10 Marzo 2002
 
 
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Polemiche sulla marina
Nessuna scialuppa per i naufraghi. La difesa: "Basta processi a priori"
CINZIA GUBBINI - ROMA

Perchè il pattugliatore della marina militare ha gettato soltanto una scialuppa per cercare di salvare gli immigrati finiti in mare? Questo è l'interrogativo più inquietante, forse perché il più spontaneo, che alimenta le polemiche intorno alla condotta della marina militare sul naufragio del 7 marzo. La procura della Repubblica di Agrigento ha subito aperto un'inchiesta e i capi di imputazione sono pesanti: "omicidio colposo e disastro plurimo". Sul tavolo della procura da ieri c'è anche un esposto del Codacons, l'associazione dei consumatori, che chiede di verificare se il comndante del pattugliatore "Cassiopea" non sia imputabile di "omissione di soccorso". Occorre accertare i responsabili della morte di cinquanta persone, ingoiate da un mare che già dal pomeriggio faceva registrare un 4 sui parametri delle condizioni climatiche. I responsabili: certamente chi ha lasciato alla deriva più di sessanta persone stipate in un'imbarcazione di dieci metri, ma anche chi - e se - ha deciso di andarci cauto e di non tentare il tutto per tutto. Vengono in mente quei fantastici gommoni che la marina ha in dotazione, quelli che si gonfiano a contatto con l'acqua e hanno addirittura un cappello che si chiude con una cerniera. Se ti ci infili dentro puoi anche essere sballottato dal mare, ma certamente non muori. "Siamo amareggiati e certamente non sereni - dicono dal ministero della difesa - ma non vogliamo fare polemiche. Possiamo solo dire che ci sono delle verità non modificabili: un mare in tempesta e l'impossibilità di procedere con un trasbordo. E forse nessuno aveva capito che in quella piccola imbarcazione ci fossero tante persone". Ma come è possibile che una nave come la "Cassiopea", ben equipaggiata di scialuppe e gommoni, abbia deciso di lanciare in mare solo una lancia? Dal ministero non smentiscono ma ci tengono a precisare: "questo è tutto da accertare. Anche noi siamo convinti che vada fatta chiarezza. Magari agendo in un modo diverso avremmo perso noi qualche marinaio - e aggiungono - Non si possono fare processi a priori dal divano di casa".
E' impossibile valutare come e quanto il clima politico infuocato e spesso strumentale sull'immigrazione "clandestina" possa aver influenzato i marinai che si sono trovati di fronte a una situazione problematica. Quanto il fatto che la marina militare compaia all'interno della legge Bossi-Fini con il compito di "fermare" le imbarcazioni che trasportano migranti possa incidere automaticamente sulla ridefinizione di ruoli e funzioni. Il maggiore Furia si occupa per la Guardia di finanza di pattugliare il mare alla ricerca di navi che trasportano immigrati. Ora è responsabile provinciale del Roan di Bari, il reparto operativo aereoportuale. Un pezzo del suo addestramento l'ha fatto proprio sulla "Cassiopea" e due anni fa, in Albania, passò ore in mare rischiando di affogare durante un'operazione di contrasto dell'immigrazione "clandestina". Ma a lui non piace chiamarlo così: "Noi non contrastiamo l'arrivo delle persone, semmai cerchiamo di individuare i trafficanti e la merce di contrabbando". Sullo sbarco di Lampedusa dice: "Ci sarebbe voluta una nave ben più piccola per potersi avvicinare che d'altra parte avrebbe avuto difficoltà a reggere quel mare lì, c he è veramente brutto". Una cosa dice di "non capire": "La marina svolge un ottimo lavoro di segnalazione. Ma pensare di usarla per fermare questi disperati che viaggiano su vere e proprie carrette è pericoloso. Non li blocchi, c'è poco da fare. A meno che non decidi di farlo a tutti i costi, ma se ti mette di traverso non c'è dubbio: si butterebbero in mare. E a quel punto che fai?".
E ieri il sottosegretario alla difesa Francesco Bosi ha accusato chi punta il dito contro la marina: "Sono critiche pretestuose - ha commentato - dalle notizie pervenute emerge che la nave "Cassiopea" ha contribuito alle operazioni di soccorso".

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