23 Settembre 2001
 
 
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Giro di vita
MANUELA CARTOSIO - MILANO

Riflessi pronti a Milano. Bossi e Fini hanno riscritto, peggiorandola, la legge Turco Napolitano, che già non era il massimo del vita (per gli immigrati); il governo quanche giorno fa l'ha approvata e il Milano Social Forum ieri ha fatto la prima manifestazione contro il giro di vite che "aggraverà ulteriormente la condizione di tutti gli immigrati, limiterà il diritto di vivere e lavorare in Italia, anche per quelli con il permesso di soggiorno".
Al presidio in piazza del Duomo, al sabato luogo di ritrovo degli immigrati, c'erano un migliaio di persone. La novità - rispetto ad analoghe iniziative solo di un anno fa - era la forte presenza di stranieri. Ormai prendono la parola, si autorganizzano, non delegano ad altri la loro difesa, distribuscono volantini prodotti da loro, testimoniano in che si può vincere la paura di "farsi vedere" in piazza anche sotto gli occhi delle polizia.
Al banchetto del collettivo "Todo cambia" distribuiscono foglietti multilingue che spiegano in nove punti i peggioramenti introdotti dalla coppia Bossi-Fini. "Tanti credevano che fosse la sanatoria", dice la peruviana Edda, una delle animatrici di "Todo cambia", collettivo creato dagli immigrati che frequentano la mensa dei cappuccini in piazza Tricolore. Il nome è in spagnolo, precisa Edda, "ma nel collettivo ci sono anche arabi e africani, non vogliamo fare il ghetto". C'è preoccupazione per la nuove legge, il governo Berlusconi ha i numeri per approvarla, e "dopo quel che è successo a New York" tutto diventa più complicato. Lei però non si dispera: "il movimento antirazzista non parte da zero, possono esserci alti e bassi, ma dobbiamo avere fiducia in noi stessi". Indica due "nemici" da battere: "il governo e la paura degli immigrati ad esporsi".
La colombiana Celmina, del circolo "Mi ranchito", dice che la nuova legge genera "più schiavismo, più disumanità, più clandestinità". L'intenzione, visto che le braccia degli stranieri servono, è di "selezionare" gli immigrati, dividerli tra loro, creare una guerra tra poveri. "Anche questo è razzismo". Basta salire su un autobus per capire cos'è cambiato dopo l'11 settembre: "quelli con la faccia da arabo o le donne con il fazzoletto sono guardati male, a una mia amica che non va neppure alla moschea la padrona ha fatto una scenataccia". Anche lei sottolinea l'importanta dell'autorganizzazione: "abbiamo bisogno dell'aiuto e della solidarietà degli italianni, ma dobbiamo fare le cose in prima persona, solo così gli immigrati si sentono sicuri e si avvicinano, partecipano".
Valeria fa l'insegnante volontaria in una scuola per stranieri. La legge Bossi-Fini, dice, "è disumana e ingiusta e per quel che ho capito non ha fondamento giuridico". Gli "scolari" - dal Senegal al Bangladesh - hanno percepito che ci sono brutte novità, chiedono spiegazioni, sono preoccupati. Valeria definisce il suo un doppio lavoro: "uno lo facciamo a scuola con gli immigrati, l'altro fuori, contro i pregiudizi della gente". Il secondo è sempre stato più duro anche in tempi normali, dopo l'attentanto alle Torri gemelle sarà peggio. "Però noi lo slogan della nostra scuola - Siamo tutti cittadini del mondo - non lo cambiamo". Uno striscione in piazza Duomo ribadiva lo stesso concetto: "Nessun essere umano è illegale".

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