06 Ottobre 2001
 
 
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Britannicamente timorosi
GRAN BRETAGNA Crescono apprensione e protesta. Ma anche l'intolleranza antislamica
ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA


L'insperata giornata di sole favorisce, in un inizio autunno altrimenti piovoso e freddo, le passeggiate nei grandi centri commerciali dei quartieri londinesi periferici. Come ogni sabato a Wood Green (nord Londra) la piazzetta davanti alla biblioteca del quartiere si trasforma in una sorta di palco. Ci sono gli stand dei militanti del Socialist Workers party, quelli dei celtics against incincerator (gruppi di residenti che protestano contro l'inceneritore del quartiere di Edmonton), quelli dei predicatori seguaci di Louis Farrakhan e la sua Nation of Islam. E poi ci sono i musulmani della moschea di Finsbury Park. Normalmente la marea di gente che affolla lo shopping centre passa veloce davanti a banchetti e urlatori. Qualcuno si ferma per firmare la petizione contro l'inceneritore. Qualcun'altro acquista il giornale del Socialist Workers party. Passando davanti ai fratelli di Farrakhan, tutti vestiti di nero, occhiali scuri e papillon, i non neri affrettano il passo. Ignorati anche i fratelli musulmani della moschea.
Questo succedeva normalmente. Ma dall'11 settembre, dopo gli attentati di New York e Washington, davanti ai banchetti islamici c'è sempre un capannello di gente. La discussione è animata, spesso volano parole grosse, gli animi si scaldano. I non musulmani si sentono quasi in diritto di urlare insulti ai giovani che cercano di diffondere l'islam e di vendere qualche libro religioso. La comunità musulmana inglese vive nel terrore dall'11 settembre. "Ci accusano soprattutto - dice Ahmet - di essere complici dei responsabili degli attentati in America. Non vogliono sentire ragioni. Sono arrabbiati e violenti. Ci dicono di andarcene. Di stare attenti". Per uno come Ahmet, nato a Londra da genitori algerini, le accuse e la violenza di cui è vittima la comunità musulmana sono inconcepibili. "Non capisco - dice - io sono un cittadino inglese, con gli stessi diritti e gli stessi doveri di qualunque altro cittadino inglese". Teoricamente, ma dopo l'11 settembre le cose sono cambiate.
Da tutto il paese, dall'Inghilterra al Galles alla Scozia, arrivano notizie sempre più allarmanti di attacchi anche molto gravi contro la comunità musulmana. Attentati alle moschee (l'ultimo a quella di Edinburgo) ma anche violenza fisica verso uomini e donne identificati come musulmani. Un taxista afghano è finito in ospedale in coma, dopo essere stato aggredito da due "clienti" che giuravano vendetta per gli attentati americani. Stessa sorte per una giovane donna, pestata a sangue da un gruppo di giovani. La lista è lunga. La anti-nazi league (la lega antinazista) ha già lanciato il grido d'allarme contro i tentativi dei fascisti del National Front di "approfittare" degli attentati dell'11 settembre per far proseliti e inasprire la tensione già alta in aree come Oldham (vicino a Manchester), Leeds, Bredford e Londra. Il governo Blair dal canto suo, pubblicamente, dichiara che non tollererà alcun episodio di razzismo nei confronti della comunità musulmana del paese, ma militarizza e blinda i quartieri a maggioranza islamica e intensifica i controlli di polizia, i fermi, le perquisizioni di persone "sospette", per nazionalità o appartenenza religiosa.
Sabato a Wood Green, dopo l'11 settembre, non è più sicuro per chi tiene gli stand di propaganda religiosa presentarsi in uno o due persone. Meglio essere un gruppetto. Lo stand del Socialist Workers party con i suoi militanti schierati contro la guerra del presidente americano Bush e del suo fedele alleato Tony Blair, è anche quello più affollato: giovani soprattutto, ma anche qualche signora carica di borse della spesa. "Ci chiedono - dice Mark - informazioni su quello che succederà. Un dato interessante - insiste il giovane attivista - è la disinformazione della gente. Anche se dall'11 settembre non si parla che degli attentati, di bin Laden, di guerra, la gente non sa cosa il governo abbia in mente. Tutti parlano di guerra, ma nessuno ha ancora capito contro chi e come si svolgerà questo conflitto". Si chiedono lumi, ma soprattutto si teme che in realtà questa guerra sarà una grande catastrofe. Crescono in tutta la Gran Bretagna i comitati contro la guerra. Nei piccoli paesi come nelle città ci sono stati almeno due o tre incontri sugli eventi dell'11 settembre e sulle conseguenze. Notizie di una protesta che cresce, di un movimento pacifista variegato a cui partecipano no global, professori, sindacati e studenti.
L'atmosfera che si respira, dice Liz Davies della Socialist Alliance, è "di profonda preoccupazione. La gente non vuole questa guerra: per la prima volta in questo paese non si vedono Union Jack sventolare dalle finestre. Si chiede diplomazia non bombe".

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