04 Settembre 2001
 
 
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Viaggio infinito
I 433 profughi rifiutati dall'Australia verso la Nuova Guinea
SIMONA MANNA

E' cambiato qualcosa per i 433 profughi che da ormai nove giorni sono in mezzo all'oceano indiano in attesa di sbarcare in terra ferma. Da ieri non si trovano più sulla Tampa, il mercantile norvegese che li aveva soccorsi lunedì scorso sulle acque indonesiane. Ora sono sul Manoora, una nave trasporto della marina australiana, che li sta portando verso la Nuova Guinea, altra, ennesima tappa del loro interminabile viaggio. Quattro membri dell'equipaggio indonesiano, invece, sono stati identificati durante le operazione di trasbordo e arrestati. Potrebbero essere accusati di violazione delle leggi australiane sull'immigrazione per aver trasportato illegalmente i profughi dalle acque indonesiane fino alle acque territoriali di Canberra.
Il trasbordo da una nave all'altra è cominciato nel pomeriggio (ora locale, in Italia era mattina). A un miglio dalla costa dell'isola australiana di Christmas una trentina di scialuppe hanno fatto avanti e indietro per trasbordare tutti i clandestini al Manoora. Il "trasloco" è stato effettuato in grande fretta, poco più di due ore, per consentire alla nave australiana di salpare in serata. Ci vogliono dieci giorni, infatti, per raggiungere Port Moresby, in Nuova Guinea. Qui i profughi non avranno tempo per riposarsi. Dovranno subito ripartire, divisi in due gruppi: uno prenderà l'aereo per la Nuova Zelanda, e uno per il minuscolo stato-isola di Nauru, nella micronesia. Questo è quello che si è deciso per ora, anche se la Corte federale australiana sta ancora verificando se l'Australia ha agito legalmente rifiutando di prestare gli aiuti umanitari necessari previsti dalla convenzione Onu. Se si dovesse accertare l'illegalità, il premier John Howard dovrà accettare tutti i profughi e dare loro asilo politico.
Insomma, la vicenda si arricchisce di paradossi. Quello macroscopico è che l'Australia spenderà, per questa operazione di trasferimento, l'equivalente di venti miliardi di lire, cifra che supera di gran lunga quella che avrebbe sborsato per accogliere i profughi e ospitarli per un anno. Il trasferimento, poi, è stato avviato senza aspettare prima l'esito della Corte federale sulle responsabilità effettive dell'Australia, cosa che al massimo si saprà domani. Tutto questo senza considerare l'assurdo e interminabile viaggio che i 433 clandestini stanno affrontando da giorni. Partiti, i più lontani, dall'Afghanistan, sono arrivati sino in Indonesia. Da qui è partita la "carretta del mare" sulla quale rischiavano di morire - e che però avevano pagato 1000 dollari ciascuno perché li portasse in Australia - e sono riusciti ad arrivare sino al largo dell'isola di Christmas, dove sono rimasti una settimana. E ora altri dieci giorni in mare aperto sino alla Nuova Guinea, forse inutilmente. Ma in Australia, a quanto pare, la cosa non sembra per niente allucinante. Il giudice Tony North, che sabato aveva bloccato l'operazione "trasloco" perché la considerava disumana, ieri ha dichiarato che "i termini dell'accordo sono poco usuali, ma mi sento soddisfatto". E il leader dell'opposizione Kim Beazly ha giudicato la decisione della corte un "segnale positivo".
A bordo le condizioni generali dei profughi sembrano buone, secondo quanto riferisce Richard Danziger, dell'International Organization for Migration. Sulla nave militare Manoora, poi, è attrezzato anche un ospedale, che potrà essere utile non solo per i profughi debilitati ma soprattutto per le quattro donne incinte e i 43 bambini. I clandestini, prima che la corte desse il suo consenso per partire verso la Nuova Guinea, avevano scritto al premier australiano Howard una lettera drammatica in cui, in un inglese incerto, chiedevano "abbiate pietà per la nostra vita".
I cittadini australiani, intanto, non si mostrano impietositi, e fanno muro contro quei pochi politici favorevoli ad accogliere i profughi, che hanno ricevuto pacchetti anonimi con proiettili e detonatori. Paese strano, l'Australia. Talmente strano che, per ringraziare la nave norvegese Tampa, che ieri ha lasciato le acque australiane, ha pensato di salutarla gioiosamente sparando fuochi d'artificio dall'isola di Christmas.

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