08 Dicembre 2001
 
 
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I dannati di Nairobi
ALEX ZANOTELLI - NAIROBI

Una calma irreale, gravida di disperazione, regna a Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi e una delle più grandi dell'Africa, ci vivono dalle 500mila alle 700mila persone. Ieri non è stato un giorno di sangue, ma nei tre giorni precedenti in violenti scontri ci sono stati almeno 20 morti, tantissimi sono i feriti da machete e coltello. Migliaia di famiglie sono in fuga dalla baraccopoli. La polizia reprime in modo brutale e indiscriminato, gruppi femminili per i diritti umani hanno denunciato numerosi casi di stupro. Ad affrontarsi sonoi nubiani, musulmani e proprietari dei terreni e delle baracche, e i loro affittuari quasi tutti di origine luo, cristiani che sono il gruppo etnico più numeroso a Kibera. Sono decine e decine le etnie dell'inferno della baraccopoli e per questa guerra tra dannati della terra i kikuyu appoggiano i nubiani, mentre i luya si sono schierati con i luo.
Al centro dei violenti sconti la questione della riduzione degli affitti delle baracche, una richiesta "appoggiata" in modo populista e strumentale dal presidente kenyota Arap Moi. La bidonville di Kibera è più grande di quella di Gorokocho. Per capire perché ci viva tanta gente, basta capire com'è costruita Nairobi. Kibera è vicina alla zona industriale, da lì in mezz'ora si arriva nei posti di lavoro o sottolavoro, per questo è molto ricercata. Una realtà che comunque va inserita nel contesto di Nairobi.
Nairobi è un'antica città coloniale, nata come città di apartheid con tre sezioni differenti: bianchi, neri e nubiani; ha continuato a vivere così come città dei ricchi da una parte e dei disperati dall'altra anche con l'indipendenza: praticamente non è cambiato nulla, dall'apartheid razziale si è passati all'apartheid economica. Ora siamo arrivati ad una popolazione di 4 milioni di abitanti. Le statistiche internazionali spiegano che circa il 60% dei 4 milioni di abitanti vive nell'1,5% del territorio totale di Nairobi. Non c'è nessun'altra città al mondo a vivere una condizione così assurda. Il 60% vuol dire che oltre 2 milioni vivono nell'1,5% della terra totale della città. Cosa incredibile è che questo 1,5% di terreno non appartiene ai baraccati, cioè ai poveri che ci vivono, ma al governo che può sbaraccare, è il caso di dire, la gente quando e come vuole - sono famose le demolizioni delle baraccopoli che continuano ogni giorno.
Altra cosa incredibile che rende Nairobi una città proprio assurda è che degli oltre 2 milioni, che vivono nell'1,5%, l'80% di questi pagano per una baracca un affitto alto per lo stipendio che percepiscono - i più fortunati lavorano in città come camerieri o guardiani, rimendiando uno stipendio di circa 4.000-5.000 scellini (130mila lire circa). E se non si capisce questo di Nairobi, non si capisce nulla. E non c'è solo KIbera, sono sono centinaia le baraccopoli di Nairobi dove vivono oltre 2 milioni di persone. Per Kibera, l'unica differenza dalle altre baraccopoli è il fatto che ci vive una larga comunità di nubiani che erano arrivati con gli inglesi dal Sudan e che avevano avuto dal governo inglese la promessa di quel pezzo di terra dove vivono, senza che ci siano naturalmente documenti a confermarlo. Tutto è scoppiato proprio quando il presidente Arap Moi è arrivato per ragioni populiste ed elettorali - ci sono le elezioni presidenziali il prossimo anno e il kanu, il suo partito, punta ad una modifica costituzionale che lo ripresenti nonostante sia al terzo mandato - a dichiarare di essere a conoscenza del fatto che la gente di Kibera è costretta dai proprietari delle baracche a pagare un affitto esorbitante. Subito si è formata l'associazione di poveri che pagano l'affitto e che hanno cominciato a dire che non avrebbero pagato più. E questa è stato l'inizio della stragi, aiutate anche da manipoli di criminali assoldati da chi vuole mestare politicamente nel torbido. A questo livello si muove chiaramente Arap Moi, ma anche una componente molto importante della popolazione luo che è guidata dagli elettori di Raila Odinga, ministro dell'energia di etnia luo e rappresentante governativo a Kibera, la circoscrizione dove è stato eletto - Raila prima faceva parte dell'opposizione, ora in accordo con Moi e il partito Kanu si muove "spregiudicatamente" per attirare voti comunque, però stavolta la situazione è diventata esplosiva.
Quella delle baraccopoli di Nairobi è una delle situazioni che io chiamerei più "in rivolta" nel mondo: può scoppiare da un momento all'altro, perché è qualcosa di talmente surreale che basta un fiammifero che tutto s'incendi. Ci sono stati almeno venti morti accertati, ma sono molti di più, con scontri corpo a corpo, feriti con machete, con coltelli. Ho vissuto quasi ogni anno di queste esplosioni violentissime nella baraccopoli di Gorogocho in cui ho dovuto cercare di intervenire, di fare da mediatore, ma sono proprio di una violenza inaudita, perché la gente è costretta a vivere dentro una violenza insopportabile, appunto esplosiva. In buona parte i proprietari delle baracche sono i nubiani, e anche molti kikuyu, molti dei luo invece sono persone che pagano l'affitto. E' per questo che Raila parlando di questa storia ha appiccato il fuoco. E' una situazione di una violenza estrema, di rabbia popolare gigantesca, non c'è sicurezza, non c'è nulla. Alla fine è sofferenza e basta e serve poco per far scoppiare di tutto di nuovo.
In tutto questo c'è anche un elemento etnico e religioso - i nubiani sono musulmani, i luo sono cristiani in buona parte, in una tradizione in cui l'elemento etnico è sempre stato strumentalizzato per ragioni economiche, politiche o di potere. La stessa cosa vale in chiave religiosa, direi che le religioni sono usate in momenti come questo.
La questione delle abitazioni è una situazione sociale di profonda gravità. Sono dieci anni che noi stiamo lavorando in questo senso anche in chiave politica su tutta Nairobi con il Movimento per la terra. Quello che abbiamo affermato con la campagna per la terra l'anno scorso è che è immorale che oltre 2 milioni di popolazione siano costretti a vivere nell'1,5% della terra, dentro baracche che sono un ammasso di cartoni e lamiere incredibile a fondo valle con una concentrazione inimmaginabile, dove non c'è né verde, né acqua, né servizi, né nulla: è semplicemente un accatastamento di baracche dove sono costretti a vivere in media 5-6 persone, e questo spiega il disastro sanitario e l'alta percentuale di Aids e malattie infettive.
A proposito della guerra in Afghanistan qui è arrivata la notizia che ora gli Stati uniti vogliono colpire qualche paese africano, pare la Somalia, dopo la tragedia di "Restore Hope". Vista dalla tragedia di Kibera, pare una bestemmia. Povera Africa, veramente mal conciata!

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