14 Ottobre 2001
 
 
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Brescia contro la legge sull'immigrazione
In 10 mila scendono in piazza. Sale la protesta: il testo del governo riduce il diritto al lavoro
CI. GU.


Una manifestazione partecipatissima quella di ieri a Brescia, dove circa 10 mila persone hanno protestato contro la legge sull'immigrazione, approvata giovedì dal governo in via definitiva. Pakistani, bangladeshi, indiani, srilankesi, senegalesi, nigeriani, persino i cinesi. Al fianco dei lavoratori italiani, come quelli della Ocean, reduci dallo sciopero di giovedì contro gli 870 licenziamenti. "No alla legge Bossi-Fini, per i diritti di cittadinanza" diceva lo striscione d'apertura, firmato dal Brescia social forum, dal Coordinamento immigrati in lotta e dal Forum delle associazioni dei migranti.
Al centro della protesta i cambiamenti stabiliti dal nuovo ddl, che irrigidissce la legge Turco-Napolitano, introducendo norme dubbie sul piano costituzionale. Forse il dibattito parlamentare riuscirà a mitigare alcuni aspetti, visto che l'approvazione del testo ha una storia travagliata: difficile è stata la gestazione all'interno dello stesso Consiglio dei ministri e altrettanto arduo è stato il passaggio nella Conferenza Stato-Regioni, dove ben 11 Enti hanno votato contro, compresa la Calabria del forzista Chiaravalloti. Di certo sarà faticoso intervenire sulla novità per eccellenza del ddl governativo: il contratto di lavoro. Il permesso di soggiornare in Italia sarà legato a doppio filo con la situazione lavorativa. E anche in caso di assunzione a tempo indeterminato il permesso (rinnovabile) durerà solo due anni. Insomma, una sorta di ricatto nei confronti del lavoratore immigrato. Non basta: prima di assumere un immigrato, occorre accertare l'indisponibilità degli italiani a quel lavoro. E' stata abrogata inoltre la possibilità di trasferire nel paese di provenienza i contributi previdenziali maturati in Italia tranne per gli immigrati da paesi che hanno firmato convenzioni bilaterali.
Tempi duri anche per i cosiddetti vu cumprà: che saranno addirittura espulsi se colti a commerciare "merce contraffatta". Abolito l'istituto dello sponsor, unica via legale per entrare in Italia in mancanza di una promessa di lavoro. Ristretto il ricongiungimento familiare: consentito ai figli minori e ai genitori, sempre che non abbiano un altro figlio in grado di provvedere per loro nel paese d'origine.
Viene introdotto, inoltre, una sorta di "reato di permenenza clandestina". Al secondo rientro dopo l'espulsione scatta il carcere da 1 a 4 anni, pur rimanendo - giuridicamente - l'ingresso irregolare un reato amministrativo. La reclusione nei centri di permanenza temporanea è stata innalzata a due mesi, rispetto ai 30 giorni precedenti.

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