settimana, indicano che centinaia di migliaia di stranieri senza documenti continuano a lavorare, ovviamente sottopagati e sfruttati, soprattutto nelle imprese edili, in quelle agricole e nel catering. Non sono state fornite stime ufficiali, ma si presume che le cifre vadano di gran lunga oltre i 110 mila permessi di lavoro concessi mediamente ogni anno. Ovvio l'attacco dell'opposizione conservatrice: «Queste nuove informazioni costituiscono un'ammissione sbalorditiva (da parte del governo)» ha commentato il ministro ombra agli Interni, Oliver Letwin. La ministra dell'immigrazione, Beverly Hughes, ha risposto vantando i risultati delle misure preventive e repressive adottate ultimamente: dalle ispezioni sulle coste francesi alle impronte digitali, alle speciali carte d'identità. Si tratta di azioni, però, che finiscono per colpire esclusivamente gli immigrati e non chi li sfrutta. Secondo la legge attuale, infatti, l'imprenditore trovato ad assumere e impiegare stranieri senza regolare permesso rischia semplici multe pecuniarie (fino a 8 mila euro).

Arabia Saudita, nel braccio della morte

Tra pochi giorni sarà annunciata la data di esecuzione delle due badanti immigrate in Arabia Saudita, accusate di avere ucciso i rispettivi datori di lavoro: Sarah Dematera, filippina, condannata nel `93 e Siti Rupa, indonesiana, condannata nel 2000. Secondo l'Osservatorio sui diritti umani, la storia delle due donne è emblematica di come un immigrato possa essere ingiustamente accusato e processato in Arabia Saudita e finire poi nel braccio della morte senza alcuna possibilità di appello. La settimana scorsa, l'organizzazione umanitaria ha rinnovato la richiesta alle autorità saudite affinché rivedano i due casi. «Al momento dell'arresto - spiegano gli attivisti - Dematera ha firmato una confessione in arabo che non capiva e ha dichiarato, solo dopo la condanna in un processo molto rapido, che il reale assalitore della padrona della casa era un uomo». La storia non è diversa per Siti e per altre migliaia di immigrati (350 stranieri sono detenuti attualmente per omicidio nelle prigioni saudite), soprattutto indiani del Kerala, indonesiani, pachistani filippini, che ogni anno subiscono processi sommari per ogni genere d'accusa. Si tratta di un'ulteriore forma di abuso rispetto a quelle - già molto gravi - di sfruttamento e di violenza, praticate nella totale impunità delle imprese e nell'indifferenza del governo.

Corea del Sud, no alla deportazione

Da più di un anno la sezione migranti dell'Equality trade union (Etu), organizzazione sindacale sudcoreana per le pari opportunità, chiede al governo di rivedere le leggi sull'immigrazione perché ingiuste e discriminatorie. Il 31 luglio l'Assemblea nazionale, il parlamento coreano, potrebbe approvare un nuovo «sistema per il permesso di lavoro» (Eps) che rischia addirittura di peggiorare l'impianto attuale, introducendo misure ancora più restrittive. L'Etu, pertanto, sta rivolgendo appelli al nuovo presidente, Roh Moo-hyun, con tanto di raccolta delle firme affinché il provvedimento sia bloccato e modificato. L'Eps vanta alcune amenità molto simili alla nostra Bossi-Fini: è stabilito un limite massimo non rinnovabile di tre anni alla permanenza in Corea, è vietato cambiare datore di lavoro per tutto il periodo e partecipare a organizzazioni sindacali, tantomeno è possibile scioperare. Inoltre, «il nuovo disegno di legge - dicono i rappresentanti sindacali - potrebbe già contenere l'indicazione della data entro cui espellere gli immigrati senza documenti, avviando così una deportazione senza precedenti». Le condizioni del nuovo sistema per il permesso di lavoro, infatti, verrebbero applicate solo ai prossimi ingressi, costringendo i circa 260 mila lavoratori irregolari già presenti nel paese a partire immediatamente.

Stati uniti, le marce per i diritti

Primo appuntamento della «marcia per la libertà dei lavoratori immigrati» mercoledì scorso a New Haven, nel Connecticut. Più di 300 persone, tra attivisti per i diritti umani, sindacalisti, docenti e ricercatori universitari, hanno manifestato per le strade della città protestando contro le leggi liberticide adottate dopo l'undici settembre e per l'affermazione, il rispetto e la parità dei diritti sul lavoro. La marcia - hanno annunciato gli organizzatori - è solo la prima di una lunga serie di dimostrazioni che si susseguiranno per tutta l'estate negli Stati uniti e che culmineranno nel corteo più grande di New York, il 4 ottobre, davanti la statua della libertà. «I provvedimenti restrittivi sull'ingresso di studenti e assistenti, soprattutto arabi e musulmani, sta danneggiando anche le strutture scolastiche», ha detto Mazin Qumsiye-h, professore associato di genetica all'università di Yale e immigrato palestinese. Basti considerare che il 90 per cento dei ricercatori di Yale è costituito da stranieri. L'atteggiamento xenofobo dell'amministrazione Bush continua a generare solo ostilità e paranoia, infatti, quando la presenza degli immigrati è ormai una realtà consolidata e in costante aumento. Solo a New Haven, ad esempio, i residenti non americani sono passati, negli ultimi dieci anni, da meno di 6 mila a più di 8 mila.


 
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