05 Settembre 2001
 
 
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Palestina, il razzismo sulla pelle
STEFANO CHIARINI

Gli Stati uniti dovrebbero prestare più attenzione alle pratiche israeliane e all'occupazione del popolo palestinese che alle parole usate a Durban per descriverle". Con queste parole il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha commentato il ritiro della delegazione americana dalla conferenza contro il razzismo in corso a Durban. Dello stesso tono il commento di un altro esponente palestinese, il ministro dell'informazione Yasser Abed Rabbo, secondo il quale: "Il governo del razzista Sharon è responsabile per il bagno di sangue e per i caduti delle due parti. Durban ha mostrato che il razzismo distrugge le sue vittime e distrugge se stesso". La stampa palestinese e lo stesso esperto di problemi palestinesi del quotidiano israeliano "Ha'aretz", Danny Rubinstein, considerano in realtà quanto avvenuto a Durban come "la più importante vittoria diplomatica e di pubbliche relazioni dei palestinesi dall'inizio dell'Intifada ad oggi". Il fatto che migliaia e migliaia di delegati provenienti da tutti i paesi e da tutte le minoranze perseguitate del mondo abbiano espresso la loro simpatia e la loro solidarietà all'Intifada palestinese, nonostante i diktat americani e le pressioni dell'Unione europea -anch'essa "neutrale" tra oppressori e oppressi e quindi dalla parte dei primi contro le vittime- costituisce senza dubbio un importante successo politico.
Ancor più importante se paragonato alla inazione dei governi arabi. Il giornale Al-Hayat al-Jadida, portavoce dell'Autorità palestinese, sosteneva ieri a tale proposito che i palestinesi sono andati in massa a Durban -a cominciare da Jamal al-Dura il padre di Mohammed al Dura il ragazzo ucciso all'inizio dell'Intifada sotto gli occhi delle telecamere di tutto il mondo- "per domandare quella giustizia che non hanno ricevuto a Washington". "Siamo venuti in Sudafrica -ha scritto il giornalista palestinese Hafez Barghouty- per mostrare al mondo il nostro corpo torturato, e i corpi dei nostri bambini e dei nostri eroi -vittime del razzismo e dell'occupazione", per poi concludere, "Noi non siamo schiavi. Siamo nati liberi e rimarremo liberi e resisteremo a tutti i compromessi che ci vengono proposti dai mercanti di schiavi". A Durban in altre parole, secondo la stampa palestinese, vi sarebbe stata una sorta di rivolta delle Ong prima e di parte dei governi del sud del mondo, ma non solo di queste, contro l'enormità di quanto sta avvenendo in Palestina. Una rivolta contro il fatto che violazioni dei diritti umani, della Convenzione di Ginevra, delle risoluzioni dell'Onu, condannate quando avvengono in altre parti del mondo vengono invece accettate quando le vittime sono palestinesi. Pratiche coloniali come quella degli insediamenti, la pulizia etnica ai danni degli arabi a Gerusalemme, gli omicidi politici, i bombardamenti e il blocco su base anch'essa etnica dei territori occupati (i coloni possono circolare come vogliono), sono invece emerse per la prima volta con chiarezza sulla scena di un importante forum internazionale. L'Autorità palestinese in questi giorni punta apertamente su una soluzione del conflitto a livello internazionale, citando quanto avvenuto nella ex jugoslavia, in Kosovo e in Macedonia, e vede nel ritiro da Beit jalla dei carri armati di Sharon prima e nella confeenza di Durban poi due primi passi in questa direzione. "Fino a quando - si chiedeva l'agenzia palestinese in un suo commento- gli Stati uniti potranno continuare a remare contro corrente?". Per il momento Washington non sembra molto impensierita e punta ad assumere il controllo diretto degli eserciti arabi in modo da togliere loro qualsiasi volontà di resistere ad Israele. A tal fine cominciano nelle prossime settimane in Egitto delle nuove mega-esercitazioni militari in funzione chiaramente anti-Siria e anti-Iraq alle quali parteciperanno oltre 15.000 marines oltre a contingenti egiziani, giordani, kuwaitiani,greci, italiani tedeschi Fran
cesi, britannici e spagnoli.
Le manovre si collocano in un momento estremamente drammatico. Ieri mattina un attentatore suicida, malamente travestito da ebreo ortodosso, quando ha visto avvicinarsi due soldati si è fatto saltare in aria con il suo zainetto pieno di esplosivo a Gerusalemme ovest. Lo scoppio ha fatto scempio del suo corpo (la testa è finita nel cortile di una scuola adiacente) e ha investito uno dei due poliziotti ferendolo in modo grave. Intanto l'Unione europea continua a non fare nulla se non a sostenere l'ipotesi di improbabili vertici tra Arafat e Peres destinati, in mancanza di serie pressioni su Israele perché ponga fine alla sua aggressione ai territori occupati, al più totale fallimento.

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