08 Dicembre 2001
 
 
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Italiani "individualisti e freddi"
ANTONIO SCIOTTO - ROMA

Italiani, anno 2001. Anche nel nuovo millennio, puntuale come ogni fine autunno, ci giunge dal Censis un ritratto dell'Italia, delle nostre abitudini e dei modi in cui viviamo, consumiamo, pensiamo. Siamo già al trentacinquesimo rapporto sulla situazione sociale del paese, che, come è d'obbligo, si apre sulla reazione dei cittadini del Belpaese allo shock dell'11 settembre. E, subito dopo, il fulcro della ricerca si incentra sul carattere sempre più individualista dell'italiano, restìo ad aggregarsi agli altri per rivendicare i propri diritti, e attento a coltivare il proprio orticello, pur comunicando col proprio vicino di casa o con gli amici degli antipodi attraverso milioni di e-mail e messaggini sms.

Gli italiani e la guerra

Secondo il rapporto, la maggior parte degli italiani ha reagito in maniera "fredda" all'11 settembre, non facendosi "ingaggiare" né da chi sventola le bandiere americane, né da chi, dall'altro lato, invita al pacifismo. Solo chi vive nelle grandi città, o legge i giornali, è rimasto coinvolto dalla guerra e dalla psicosi terrorismo, mentre chi vive in provincia si è sempre più rinserrato nel proprio quotidiano, periferica fonte di sicurezza nei momenti in cui il "centro" (la superpotenza americana, la Nato, il Pentagono, il blocco occidentale) perde la capacità di fare da solido fondamento. Parallelamente, altrettanto "freddino", sarebbe il paese nei confronti dei conflitti sociali. In buona sostanza, dice il rapporto, gli italiani hanno chiuso con il conflitto, con la rivendicazione collettiva, serrandosi, anche in questo caso, nel bozzolo dell'individualismo.

Lavoro e flessibilità

Il principale cambiamento passa attraverso il mercato del lavoro, rivoluzionatosi negli ultimi anni a causa dell'ingresso della flessibilità. Oltre 12 milioni di lavoratori, quindi circa la metà degli occupati, spiega il rapporto, sono "individuali", ovvero autonomi, o dipendenti, ma con una autorganizzazione dei propri impegni e un nuovo senso di responsabilità; in particolare, il 13% del totale sono lavoratori precari (interinali, collaboratori, contrattisti a termine, partite Iva). Sempre meno, dunque, si trovano denominatori comuni che motivino i lavoratori a lotte comuni. Mentre dal 1981 al 1985 la quantità media di ore di sciopero era di 78 milioni e i lavoratori coinvolti oltre 7,5 milioni, nel quinquennio 1996-2000 si scende a 7,7 milioni di ore e 897 mila lavoratori. Un termometro a temperature gelide, che contrasta con le immagini del G8 di Genova, che vengono inevitabilmente in mente se si parla di "conflitto", o con i recenti movimenti di protesta dei lavoratori, motivati dai rinnovi contrattuali e dalla politica del lavoro intrapresa dal governo Berlusconi. Ma tant'è. Su questo piano, il rapporto Censis rende l'immagine di un'Italia quasi immobile.

Le paure

Quali sono le maggiori paure di questo nuovo italiano? Innanzitutto, è sempre forte la paura dei furti e dei borseggi (65,7% e 30,1% della popolazione), ma c'è anche il nuovo "panico da euro", ovvero la paura di confondersi nei conteggi (78%) e di essere raggirati dai commercianti (66%, contro il 50% degli europei). Ma poi, riemerge il tema lavoro, incubo soprattutto dei "flessibili", che temono prima di tutto di non poter conciliare i tempi del lavoro con quelli della vita privata (20,8%), prima ancora di perdere il posto (18,7%). Il 71% dei lavoratori individuali, poi, non possiede una previdenza integrativa, e quasi un terzo degli intervistati dice che "penserà alla pensione a tempo debito". La maggior parte dei giovani dai 18 ai 24 anni sostiene di preferire un guadagno medio-alto subito a fronte di nessuna o di una piccola pensione per il futuro (53,4%).
Si pensa poco al futuro, dunque, e si preferisce spendere subito: a fronte di un aumento del reddito lordo del 4,1% dal 1999 al 2000, la propensione media al risparmio è scesa dal 14,2% all'11,7%. Si punta però soprattutto sui beni durevoli: le case (790 mila abitazioni acquistate in Italia, dato record nella storia del paese), l'arredamento, l'elettronica. E, sulla linea dell'individualismo e della difficoltà delle relazioni, è cambiato anche il volto delle famiglie, sempre più "piccole": i nuclei monogenitoriali sono cresciuti del 9,9% dal 1990 al 1998, e i single dell'11,3% nello stesso periodo.
Il rapporto con gli immigrati, infine, che rappresentano un po' l'altra faccia dell'italiano, a dire il vero ancora poco accettata dagli "oriundi": il 50,7% dei nostri connazionali dice che sono "dannosi, per l'ordine pubblico e perché sottraggono posti di lavoro". Un giudizio più positivo è espresso invece dal 49,3%, secondo cui sono utili per lo sviluppo economico e sociale: apprezzamento che arriva proprio dalle aree dove gli immigrati sono più presenti, il centro e il nord est.

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