DA NORDOVEST
La giostra
dei soliti
poveracci
ALESSANDRO ROBECCHI
Una volta c'erano le giostre. Il calcinculo, la pista dei go-kart,
e soprattutto le montagne russe. Stavano lì da trent'anni, erano
le giostre di Milano e tutti quelli che vivono qui ci sono andati
almeno una volta nella vita, chi da bambino e chi no. Si sa quel
che succede ai produttori quando la produzione cessa: restano lì
come pinguini nel deserto. Così anche a Milano, chiuse le
giostre, sono rimasti i giostrai, nelle loro roulotte: niente più
bimbi che se ne vanno col pesciolino rosso e niente più grida
dall'ottovolante, ma i giostrai restano lì, in attesa che il
comune trovi loro un posto. Da anni.
Ok, basta con il romanticismo. Giochiamo a Risiko, piuttosto. Il
fatto che un pugno di giostrai, con le loro roulotte, i panni
stesi e tutto quanto, sono rimasti impantanati in uno strano
posto, in una zona centrale della città più ricca d'Italia,
un'enclave di poveracci in un angolo di pianeta dove il metro
quadrato costa sei e anche otto milioni. Intrappolati - cosa
sarebbe se non un'enclave di giostrai? - su un terreno di
proprietà dell'architetto De Mico che tutti potranno ricordare
andando a scorrere la cronaca nera degli anni craxoni. Lì, sopra
i giostrai, il De Mico vuole tirar su dei grattacieli. Il Comune,
invece, l'efficiente comune di Milano, lì (sempre sulla capoccia
dei giostrai) vorrebbe tirar su la mitica Città della moda, un
profluvio spaventoso di metri cubi di cemento. Capirete che la
situazione è disperata: mentre due grandi potenze si contendono
un'area che vale centinaia di miliardi, una piccola comunità si
ostina a viverci sopra: la metafora è fatta. Vincerà De Mico il
braccio di ferro per la speculazione prossima ventura? Vincerà
quella filiale della Spectre di Arcore che è il comune di Milano?
Non lo so, ma posso dirvi con una certa sicurezza chi perderà:
gli sfigatissimi giostrai. Che un po' alzano la voce, un po'
promettono resistenza e intanto incontrano l'ufficiale
giudiziario sotto il temporale di fine agosto.
Mi fermerei volentieri a questa violenza privata (come i capitali
che entreranno in gioco) e a questa vergogna pubblica (qualcosa
di pubblico deve pur rimanere). Purtroppo c'è dell'altro. Entro
metà ottobre le roulotte dei giostrai senza giostre dovranno
andarsene, e già si parla di trasferirli in un'area di riserva,
quella di via Trubetskoy, zona Greco. Sulla quale area, però,
vivono (vivono?) altre famiglie, altri profughi. Albanesi,
marocchini e altri ancora. Quello che hanno sono baracche in
legno e cartone. Quello che non hanno il permesso di soggiorno.
Dunque i giostrai, sfrattati dal posto loro verranno deportati
lì, usati come manganello per colpire altri poveri. Una minoranza
spostata di forza che sfratta un'altra minoranza che oltretutto -
come si scoprirà alla bisogna - non è in regola. Pussa via. Usare
i penultimi per picchiare gli ultimi, si sa, non una cosa nuova,
e vedremo presto poveri giostrai in roulotte scacciare
poverissimi clandestini in capanne. Intorno, in tutta la zona di
Greco e in tutta la nobile e ricca città di Milano, decine di
aree dismesse, giacciono vuote e silenziose. Pronte per la
prossima speculazione.
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