09 Settembre 2001
 
 
  HOME PRIMA PAGINA
Accordo solo a metà
CONFERENZA ONU SUL RAZZISMO Compromesso a Durban: la schiavitù è un crimine contro l'umanità, ma senza risarcimenti
MARINA FORTI - DURBAN

Che finale confuso, la Conferenza delle Nazioni unite contro il razzismo, tra notizie di accordi e improvvise battute d'arresto. Frasi pesate col bilancino e questioni procedurali, sofismi linguistici e vocabolari ambigui. Che scena imbarazzante, per la conferenza che doveva in qualche modo celebrare in Sudafrica il tramonto della forma più estrema di razzismo istituzionalizzato del mondo contemporaneo, l'Apartheid sudafricano appunto - e per la prima volta doveva affrontare il sorgere di nuove forme di razzismo, l'emergere di movimenti xenofobi, la persecuzione di minoranze etniche, la riparazione dell'ingiustizia creata da secoli di colonialismo...
Solo nel tardo pomeriggio di ieri i delegati dei 170 paesi qui rappresentati hanno finito di approvare i due documenti che resteranno come atti ufficiali, la "Dichiarazione di principi" e il "Piano d'azione" contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le relative intolleranze - come recita il titolo completo della conferenza. Ma questo è avvenuto con ventiquattrore di ritardo sul previsto, con notevoli ginnastiche procedurali e dopo numerosi colpi di scena...
All'alba di sabato sembra fatta: un compromesso dell'ultimo minuto, nella notte, aveva permesso di trovare un linguaggio accettato sulle 2 questioni che hanno polarizzato la conferenza: la situazione in Medioriente e "le ingiustizie del passato", schiavitù e colonialismo. A distanza di pochi minuti, è stato annunciato prima un accordo sul documento che tratta di Medioriente - che circola ormai da giovedì sera - e poi su un nuovo testo su schiavitù e colonialismo.

Rammarico e vaghe promesse

Le parole sono state scelte con cura. La conferenza riconosce che "la schiavitù e la tratta transatlantica degli schiavi sono state terribili tragedie dell'umanità", e che "sono crimini contro l'umanità e avrebbero dovuto esserlo sempre, ... e sono tra le maggiori fonti di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia... e che gli africani e persone di origine africana, asiatici e persone di origine asiatica e popoli indigeni ne sono state vittima e continuano a essere vittima delle loro conseguenze". Le "sofferenze del colonialismo" sono citate in una frase ben distinta (non rientrano nel crimine contro l'umanità). La conferenza offre delle vaghe scuse alle vittime ma senza l'esplicita parola apology, bensì riconoscendo la "sofferenza" causata da schiavitù e colonialismo. C'è un "rammarico" (regret, che è meno impegnativo di remorse) per gli effetti di schiavitù e colonialismo, che "sono tra i fattori che contribuiscono a perduranti diseguaglianze economiche e sociali".
Infine, non c'è la parola reparations ma c'è un generale (e generico) accenno alla "necessità... di programmi per lo sviluppo sociale ed economico" dei paesi che hanno sofferto schiavitù e colonialismo e della Diaspora (i discendenti degli schiavi africani, gli asiatici, i popoli indigeni). Il documento cita la New African Initiative, il programma di sviluppo che si appresta a lanciare l'Unione Africana, e il nuovo Fondo mondiale di solidarietà, poi elenca: remissione del debito, programmi anti-povertà, per rafforzare istituzioni democratiche, per promuovere investimenti stranieri e accesso ai mercati, sicurezza alimentare, trasferimento di tecnologie, investimenti nella sanità... Lista lodevole ma alquanto futile, visto che i governi occidentali (quelli che dovrebbero risarcire) erano rappresentati a questa conferenza da alti funzionari o ministri degli esteri, nessuno con la delega a impegnare nuovi finanziamenti. Ma tant'è. Agli europei stava a cuore che queste formule non lasciassero adito a questioni legali e richieste di risarcimenti pecuniari da parte di stati o gruppi di persone, e sono certi di esserci riusciti: "Non ci possono essere conseguenze legali", rassicurava ieri Koen Vervaeke, portavoce del ministro degli esteri belga (che qui rappresentava l'Unione europea).

Approvati, con riserva

All'alba la ministra degli esteri sudafricana Nkosazana Dlamini-Zuma, presidente della Conferenza, poteva annunciare "un accordo generale". L'impasse era superato. Il comitato generale era convocato alle 8 del mattino, l'assemblea plenaria a mezzogiorno, per sancire con un voto l'approvazione dei documenti. Ma è stata tutt'altro che pacifica. Gli ambasciatori dell'Autorità nazionale palestinese - quello in Sudafrica, el Herfi, e quello presso l'Onu a New York Naser Alkidwa - hanno ripetuto più volte che i palestinesi vogliono il successo della conferenza: "non è questione di essere pienamente d'accordo con tutto". Ma gli stati dela Conferenza Islamica hanno diffuso un comunicato per esprimere "serie riserve" sul testo che riguarda il Medio oriente: "Nonostante riconosca la sofferenza del popolo palestinese sotto occupazione straniera, non condanna le politiche discriminatorie e le pratiche di Israele". I delegati di diversi stati arabi avevano tentato di aggiungere una frase per dire che "l'occupazione straniera ... è una fonte di discriminazione razziale". Il Canada, il Brasile e l'Ue hanno annunciato un voto contrario se quella frase fosse inserita: tutto sembrava di nuovo rimesso in discussione. Infine, l'assemblea plenaria ha votato contro un emendamento della Siria, che respingeva la frase "l'Olocausto non va mai dimenticato" (il genocidio degli ebrei è una responsabilità europea, non del resto del mondo, aveva argomentato l'ambasciatore Farouk al-Sharaa). Tutto il documento sul Medioriente è stato messo agli atti da trasmettere all'Onu, incluse le riserve di Siria e Iran e di Canada e Australia (in senso opposto).
Nonostante i sofismi e le frasi volutamente vaghe, le Nazioni unite ora hanno all'attivo nuove dichiarazioni di principi e un nuovo piano d'azione: non sono trattati vincolanti, ma sono pur sempre principi e strategie che 170 governi si impegnano ad applicare. Per la prima volta un documento delle Nazioni unite contiene "un riconoscimento storico della natura criminale della schiavitù e dell'obbligo morale a ripararne le conseguenze", ha fatto notare in serata Reed Brody, dell'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch: "Gli attivisti in tutto il mondo userano questa dichiarazione nel periodo a venire".

PRECEDENTE INIZIO SUCCESSIVO HOME INDICE