23 Settembre 2001
 
 
  HOME PRIMA PAGINA
Italia infelice, crolla il Pil del sesso
Le donne importate con la forza dall'Africa e dall'est, gli uomini a caccia di tolleranza in Spagna. Perfino dal sud
ALDO BUSI

IIl sole sta svanendooo, l'estate se ne vaaa...
Come sta il prodotto interno lordo italiano in fatto di sessualità? Male, sta molto male: da una parte con l'importazione, spesso forzata, di negre, brasiliane e estive (anche nel senso di donne dell'Est) in generale, dall'altra con l'esportazione, a caro prezzo per la bilancia economica, del turismo sessuale legittimo (italiani adulti con persone adulte estere consenzienti e in rapporto di libero scambio e senza mercimonio).
Basterebbe andare in Spagna, meritatamente primo paese turistico europeo, per rendersi conto delle migliaia e migliaia di uomini italiani, giovanissimi maggiorenni, che vi trasbordano i portafogli per via dei cattolici ormoni pieni e repressi: fra Sitges, Ibiza, Malaga, Torre Molinos, le Isole Canarie, Madrid e Barcellona, mentre si fa strada nell'immaginario erotico anche protestante l'orribile beton di Benindorm e la freschissima e vitalissima Valencia, entrambe in attesa di sfondare l'anno prossimo e allinearsi per posti letto sugli altri siti, è tutto un pullulare di turisti italiani, di ogni inclinazione sessuale, fra i sedici e i sessant'anni alla ricerca di sesso (io compreso, va da sé, ma con la differenza che io, potendoci andare quando voglio e non solo fra luglio e agosto, non ho alcuna coazione a far presto e mettere in carniere, posso restarvi dieci giorni di cui undici in astinenza, come qui a Rio Bo, e non sentirmi defraudato). Le turiste italiane sì, ma fanno sesso con spagnoli e spagnole questi turisti italiani? Niente affatto ovvero pochissimo: con francesi, tedeschi, olandesi, danesi, americani, inglesi e fra italiani stessi. La Spagna presta loro le strutture (l'aria, perché più che mai attuale è quel detto "In Spagna ci trovi quel che ci porti") e un'assoluta tolleranza verso le droghe leggere e pesanti: non ci tornerò mai più), poi che se la vedano tra di loro. Nel senso che la Spagna se ne lava le mani, spesso anche quando dovrebbe sporcarsele un po': prezzi ormai esorbitanti a fronte di servizi scadenti, camere indecenti, cibo vile, taxi esosi, e non so cosa accade allorché il turista scivola nella miseria di un pronto soccorso per avvelenamento o di una consulenza legale o di un incidente stradale (ma so di una coppia di sposi brianzola con bambino, miei vicini di volo di ritorno, rapinata a Ibiza di tutto nella cassetta di sicurezza posta all'entrata dell'albergo e che, avendo protestato e trovandosi senza più una lira in tasca, è stata non solo non aiutata ma minacciata perché turbava la quiete e l'immagine ed è subito rientrata per evitare il peggio: e qui bisognerebbe sollevare il velo sull'inanità dei servizi consolari italiani all'estero, su cui molto posso dire in prima persona).
Poiché ovunque vada, sono riconosciuto e avvicinato da parecchi connazionali - e tanto che talvolta penso che dovrei mettere un inginocchiatoio davanti a ogni tavolino di bar o a ogni asciugamano sulla spiaggia in cui sosto con la testa mai fra le nuvole -, è per me molto semplice, spirito di osservazione a parte, avere informazioni di prima mano: quest'estate in Spagna c'è stato il boom degli uomini meridionali, e lì per la stessa ragione di quelli settentrionali e centrali, non certo per gli edifici di Gaudì o l'Alhambra o il Prado o, se a Sitges, per rendere omaggio a Lorca e Dalì lì in esilio durante Franco. Due su tre sposati sono con prole, e qui con il loro segreto amico (da dieci come da diciotto anni: da qui il mio vecchio e già riferito sospetto che se non fosse grazie agli omosessuali costretti tuttora a sposarsi, la razza umana sarebbe estinta da Aosta a