Disegno clandestino
La maggioranza si spacca sull'immigrazione. Rinviato il
ddl. Tremaglia contro Fini
TERESA CAMPAGNA -
ROMA
Ci sono regole di ordine, ma anche regole di civiltà di cui
tenere conto. Mi opporrò a tutte le leggi sull'immigrazione, da
qualunque parte vengano, che prevedano reati di clandestinità".
Parola di ministro. Mirko Tremaglia da Marcinelle, in Belgio -
nel giorno del ricordo degli oltre cento immigrati italiani morti
in una miniera nel 1956 a mille metri di profondità - si schiera
contro la legge Bossi-Fini e prende decisamente una strada
differente dal leader del suo partito. Le parole di Tremaglia
danno un duro colpo alla parvenza di pace del governo che oggi
prenderà in esame il disegno di legge sull'immigrazione soltanto
per concordarne il rinvio all'autunno.
All'interno della maggioranza la proposta di introdurre il reato
di "permanenza clandestina" aveva già sollevato le proteste del
Ccd (la cui unica preoccupazione riguarda, però, l'intasamento
della macchina giudiziaria italiana) e dei moderati cattolici,
alle quali si aggiunge adesso anche quella del ministro di An per
gli italiani all'estero. Tremaglia non ha usato mezzi termini
contro le proposte che portano la firma del vicepremie. "La nuova
legge - ha detto davanti agli emigranti italiani a Marcinelle -
non dovrà prevedere nè il reato di clandestinità nè l'istituto di
contratto a termine. E' un discorso di dignità e di coerenza.
Vogliamo - ha aggiunto - che quanti sono costretti a cercare
all'esterno un lavoro e una vita migliore abbiano gli stessi
diritti che per anni abbiamo chiesto per i nostri emigrati". Per
opporsi alle due ipotesi contestate, il ministro ha detto che si
avvarrà del consiglio generale degli italiani all'estero.
"Dobbiamo studiare - è la sua controproposta - una linea uguale
per tutti i paesi europei, qualitativa e non discriminante".
Il vice presidente del consiglio incassa, Bossi scalpita,
l'annunciato rinvio della discussione sul ddl sarebbe per lui la
seconda batosta dopo il fallimento della devolution.
Sull'altro fronte, l'opposizione si augura che la maggioranza di
centrodestra capisca che l'Italia non ha bisogno di stravolgere i
principi dell'attuale normativa sull'immigrazione. Giulio
Calvisi, responsabile immigrazione dei Ds ribadisce che "la
Turco-Napolitano è una legge rigorosa ed efficace nel controllo
dell'immigrazione clandestina e in linea con le legislazioni
degli altri paesi europei per quanto riguarda i diritti degli
stranieri e le politiche di integrazione". La legge varata dal
precedente governo (è la rivendicazione di Aniello Di Nardo
dell'Udeur) ha consentito la riduzione del settanta per cento
dell'immigrazione clandestina. Una legge - ha ripreso il diessino
Calvisi - che stabilisce "quote d'ingresso basate sull'etnia, che
autorizza l'uso delle armi contro i clandestini, che ha la
presunzione di trasformare le ambasciate in uffici di
collocamento e di comminare fino a quattro anni di carcere per
chi viola le norme di ingresso e di soggiorno, andrebbe di certo
incontro alle sanzioni dell'Ue".
Enrico Letta, della Margherita, attacca "l'impianto e la
filosofia del disegno di legge sull'immigrazione che non
promettono nulla di buono. L'unica idea è quella di un giro di
vite che cavalca paure ed egoismi".
Per l'ex-ministro dell'industria l'obiettivo del ddl Fini-Bossi
appare chiaro: "non vogliamo immigrati, salvo il minimo
indispensabile per le esigenze delle imprese, per il minor tempo
possibile e in assoluta precarietà, affinchè sia più facile
liberarcene. E' - ha concluso - una sorta di immigrazione usa e
getta, una logica inaccettabile culturalmente e strategicamente".
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