14 Ottobre 2001
 
 
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Pacifismo multietnico a Londra
30.000 in corteo contro la guerra. Moltissimi gli stranieri, soprattutto arabi
ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA


Ventimila secondo la polizia, almeno trentamila secondo gli organizzatori: ieri la capitale inglese ha certamente visto la più grande manifestazione degli ultimi anni. Organizzata dalla "Campaign for nuclear disarmament" la giornata di pace e giustizia per tutti è stato il più forte segnale di dissenso nei confronti del governo laburista di Tony Blair e del suo ruolo di partner principale degli Stati uniti nella cosiddetta operazione "giustizia infinita". No alla guerra hanno gridato e cantato le migliaia di partecipanti, dando ognuno un contributo personale e diverso alla costruzione del movimento contro le bombe in Afghanistan. Il concentramento era stato fissato ad Hyde Park, ma già dando un'occhiata alle metropolitane e agli autobus provenienti da ogni parte della città si poteva anticipare una partecipazione massiccia e per Londra sicuramente inedita.
Il carattere più originale di questa manifestazione è stata forse la spontaneità. Seguendo in qualche modo il percorso del movimento antiglobalizzazione, gruppi di persone, partiti, singoli si sono dati appuntamento per manifestare il loro dissenso in maniera tollerante e nel rispetto delle diversità di ciascuno. Così è sembrato naturale a tutti che centinaia di cittadini musulmani ad un tratto trasformassero gli striscioni con su scritto "no alla guerra, no alle bombe" preparati dal partito comunista inglese, dalla Socialist Alliance, dal Socialist Workers party, in tappeti dove poter recitare le preghiere all'ora prestabilita. Rispetto delle differenze: tutti hanno voluto sottolineare questo atteggiamento necessario per uscire dalla logica del mondo occidentale e quello orientale, del mondo civilizzato e quello barbaro.
La manifestazione è riuscita proprio perché è riuscita a intrecciare tra loro esperienze diversissime, situazioni distanti, persone con percorsi e storie differenti. Così i musulmani (tantissime le donne, padrone dei megafoni) si sono ritrovati al fianco dei comunisti britannici e dei socialisti. Gli antiglobal hanno marciato accanto ai cristiani e ai quaccheri. I kurdi hanno sfilato assieme ai sindacati, al movimento dei gay e delle lesbiche e ai palestinesi (forse il gruppo più numeroso). Tanti i cittadini afghani, preoccupati dalle notizie (poche) che provengono dal loro paese e soprattutto, come ricorda Amhet, dal fatto che "non riusciamo a comunicare con i nostri familiari direttamente e quindi non sappiamo se stanno bene, se sono vivi o morti". Perché contrariamente a quanto ha dichiarato venerdì nella quotidiana conferenza stampa "di guerra" la ministra per lo sviluppo e la cooperazione internazionale Clare Short, non è vero che "non c'é stata alcuna vittima tra la popolazione civile". Ahmet conferma che i morti sono ormai centinaia. Il corteo, lunghissimo, si è concluso a Trafalgar square dove gli organizzatori hanno confermato i prossimi appuntamenti, in particolare il 18 novembre per una seconda manifestazione nazionale sempre a Londra. Il movimento contro la guerra si riunisce anche davanti a Downing street ogni settimana.

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