05 Marzo 2002
 
 
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Tempio contro tempio
Hindu contro musulmani. Infuria in India una guerra di religione che ha già ucciso 538 persone. Un treno di pellegrini in fiamme, moschee incendiate, uccisioni. E la ferita aperta della moschea di Babri, distrutta nel `92 perché eretta sulle macerie del tempio di Rama. Che gli hindu intendono ricostruire il 15 marzo
MARCO D'ERAMO


Da mercoledì scorso, nello stato indiano del Gujarat sono morte 538 persone in disordini di carattere religioso. Nella città di Ahmedabad (3,5 milioni di abitanti), al grido "Figli di Babur andatevene in Pakistan!", folle inferocite di hindu hanno incendiato più di 26 moschee, di cui poi hanno "purificato" il terreno lasciando dietro di sé statue del dio scimmia Hanuman. Gli hindu si sono vendicati con il fuoco dei 58 pellegrini morti in un treno incendiato mercoledì scorso da musulmani, nella stazione di Godha. La furia ha investito sia Ahmedabad, sia cittadine e villaggi della provincia. A Dedhar quattro musulmani sono stati bruciati vivi. A Sardapur una folla di 4.500 hindu ha ucciso 28 musulmani. In un solo rogo, in un edificio di cemento in cui si erano rifugiate famiglie musulmane in fuga dalle loro capanne, sono morti sei bambini, 15 donne e 5 uomini.
Ma tra dieci giorni, il 15 marzo, esattamente alle ore 14.30 (ora locale), questo bagno di sangue rischierà di apparire una bazzecola. E' quel preciso momento infatti che gli astrologi hanno indicato come il più propizio per cominciare a costruire un tempio a Rama nella cittadina di Ayodhya (in Uttar Pradesh), sul terreno dove fino al 6 dicembre 1992 sorgeva la moschea Babri Masjid, costruita nel 1526 dal conquistatore Moghul Babur il Grande (1526-1530). Gli hindu morti nel rogo del treno che ha scatenato i disordini di questi giorni tornavano proprio da un pellegrinaggio ad Ayodhya.
Da sei mesi, dall'11 settembre, siamo stati bombardati da un tale profluvio di messaggi sul fondamentalismo islamico (taleban, al Qaeda, wahabismo, deobandismo, blabla...), da non accorgerci che in giro per il mondo vi sono altri fondamentalismi, potenzialmente altrettanto, se non più, esplosivi. L'integralismo hindu è uno di questi. (Ma una volta o l'altra bisognerà pur gettare uno sguardo su quello cristiano, in particolare quello protestante Usa, che fornisce il blocco elettorale che ha mandato alla Casa bianca Bush il giovane, il prode cow-boy che sfida l'integralismo islamico: ma quest'esplorazione Oipaz la rimanda a un prossimo appuntamento).
Il 6 dicembre 1992 infatti, i massimi leader del partito che guida il governo dell'Unione Indiana, il Bjp (Bharatiya Janata Party), l'attuale ministro dell'interno L. K. Advani e il ministro dell'istruzione Murli Manohar Joshi, guidarono una "marcia su Ayodhya" alla testa di una folla di integralisti hindu che rase al suolo la moschea di Babri perché, secondo loro, era stata costruita distruggendo un precedente tempio a Rama (che è una delle incarnazioni del dio Visnu), anzi nel preciso luogo di nascita di Rama, anche se gli storici non confermano l'esistenza di un precedente tempio. Gli hindu chiamano quest'area Ram Janmahaboomi (Luogo di nascita di Rama). Delle forze dell'ordine che con occhio benevolo tollerarono questa distruzione, il romanziere Salman Rushdie scrisse: "Guardavano distaccate le forze della storia che cancellavano la storia". Alla distruzione della moschea seguirono disordini e scontri religiosi in cui perirono circa 3.000 persone. I disordini più gravi avvennero nel febbraio 1993 a Bombay dove vi furono 800 morti, con la polizia che stava a guardare i pogrom contro i musulmani.
Babri Masjid è perciò un nome che non ha bisogno di essere spiegato in India. E il 6 dicembre 1992 segna un tornante nella vita politica indiana, ultimo retaggio avvelenato della Partition, della divisione operata dalla potenza coloniale inglese alla mezzanotte del 15 agosto 1947, al momento di concedere l'indipendenza al suo ex impero: gli inglesi avallarono la separazione dell'India a maggioranza hindu dal Pakistan a maggioranza islamica (che allora comprendeva anche l'attuale Bangladesh, il Bengala orientale). Seguì un esodo incrociato di massa, con gli hindu che fuggivano il Pakistan dove avevano vissuto per secoli, e i musulmani che fuggivano l'India dove avevano abitato per centinaia di anni. Nei massacri di "pulizia religiosa" da una parte e dall'altra morirono più di un milione di persone, mentre decine di altri milioni perdevano la casa e ogni avere. All'origine delle due nazioni, India e Pakistan vi è perciò un bagno di sangue: in questo senso gli attuali indiani e pakistani sono "i figli di mezzanotte".
