05 Agosto 2001
 
 
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La concia dei cinesi
Empoli, sfruttavano i connazionali. Chiuse due aziende
RICCARDO CHIARI - FIRENZE


Immigrati cinesi senza permesso di soggiorno fatti lavorare dalle dieci alle dodici ore al giorno. Costretti a mangiare e dormire negli stessi ambienti, vecchie case coloniche e casolari trasformati in laboratori di pelletteria dai titolari delle piccole aziende, anch'essi cinesi. Se qualcuno poi voleva uscire la sera per incontrare dei connazionali, doveva chiedere il permesso ai padroni. Tutto questo è stato raccontato dagli stessi immigrati ai carabinieri, che venerdì sera con un doppio intervento hanno bloccato - almeno per qualche giorno - il lavoro di due delle centinaia di ditte cinesi registrate alla Camera di commercio di Empoli.
In un casolare di Martignana, alle porte della città, i militari hanno scoperto due immigrati irregolari e hanno arrestato il proprietario del laboratorio, un uomo di 35 anni. Dentro una casa colonica di Gavena, nei pressi di Cerreto Guidi, sono stati trovati altri nove clandestini. Anche in questo caso i responsabili dell'azienda, un uomo di 44 anni e una donna di 31, sono stati arrestati. Per i tre "imprenditori" l'accusa è quella di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, finalizzata al profitto.
Dai racconti dei lavoranti viene fuori ancora una volta una realtà fatta di paghe miserabili, condizioni di semischiavitù e continui ricatti legati alla mancanza dei documenti. Sull'altro fronte gli arrestati, proprietari di auto di lusso e di furgoni nuovi di zecca per il trasporto della merce. La punta di un iceberg, che vede ormai nell'empolese un altissimo numero di aziende cinesi di confezioni o pelletteria, addirittura superiore a quello registrato nel comprensorio fiorentino.
I ritmi di lavoro a ciclo continuo, e di conseguenza la grande velocità nel soddisfare le richieste dei dettaglianti, hanno fatto prendere alle piccole imprese cinesi il posto degli ormai scomparsi lavoranti a domicilio. Una parte delle aziende è in regola, un'altra gioca quotidianamente una partita sul filo del rasoio, ricorrendo alla manodopera clandestina. Negli ultimi anni ci sono state almeno tre inchieste della magistratura che hanno gettato una luce sinistra sulle attività della comunità cinese tra Firenze ed Empoli: dai traffici di merce umana, alla riduzione in schiavitù dei "senza nome" approdati in Toscana da alcune province del paese asiatico. Difficile rompere un'omertà diffusa, aiutata dalle difficoltà nella reciproca comprensione, ma anche da vendette che hanno già portato all'omicidio.

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