26 Settembre 2001
 
 
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Allarme profughi a Kabul
GI. SGR. - INVIATA A ISLAMABAD

Il Pakistan, sotto pressione soprattutto dell'Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), ha promesso ieri di riaprire almento parzialmente le frontiere. Questo dovrebbe permettere di portare in salvo circa 100mila profughi rimasti intrappolati nella terra di nessuno dopo la chiusura delle frontiere, senza cibo né acqua. La situazione più drammatica è quella di Chaman, alla frontiera con il Beluchistan, ma anche a Peshawar si teme per la sorte dei profughi. La situazione è destinata a peggiorare, le previsioni sono drammatiche: l'Unhcr teme l'arrivo di circa 1,5 milioni di profughi, la maggior parte in Pakistan, che si andrebbero ad aggiungere ad altri 2 milioni già ammassati in campi profughi. Gli afghani fuggono, in previsione di attacchi militari ma anche alla fame. Per questo il Programma alimentare mondiale (Pam) ha deciso di riprendere le forniture alimentari sospese dopo gli attacchi terroristici che hanno imposto al personale dell'Onu di abbandonare l'Afghanistan in previsione di rappresaglie. Ora sul terreno resta solo il personale locale, una struttura minima sottoposta alle angherie dei taleban: gli uffici di Kandahar sono stati occupati e 1.400 tonnellate di cibo portate via, a Kabul invece gli uffici delle Nazioni unite sono stati privati di radio e sistemi di comunicazioni. Molti operatori umanitari sono quindi isolati. Il Pam ha deciso di tentare i nuovi rifornimenti dal nord dell'Afghanistan dove la situazione è più stabile, ma occorre trovare i mezzi e anche avere la garanzia che attraverso le Organizzazioni non governative il cibo arrivi alla popolazione e non venga sequestrato dai militari, sostiene Khaled Mansour, dell'ufficio stampa del Pam a Islamabad. "La situazione era già brutta prima, la gente è costretta a mangiare erba, cibo per gli animali e locuste - racconta Mansour - c'è chi vende le figlie, anche di soli nove anni, per avere qualcosa di cui sfamarsi. Sono 4 milioni gli afghani (il 20 per cento della popolazione) che dipendono dagli aiuti internazionali. E le condizioni sono destinate a deteriorarsi rapidamente, per questo stavamo estendendo i programmi in Afghanistan in modo da raggiungere 5,5 milioni (il 25 per cento della popolazione) di persone". Ad aggravare la situazione ha contribuito la siccità, la peggiore degli ultimi trent'anni, che ha ridotto del 50 per cento il raccolto dei cereali (quest'anno è stato di 2 milioni di tonnellate). Il personale locale ha continuato a distribuire il cibo stoccato dal Pam ma mancano i mezzi per il trasporto, i cami
on e i furgoni vengono usati dalla gente che fugge prima verso le zone rurali e poi verso il confine. La metà degli abitanti di Kabul, Kandahar e Jalalabad ha già lasciato le proprie case.
Le previsioni sono catastrofiche: il Pam stima che senza ulteriori aiuti alimentari 320mila persone nelle province settentrionali di Faryab e Balkh esauriranno le loro scorte entro una settimana. I 3,8 milioni di afghani attualmente nutriti dal Pam avranno cibo per sole tre settimane. Entro dicembre saranno alla fame anche 1,6 milioni di abitanti delle province del nord. Quali sono le priorità del Pam in questo momento? "Sfamare gli afghani ammassati alle frontiere e far arrivare cibo dove gli stock si stanno esaurendo, oltre a garantire sicurezza del nostro staff", afferma Khaled Mansour. Che ci assicura che comunque sono ancora in funzione alcune panetterie, che usano la farina fornita dal Pam, gestite dalle donne: 21 forni a Kabul dove lavorano 350 donne, che forniscono il pane a 43mila tra donne e bambini. Altre 20 panetterie sono ancora in funzione a Mazar-e-Sharif con 60 donne che sfamano 30mila persone. Queste panetterie sono state spesso chiuse dai taleban, ma sono indispensabili per sfamare soprattutto vedove e orfani.
Di fronte a questa situazione drammatica si stanno mobilitando i pacifisti a livello internazionale. Sull'esperienza delle iniziative fatte in Palestina e nei Balcani si sta organizzando una presenza pacifista europea (italiani, spagnoli, francesi) e americana in Pakistan - non essendo possibile andare in Afghanstan - a sostegno del popolo afghano. L'iniziativa, appoggiata dall'organizzazione delle donne afghane Rawa, è partita dall'Italia e sarà coordinata dalle Donne in nero.

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