Ma mentre in Pakistan l'impronta religiosa fu subito visibile e dominante, in India, con la dinastia dei Nehru prevalse una concezione laica, secolare dello stato indiano, anche perché in India vivono 130 milioni di musulmani che ne fanno, dopo Indonesia e Pakistan, il terzo stato islamico del mondo in ordine di popolazione. Con gli anni però e con le leggi d'emergenza, il potere dinastico dei Nehru subì un'usura che - paradossalmente - fu frenata solo dall'omicidio d'Indira Gandhi (figlia di Jawarhal Nehru), uccisa nel 1984 da sue due guardie del corpo sikh (cui seguì nelle città indiane una terribile caccia al sikh). Rajiv Gandhi fu così portato al potere da un risorgere de nazionalismo hindu e il partito del Congress (I) cercò di giocare la carta degli opposti integralismi, quando la questione di Ayodhya fu riaperta nel 1986 dal partito Bjp e dai due più forti movimenti del fondamentalismo hindu, il Viswha Hindu Parishad (Vhp) e le Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh, o "volontari della nazione", che stanno al Bjp come le Sa stavano al partito nazista in Germania). La bega di Ayodhya non era infatti una novità, e la causa per il possesso del terreno di Babri Masjid (o Janmahaboomi) si trascinava almeno da una cinquantina d'anni nei tribunali indiani. Ma ha acquistato impulso solo negli anni '80, in parte anche come reazione al risveglio dell'integralismo nel mondo islamico, non solo nell'Iran di Khomeiny, ma anche nel Pakistan del dittatore Zia Ul Haq.
Certo è che dal 1945 al 1992 il tema Ayodhya spinse sempre più su le fortune elettorali del Bjp che passò dal 7,4 % dei voti e dai 2 seggi del 1984 all'11,5% dei voti e agli 86 seggi nel 1989 fino al 20,1% dei voti e i 120 seggi del 1991 - fino alla maggioranza relativa nel `96. La causa di Rama ha portato molti voti al Bjp, così non stupisce che nelle sedute del parlamento, quando devono esprimere il proprio voto favorevole, i deputati Bjp non dicono "sì" come i loro colleghi, ma esclamano "Jai Sri ram", "Vittoria a Rama".
Ma oggi, dieci anni dopo la distruzione di Ayodhya, e al governo dal 1998, il Bjp è in difficoltà. Le ultime elezioni statali gli sono andate male, in particolare in Uttar Pradesh che è non solo lo stato di Ayodhya, ma con i suoi 160 milioni di abitanti è anche il più grande stato dell'Unione, il centro di gravità dell'hindi belt nella pianura del Gange. Perciò la posizione del Bjp è ora più vulnerabile rispetto ai suoi partners centristi nella coalizione di governo. In particolare in un momento di tensione con il Pakistan e quando il Bjp vuole mostrarsi all'opinione pubblica mondiale (e in particolare all'amministrazione statunitense) come un partito di governo responsabile, moderato, favorevole all'apertura dei mercati, affidabile nella "lotta al terrorismo".
Ma nello stesso tempo il Bjp non può tradire le aspettative del suo zoccolo duro, proprio perché indebolito e ormai molto più "istituzione " che "movimento" (con un'evoluzione anche in questo tanto simile alla Lega lombarda). Tanto più che nel Bjp le milizie delle Rss e il Vhp hanno un'influenza che può essere paragonata solo a quella che la Christian Coalition (gli ultraconservatori protestanti) ha sul partito repubblicano di Bush.
Il problema per il Bjp con l'ala dura della sua base è che fino a oggi non ha attuato nessuno dei suoi tre obiettivi politici principali reiterati in ogni campagna: 1) la costruzione del tempio di Ayodhya; 2) l'abrogazione dell'articolo 370 della costituzione che regola l'accesso dello stato del Kashmir nell'Unione indiana (concedendogli un'ampia autonomia amministrativa e politica); 3) il mandato costituzionale per riscrivere il codice civile in versione hindu. per questa ragione che l'anno scorso, durante la grande festività del Kumbh Mela (in cui 70 milioni di pellegrini si bagnano nella confluenza dei tre fiumi sacri, il Gange, la Jamuna e il Saraswati, quest'ultimo essendo solo mitico e sotterraneo) il premier Atal Behari Vajpayee disse che "la costruzione del tempio esprime un sentimento nazionale indiano che rimane ancora irrealizzato" e stabilì per la posa della prima pietra la data limite del 12 marzo 2002, giorno della festività di Sivaratri (data poi spostata al 15 marzo per ragioni astrologiche).
Nel frattempo già da anni scalpellini e manovali forgiano le centinaia di colonne e scolpiscono le decorazioni del futuro tempio. Di fronte alla tensione che saliva tra hindu e musulmani a causa del progetto di costruzione del tempio, per tutto l'ultimo anno il Bjp "ha corso con la lepre, e cacciato con i cani", scrive il quindicinale Frontline. Ma ora, dopo i massacri dei giorni la situazione si fa più delicata. Mentre ad Ayodhya il Viswha Hindu Parishad va avanti con il programma di shila pujan (consacrazione di ogni pietra scolpita che sarà usata per il tempio), la polizia dell'Uttar Pradesh ha allontanato le decine di migliaia di kar sevak (volontari) che erano confluiti in città. Le consultazioni per un rinvio della posa della prima pietra i stanno facendo frenetiche, anche perché non tutte le organizzazioni hindu sono d'accordo nello scatenare i conflitti religiosi. Per esempio la All India Akhara Parishad ha comunicato di essere contraria a ogni politicizzazione del tempio di Ram Janmabhoomi. Il potente ministro della difesa George Fernandes del Samata Party ha minacciato di ritirarsi dalla coalizione se l'edificazione del tempio andrà avanti. Ma le Rss e il Vhp tirano innanzi con i rituali preparatori e con la yagna (che non so cosa sia).
P.S. Non capire capita spesso con l'inglese indiano, che è talmente frammentato da termini locali da essere quasi un inglese a parte. Ecco per esempio una frase di un articolo dell'ultima versione di Frontline: "A Dighauri, Sonia Gandhi è stata benedetta dalle Shankaracharyas di Dwarakapeeth, Puri e Kanchi. Ha eseguito un Rudrabhishek di 40 minuti tra cori di mantra nell'appena consacrato tempio di Ratheshwar dove un Sivalinga era stato installato".


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