23 Settembre 2001
 
 
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IMMIGRAZIONE
Un bel passo indietro nella continuità
La riforma della legge 40 non è né civile né efficace, ma si inserisce nel solco tracciato dal precedente governo. Ecco perché non c'è nessuna rivolta da parte dei cattolici, come lamenta l'ex ministro Livia Turco. Detto questo, le ulteriori chiusure dell'attuale maggioranza, al di là dei suoi propositi, determineranno più immigrazione clandestina
SERGIO BRIGUGLIO

Il governo Berlusconi ha presentato la sua proposta di revisione della normativa sull'immigrazione. Livia Turco si chiede - piuttosto alterata - perché mai le associazioni cattoliche non insorgano. Vengo in suo soccorso con due ipotesi. La prima è che questi giorni siano stati segnati da cose più gravi a cui pensare. La seconda è che quelle associazioni si siano addestrate alla pazienza per cinque lunghi anni, e che non vedano motivi sostanziali per maledire un disegno di legge che, in fondo, si limita ad aggravare un po' l'eredità già pesantissima in fatto di legge e di prassi lasciata dalla Turco e dai suoi colleghi. Intendo dire, con questo, che la riforma proposta da Berlusconi appaia civile ed efficace? Assolutamente no. Dico solo che non sarà il passaggio da pane ammuffito a gallette ammuffite a fare ammutinare la truppa.
Che cosa non funziona oggi nell'immigrazione? La faccenda è molto semplice, ma pare che un requisito per fare i politici, da noi, sia il non capirla. L'immigrazione è oggi essenzialmente un'immigrazione per lavoro; e per lavoro a bassa qualificazione. Di lavoratori di questo genere il nostro mercato ha un bisogno estremo. Ma, per assumerli, i nostri datori di lavoro vogliono vederli prima in faccia. Non è un capriccio; si tratta solo del fatto che un conto è assumere un ingegnere informatico un curriculum su Internet va benissimo altro conto è una colf: il curriculum non serve a niente; serve la fiducia. E la fiducia si stabilisce quando le parti si guardano in faccia. Perché possano farlo, o mandiamo i datori di lavoro in gita a Capoverde, o lasciamo che le capoverdiane entrino in Italia prima di avere un contratto di lavoro.
Quest'ultima è palesemente la soluzione più semplice, benché la tendenza dei governanti europei sia quella di strapparsi le vesti di fronte a questa prospettiva. In Italia, fino al 1999 ci si è attenuti rigorosamente alla tendenza strappa-vesti, consentendo formalmente l'ingresso ai soli lavoratori preventivamente assunti da un datore di lavoro. La legge Turco-Napolitano lascia spazio a possibilità di ingresso diverse: la più nota di queste è prevista dall'articolo 23, che consente, in particolare, al lavoratore cui uno sponsor garantisca un anno di mantenimento di entrare in Italia a cercare lavoro sul posto.
Questo meccanismo di ingresso per ricerca di lavoro ha avuto, tra gli immigrati, ma anche tra i cittadini italiani, un successo enorme: le domande di sponsorizzazione presentate in favore di lavoratori stranieri sono state numerosissime, a dispetto dei molti ostacoli burocratici imposti dalla normativa. Se ne può concludere che la legge Turco-Napolitano e i governi di centrosinistra hanno superato la vecchia chiusura sugli ingressi per lavoro? Neanche per idea: un conto è la legge, un conto è la sua applicazione.
Per il 2001 il governo Amato ha fissato un tetto massimo di sole quindicimila sponsorizzazioni. Sono andate esaurite in poche ore, a fronte dei due mesi previsti dal Legislatore per la presentazione delle domande.
Decine di migliaia di domande hanno ricevuto un diniego grazie alla miopia di quel governo. La stessa affermazione della Turco d'altra parte - secondo la quale Caritas e Migrantes l'avrebbero pregata in ginocchio, a suo tempo, di inserire nella legge l'istituto dello sponsor - la dice lunga su quanto piacesse ai nostri governanti questa modalità di ingresso.
