01 Settembre 2001
 
 
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DA NORDOVEST
La giostra dei soliti poveracci
ALESSANDRO ROBECCHI


Una volta c'erano le giostre. Il calcinculo, la pista dei go-kart, e soprattutto le montagne russe. Stavano lì da trent'anni, erano le giostre di Milano e tutti quelli che vivono qui ci sono andati almeno una volta nella vita, chi da bambino e chi no. Si sa quel che succede ai produttori quando la produzione cessa: restano lì come pinguini nel deserto. Così anche a Milano, chiuse le giostre, sono rimasti i giostrai, nelle loro roulotte: niente più bimbi che se ne vanno col pesciolino rosso e niente più grida dall'ottovolante, ma i giostrai restano lì, in attesa che il comune trovi loro un posto. Da anni.
Ok, basta con il romanticismo. Giochiamo a Risiko, piuttosto. Il fatto che un pugno di giostrai, con le loro roulotte, i panni stesi e tutto quanto, sono rimasti impantanati in uno strano posto, in una zona centrale della città più ricca d'Italia, un'enclave di poveracci in un angolo di pianeta dove il metro quadrato costa sei e anche otto milioni. Intrappolati - cosa sarebbe se non un'enclave di giostrai? - su un terreno di proprietà dell'architetto De Mico che tutti potranno ricordare andando a scorrere la cronaca nera degli anni craxoni. Lì, sopra i giostrai, il De Mico vuole tirar su dei grattacieli. Il Comune, invece, l'efficiente comune di Milano, lì (sempre sulla capoccia dei giostrai) vorrebbe tirar su la mitica Città della moda, un profluvio spaventoso di metri cubi di cemento. Capirete che la situazione è disperata: mentre due grandi potenze si contendono un'area che vale centinaia di miliardi, una piccola comunità si ostina a viverci sopra: la metafora è fatta. Vincerà De Mico il braccio di ferro per la speculazione prossima ventura? Vincerà quella filiale della Spectre di Arcore che è il comune di Milano? Non lo so, ma posso dirvi con una certa sicurezza chi perderà: gli sfigatissimi giostrai. Che un po' alzano la voce, un po' promettono resistenza e intanto incontrano l'ufficiale giudiziario sotto il temporale di fine agosto.
Mi fermerei volentieri a questa violenza privata (come i capitali che entreranno in gioco) e a questa vergogna pubblica (qualcosa di pubblico deve pur rimanere). Purtroppo c'è dell'altro. Entro metà ottobre le roulotte dei giostrai senza giostre dovranno andarsene, e già si parla di trasferirli in un'area di riserva, quella di via Trubetskoy, zona Greco. Sulla quale area, però, vivono (vivono?) altre famiglie, altri profughi. Albanesi, marocchini e altri ancora. Quello che hanno sono baracche in legno e cartone. Quello che non hanno il permesso di soggiorno. Dunque i giostrai, sfrattati dal posto loro verranno deportati lì, usati come manganello per colpire altri poveri. Una minoranza spostata di forza che sfratta un'altra minoranza che oltretutto - come si scoprirà alla bisogna - non è in regola. Pussa via. Usare i penultimi per picchiare gli ultimi, si sa, non una cosa nuova, e vedremo presto poveri giostrai in roulotte scacciare poverissimi clandestini in capanne. Intorno, in tutta la zona di Greco e in tutta la nobile e ricca città di Milano, decine di aree dismesse, giacciono vuote e silenziose. Pronte per la prossima speculazione.

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