06 Ottobre 2001
 
 
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"La mia storia senza confini"
Parla Paolo Rossi, che domani terrà uno spettacolo tra l'Italia e la Slovenia
GIOVANNA BOURSIER - GORIZIA


Ci sarà anche Paolo Rossi, domani sera, sul confine tra Gorizia e Nova Gorica, per la grande festa spettacolo del No Border social forum. Accompagnato dal musicista Emanuele Dell'Aquila, Rossi presenterà, gratuitamente, stralci del suo ultimo spettacolo, Storie per un delirio organizzato, che ha scritto insieme a Riccardo Piferi, Carlo Giuseppe Gabardini e Stefano Benni. Sono affabulazioni e racconti, intensi, spietati e teneri allo stesso tempo, momenti di grande teatro che ogni sera si incammina su tracce sicure per poi proseguire, seguendo il pubblico, in un delirio irripetibile.
Abbiamo parlato con lui, chiedendogli, prima di tutto, se esiste ancora e come può essere oggi il teatro militante? "Questo spettacolo - dice - tiene insieme tutto quello che ho fatto negli anni. Io dico sempre recitare con e non al pubblico. L'ho imparato facendo Romeo & Juliet, da Shakespeare o Rabelais, in cui volevo far attraversare testi lontani, almeno apparentemente lontani, dalle nostre vite. E anche adesso, che sono tornato a raccontare storie che ci riguardano più da vicino, è diventato normale cercare qualcosa di diverso, che vada oltre la rappresentazione, soprattutto oggi che la società dello spettacolo, in cui tutti recitano e si rappresentano, è imperante. Poi le mie sono storie, non controinformazione. Ma le storie hanno una grande forza, perché ti coinvolgono, ti toccano diversamente da una battuta o una gag. Non è questo l'unico modo per fare teatro militante, ma è uno, forte, in cui si confrontano le coscienze. Andare in giro a raccontare storie sembrava semplice, eppure alla fine è venuta fuori una grande tournée, coinvolgente. Abbiamo recitato nei teatri, ma anche sullo stretto di Messina o sulla spiaggia di Cesenatico, adattandoci ai luoghi e alle persone, con le caratteristiche dell'happening. Abbiamo continuato a scrivere e a rifare. E' accaduto dopo Genova, e anche dopo New York. Ci sono cinque o sei storie universali, poi altre, più legate alla cronaca e all'attualità. Come in un pranzo, in cui si aggiungono pietanze, contorni, antipasti o caffé".E a Gorizia? Perché hai deciso di farlo anche qui?

E', ovviamente, un luogo che mi attira. Un richiamo forte, che va anche oltre la politica. Questo è un posto che conosco, dove sono nato, un confine che ho respirato. Io, in qualche modo, mi sono sempre sentito senza terra. La mia famiglia viene da tutta l'Europa. Mia nonna è nata a Rjeka, che era Fiume. Mio nonno a Corleone. Altri vengono dalla Valtellina e io da Monfalcone. Mi sento, quindi, molto mescolato. Come le storie, che se ne fregano delle frontiere, dei reticolati, delle dogane. Circolano.
Questi poi mi sembrano luoghi dove davvero si raccontano e ascoltano storie. Le vicende di questi posti le ho sempre sentite, fin da quando ero bambino. Forse non è un caso che io abbia questo talento. Un tempo, ovviamente, stavo solo ad ascoltare, ma ascoltando si impara, eccome. Da queste parti esiste come un'abilità nel raccontare, nel parlare senza la necessità di far confluire e dissolvere tutto nei massimi sistemi, nelle grandi ideologie. Se volevi raccontare la seconda guerra mondiale dicevi cosa era successo a te durante la guerra, non la storia con la S maiuscola.

Ma di questi Social forum, del movimento che sta crescendo, cosa pensi?

Credo che la forza di questo movimento sia proprio nel non avere un'identità definita. E definitiva. Esiste ed è importante. Cresce impalpabile, difficile da afferrare. E questa può essere una forza enorme. Così, quando vedo un portavoce mi vengono piccoli brividi. Perché vedo questo movimento come una zona permanente, dove non si creano anfratti di potere. Ma io sono solo un comico e tutto quello che voglio e riesco a dire lo dico nei miei spettacoli. Un comico è uno che aggrega, mai un portavoce. Le storie hanno tante verità, che riguardano le nostre vite. E qui mi fermo, perché altrimenti sarebbe ridicolo.

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