Il governo Berlusconi, ora, propone di cancellarla del tutto, limitando al caso di preventiva assunzione la possibilità di ingresso legale di lavoratori stranieri. E' una sciocchezza, evidentemente: una sciocchezza nel solco della gestione precedente. Indurrà un numero più alto di lavoratori stranieri a percorrere vie di migrazione illegale. Ciascuno di loro osserverà infatti come, piuttosto che aspettare nel proprio paese una chiamata che non arriverà mai, convenga tentare la sorte, nella speranza di incontrare la fiducia di un datore di lavoro e di guadagnare, a valle della stipula di un contratto e di un temporaneo ritorno in patria, un reingresso legale in Italia.
La destra può obiettare: no, questo escamotage sarà stroncato dall'inasprimento delle sanzioni contro l'immigrazione clandestina. Può darsi ribatto io, ma questo equivale a dire che di immigrati per lavoro non ne entrerà più neanche uno (ingegneri informatici esclusi): non diciamo allora perché tutti i politici lo dicono fino alla nausea che l'Italia è ben disposta verso chi viene qui per lavorare. Altro che Caritas e Migrantes: dovrebbero protestare Confindustria, Confcommercio e Coldiretti!
C'è qualche speranza che l'approvazione di questo disegno di legge non si traduca in una banale accentuazione degli errori fatti dal precedente governo? Ce n'è una: la maggioranza che sostiene il governo non è affatto unita sul tema. La stessa assenza di macroscopiche chiusure rispetto alla legge attualmente in vigore è frutto di un dibattito acceso tra le diverse anime della coalizione di governo: quella moderata liberale o leghista (ex Dc, Forza Italia, Maroni) e quella fascista onesta (Tremaglia) da una parte; quella con la schiuma alla bocca (Bossi) o con i denti aguzzi (Fini) dall'altra.
La speranza è che la prima anima abbia un sussulto; che ritrovi l'orgoglio di un patrimonio di ideali che non coincidono ovviamente con gli ideali della sinistra, ma ideali sono, e degni di considerazione. E che imponga all'anima tetra e inutile un semplice emendamento al disegno di legge: possano accedere, di norma, a un permesso di soggiorno per lavoro anche quanti si trovino legalmente in Italia ad altro titolo, turismo incluso. Che significa? Significa consentire a chi voglia migrare per lavoro in Italia di venire, alla luce del sole, ad esplorare il nostro mercato con le proprie forze o con le forze di parenti o amici - da "turista", appunto - senza che il nostro sistema sociale se ne debba fare carico; senza che lo si debba annoverare tra i disoccupati per cui angosciarsi.
Quando trovi sul posto, entro i termini del soggiorno legale, una possibilità di occupazione non saturata dall'offerta di lavoro già presente gli si consenta di trasformarsi senza dover tornare prima in patria e senza vincoli di inutili quote in un migrante per lavoro. Questa soluzione - per inciso - è caldeggiata da tempo dalle associazioni che si occupano di immigrazione; ma è anche contemplata dalla direttiva da poco proposta dalla Commissione europea. La stessa soluzione era stata approvata dalla Camera, alla fine della scorsa legislatura, con il voto del centrosinistra e il parere favorevole di Forza Italia.
Dal 1986 ad oggi abbiamo regolarizzato, con sanatorie, quasi novecentomila immigrati. Nessuno di loro sarebbe venuto clandestinamente se avesse potuto usare un dispositivo come quello che suggerisco: venire in Italia con gli scafisti costa molto di più che venirci da turisti.
I politici di tutte le parti sembrano avere come massimo obiettivo quello di coniugare solidarietà e rigore. Propongo qualcosa di più: coniughino solidarietà e intelligenza. Lasciando il rigore a Bossi, a Fini, alla Turco e a Napolitano.

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