Ustica). Tralasciando gli abruzzesi, qui a greggi in calore, se perfino i napoletani, i sardi, i calabresi, i siciliani, i pugliesi e i lucani sono costretti a venire in Spagna per bisogno di illusione di libertà - senza fare niente per meritarsela a casa loro e qui tacitata con alloggio e piccola colazione mediamente un terzo più cari che in Italia - e di "cose a cielo aperto", vuol dire che l'Italia sessuale, cioè politica nel modo più trasversale che esista, è proprio messa male: ma come, il sud non era il luogo dove tutto si nasconde e tutto si fa? Sì, certo, ma le giovani generazioni è appunto questo che non sopportano più: doversi nascondere per mezz'ora di sollievo dalla disoccupazione e dalla mafia; il senso del peccato e della colpa e dell'omertà non funzionano più a livello sessuale, farsi il segno della croce prima e dopo un'inculata non eccita più come una volta, deprime solo, e allora vengono qui a sfogarsi (e a lamentarsi delle loro città repressive, dove rientreranno per tirare a campare aspettando le prossime ferie o il prossimo martire in loco).
Mi si stringe il cuore al pensiero che perfino un napoletano - cento, mille, diecimila napoletani - sia ridotto a trovare sollievo sessuale (che altro non è che sollievo civile) in Spagna, nel senso che prima il napoletano (ma anche un lombardo come me) andava all'estero e vi immetteva sessualità (sangue, calore, senso dell'umorismo), ora ci va e la incamera, la porta via come un ladro, ne fa scorta per l'inverno a casa sua.
Già, la Spagna: la quale, se confrontata con l'Italia, non ti dà niente in fatto di ristoranti e di alberghi e di arte ma che ti dà la simpatia e la liberalità - oggi servizi senza prezzo, letteralmente - delle sue popolazioni e della sua democrazia almeno in fatto di diritti civili elementari e molto meno a parole che in Italia, dove fare del nudismo è ancora reato, dove un bacio in un giardino o una scopata in auto può essere considerato atto osceno in luogo pubblico, dove aprire un locale gay o una condomeria può sollevare un vespaio fra sagrestia, giunta e imprenditori, dove la prostituzione non è ancora legale e soggetta al fisco e dove ormai tutti gli adolescenti, giovani, i maturi e gli anziani che vedi in giro dopo le nove di sera sono o cocainomani o alcolisti o insulsi, e dove tutto il dibattito culturale sulla sessualità umana (dibattito politico per eccellenza, mica intimistico e minimalista e psicanalitico) è affidato alle misogine amenità di tale Buttiglione sulla revisione della legge sull'aborto terapeutico o sui confusionari e omofobi pots-pourris di tale (ministro o segretario non so di che) Pisanu che mischa "sculettamenti" del gay Pride e Social Forum o sui manifestini di Forza Nuova affissi a Roma che recitano "Ogni omosessuale è un pedofilo", documento da considerarsi vero e proprio crimine contro l'umanità e i cui responsabili dovrebbero essere catturati e processati al tribunale internazionale dell'Aja non meno di Milosevic.
Mi sentirei di arrischiare a dire che in Spagna, paese forse ancora più cattolico dell'Italia, non esiste tabù sessuale e in particolare modo omosessuale, il sesso fra adulti consenzienti non è fonte di discriminazione sociale e di piccineria bigotta, non è più tema di grande dibattito: ogni moralismo è giustamente considerato una perdita di tempo, come dire, legislativo, giuridico e preventivo/repressivo, cioè di tempo e di energia sottratti alla società civile che ha ben altro cui penare che fare i conti nell'elastico delle mutande dei suoi contribuenti.
Ah, infelici noi, infelice quel paese che deve esportare la sessualità dei suoi cittadini in Spagna o addirittura importarla dalla Costa d'Avorio e dal Kossovo! Ah, l'Italia, dove ormai, più dei limoni, fioriscono i coglioni coi coglioni a terra!

PRECEDENTE INIZIO SUCCESSIVO HOME INDICE