01 Agosto 2001
 
 
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Crescita e povertà
I dati Istat rivelano: ricchi e poveri sempre più lontani, soprattutto al nord
FRANCESCO PICCIONI

Il 2000 è stato un anno di forte crescita economica, ma i poveri - in Italia - non se ne sono accorti. Anzi, misurando il divario che li separa dalla parte medio-alta della popolazione, possono agevolmente constatare che le distanze sono sensibilmente aumentate.
E' il succo che si ricava dal rapporto annuale sulla povertà in Italia elaborato dall'Istat. Grande attenzione è stata posta dai ricercatori - guidati dalla dottoressa Giuliana Coccia - nella definizione dei concetti e degli strumenti euristici usati. Come nel caso della differenza tra "povertà relativa" (i redditi al di sotto del milione e 569mila lire, per una coppia) e povertà assoluta (al di sotto del milione e 55mila). Due nozioni che caratterizzano non solo un livello di reddito, ma un modo di vita, visto che la povertà "assoluta" è definita come l'impossibilità di accedere a "un paniere di beni e servizi" (da cui sono state escluse le spese per sanità e istruzione, considerate totalmente a carico dello stato) divenuti fondamentali nell'attuale modo di vita.
La soglia della povertà relativa è stabilita prendendo a misura "la spesa media procapite per consumi". E' "relativamente povera" quella coppia che spende in un mese quanto un individuo medio consuma da solo (circa un milione 600mila lire). La cifra cresce ovviamente nel caso di famiglie più numerose, depurata delle piccole "economie di scala" possibili in tali casi. Le famiglie italiane al di sotto di questa soglia sono comnque 2.707.000 (il 12,3%), pari a quasi 8milioni di persone (il 13,9% della popolazione). La differenza percentuale si spiega con il fatto che, logicamente, la povertà aggredisce più facilmente i nuclei famiiari con diversi figli a carico. Rispetto all'anno precedente c'è una crescita dello 0,4%, troppo piccola - rispetto al possibile margine d'errore derivante dal campione - per esser significativa. Vengono però confermate le risultanze degli anni precedenti: maggiore concentrazione di poveri al sud (il doppio che al nord), tra le persone anziane, con più basso livello di scolarizzazione, con meno accesso al mercato del lavoro. A questo 12,3% potrebbe essere aggiunto senza forzature un altro 8,3% di famiglie "quasi povere", con un reddito di coppia inferiore a un milione e 880mila lire. Il totale supererebbe il 20% della popolazione.
Vanno però segnalate alcune tendenze relativamente nuove. 1) Aumentano i lavoratori poveri, ossia quanti restano al di sotto della soglia indicata pur avendo un lavoro; un indicatore indiscutibile di un livello dei salari complessivamente basso e tendente a scendere sotto la soglia della "riproduzione". 2) E' stata annullato il divario statistico tra famiglie con "figura di riferimento" (o capofamiglia) maschile o femminile. Almeno a livello della povertà, insomma, sembra che esser uomo o donna (con persone a carico) non faccia più differenza. 3) E' per la prima volta in aumento la povertà nel nord del paese (dal 5 al 5,7%), che pure ha fatto registrare nel 2000 la quota maggioritaria della crescita del prodotto interno lordo.
La "povertà assoluta" (che definisce una particolare quota della popolazione compresa nella "povertà relativa") si presenta distribuita grosso modo nelle stesse proporzioni rispetto a distribuzione geografica, istruzione, età, composizione del nucleo familiare. Il 4,3% delle famiglie e quasi 3 milioni di persone vivono al di sotto del livello di vita "socialmente accettabile". E non si parla qui di barboni o senza fissa dimora, ma di famiglie "normali", con casa in affitto (quasi sempre "popolare", ecc).
Tornando all'influenza della positiva congiuntura economica, dice l'Istat, si può vedere come questa abbia comportato un aumento delle famiglie povere anche e soprattutto là dove più forte è stata la crescita, nel nord. L'apparente paradosso è presto sciolto: la distribuzione della ricchezza prodotta non è avvenuta proporzionalmente, ma ha premiato i quartieri medio-alti della popolazione. Quanti erano ai piani bassi non hanno magari visto peggiorare il proprio standard di vita (in termini assoluti), ma sono rimasti ancora più indietro rispetto a chi li precede nella scala sociale. E poiché il livello della povertà è stabilito rispetto alla spesa media, ecco che chi è rimasto "fermo" è - in termini relativi - automaticamente arretrato.
Un modo come un altro di dimostrare che "il mercato", lasciato libero di fare e disfare, non riesce a diminuire la povertà neppure quando l'economia va a gonfie vele. Anzi, la fa aumentare.

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