11 Settembre 2001
 
 
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DA NORDEST
Crimini oltre il giardino
GIANFRANCO BETTIN


Ilvo Diamanti, che conosce a fondo il Nordest e sa di cosa parla, ha scritto sul Gazzettino di domenica uno dei pochissimi articoli utili e sinceri su questa faccenda dei furti nelle ville. La cosa va segnalata, perché bisognerebbe vivere da queste parti per avere un quadro completo della paranoia, delle sciocchezze e delle vere e proprie infamie che intorno a questa storia si vanno inanellando. La peggiore è quella che ha visto Bossi collegare strettamente i furti nelle ville con la necessità di una nuova legge sull'immigrazione, alla quale sta egli stesso provvedendo.
Diamanti, come ogni persona dotata di buon senso, non nega affatto che vi siano bande straniere o, più spesso, bande miste di stranieri e di italiani dedite a questo e ad altri crimini. E neppure si può negare il carattere particolarmente odioso e, per così dire, emotivamente più incisivo, dell'irruzione dentro casa. In un territorio che della casa di proprietà, la casa unifamiliare, la "villetta" che si alterna al campanile e al capannone, ha fatto più che un obiettivo uno stile di vita, un attacco notturno a domicilio significa qualcosa come un attacco al cuore, un rischio che penetra il luogo più caro, laddove casa e proprietà fanno tutt'uno con famiglia e sicurezza.
Ciò che Diamanti mette in evidenza - sulla scorta di analisi e di riflessioni consolidate e approfondite - è il nesso tra il modello di sviluppo che ha distinto il Nordest negli ultimi quindici o vent'anni e alcuni fenomeni degenerativi, tra i quali questa fattispecie criminale. E' un discorso che anche su queste pagine è stato svolto spesso, a commento di molti episodi locali. Diamanti sottolinea, a partire dal fatto più eclatante di questi giorni, l'impatto sconvolgente che questo modello ha avuto sullo stesso paesaggio fisico e antropologico della regione.
Nelle case, oggi, c'è molta ricchezza. Per questo diventano un bersaglio, come le banche. Nella vasta provincia urbanizzata, le case più ricche hanno ancora il privilegio di uno spazio libero, di un po' di paesaggio residuo attorno a sè. Di questo spazio, nelle notti degli assalti, si fanno schermo gli incursori-rapinatori. Contro di essi si potrà e si dovrà affinare ogni strumento di repressione e di intelligence. I telegiornali e gli altri organi di informazione si affrettano a riferire, in questi giorni, dei rinforzi che il governo sta inviando nella regione (qualche volante, qualche equipaggio in più, qualche nuova stazione dei carabinieri aperta). Ma ogni sforzo poliziesco resterà vano se non si coglierà il nesso strutturale tra ridondanza del modello economico e sociale e le degenerazioni che produce, compresa quella criminale. E se non si non si comincerà a ragionare di regole e vincoli, di un nuovo ordine da organizzare a partire dalla tutela dei residui equilibri ambientali e sociali e dall'integrazione delle nuove componenti strutturali della realtà locale, a cominciare appunto dall'immigrazione. Altro che cogliere l'occasione del nuovo allarme sociale per continuare a ghettizzare e a deprivare di diritti e di cittadinanza gli immigrati (che la realtà del Nordest continua a pretendere in numero sempre maggiore, beccandosi infatti le reprimende di Bossi, come accaduto in questi giorni, con la polemica tra industriali veneti e il ministro della "devolution" che li accusa di volere troppi immigrati).
Anche se adesso si fanno sentire, insistenti, le sirene che cantano la solita solfa di ricette sbrigative - "legge e ordine", e nuovi ghetti - non ci sarà pace, nelle villette, senza un generale recupero di intelligenza, equilibrio, giustizia, dopo gli anni della smodatezza, della crescita cieca e sregolata.

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