11 Dicembre 2001
 
 
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La furia di Bossi nel menù del governo
I centristi, croce del senatùr, vanno al vertice decisi a protestare. Sul piatto, anche la devolution
MICAELA BONGI


"Buttiglione e Casini, a casa vostra i clandestini". Per il popolo in camicia verde che sfila a Milano contro le moschee "frutto dei comunisti" e contro la comunista "Forcolandia", cioè l'Europa dell'arresto comunitario, l'immigrato resta il nemico pubblico numero uno. La Lega, infatti, scende in piazza al grido di "espulsioni, espulsioni" o del meno burocratico "fuori a calci in culo". Ma in Padania come a Roma, dove sono costretti a dimorare i ministri del Carroccio che domenica hanno infiammato i cuori nordici, nemmeno i centristi della Casa delle libertà - Buttiglione, Casini e soci, appunto - godono di buon occhio. Antipatia ricambiata, visto che il primo a puntare l'indice contro la performance di Umberto Bossi in piazza Castello è stato il leader del Ccd, Marco Follini. Che sulla Stampa di ieri paragonava l'Italia che ha in mente Bossi al simpatico "villaggio gallico di Asterix", non discostandosi molto dall'analisi del capogruppo diessino Luciano Violante ("manifestazione un po' barbarica..."). La levata di scudi bossiana non ha indispettito solo Follini, nel Biancofiore. Il "caso Bossi" è dunque finito nell'agenda in vista del vertice serale a casa Berlusconi.
L'offensiva della Lega su "Forcolandia", con tanto di rivendicazione da parte del senatur della linea dura portata avanti dal guardasigilli Roberto Castelli - anche lui, domenica, sul palco a Milano - non è destinata a fare breccia a palazzo Chigi. Lo stesso Castelli del resto è stato strapazzato, ieri, dal titolare della Farnesina, Ruggiero. Ruggiero... Altro nome che fa venire i brividi al capo del Carroccio. Perché quella di Bossi sarà pure una partita persa nonostante le preoccupazioni che animano anche il premier. Ma a scatenare il senatur non è solo, insieme all'odio leghista per i musulmani, l'insofferenza per un'Europa che, un domani, incalza Castelli, potrebbe anche contestare ai padani la loro xenofobia. A scatenare il ministro per le riforme è una serie di timori crescenti. I fastidiosi ex scudocrociati acquistano visibilità, mentre la Lega perde punti nei sondaggi. Di fronte al suo popolo al quale non può dare in pasto leggi non ancora ottenute, come l'agognata devolution, il capo del Carroccio ha bisogno di alzare il tiro e la voce, e di farsi minaccioso. Con la speranza, se non di ottenere carta bianca dagli alleati sulla devoluzione, almeno di vedere approvato un federalismo non sideralmente distante dal progetto originario, alla base dell'accordo con Berlusconi. Punta anche a questo, Bossi, con le sue scomposte adunate.
Nel frattempo a preoccupare i leghisti, oltre all'avanzata del centro, è anche il protagonismo del ministro Ruggiero. Il senatur teme veramente "Forcolandia", non solo per quel che potrà riguardare i suoi ma anche e soprattutto per quanto il mandato di cattura europeo potrebbe esporre al pericolo il presidente del consiglio. Se un'offensiva dei magistrati europei dovesse un giorno non lontano mettere fuori gioco il Berlusca, ragiona Bossi, il Carroccio rischia di finire schiacciato dall'avanzata dei post-democristiani e dei tecnici come Ruggiero.
Gli alleati, intanto, fanno buon viso. Il vicepremier Gianfranco Fini minimizza sul "Bossi di lotta e di governo" giurando sulla serenità che allieta la Casa delle libertà. Del resto con "Forcolandia" il governo punta a accordarsi e anche in questo caso ricompattando la maggioranza quel tanto che basta a non impensierire il Cavaliere. Quanto alle levate di testa di Bossi, il senatur avrà la devolution. Non proprio la "sua", qualcosa che la ricordi almeno un po'.

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