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Milano - Immigrati, in 160 mila nelle periferie della città
by dal corriere Saturday, Nov. 12, 2005 at 1:36 PM mail:

I comitati di quartiere: una consulta per l’integrazione.

Una consulta cittadina con i rappresentanti delle maggiori comunità extracomunitarie milanesi. Per affiancare la giunta nella soluzione delle questioni legate all’integrazione. L’idea è del coordinamento dei comitati di quartiere. Ma piace al vicesindaco, Riccardo De Corato. Intanto anche l’opposizione si mobilita sul tema caldo delle periferie. Bruno Ferrante, ex prefetto e candidato alle primarie dell’Unione, annuncia, in caso di vittoria alle elezioni, la costituzione di un assessorato all’Immigrazione. Le banlieue parigine messe a ferro e fuoco dagli immigrati sono sempre più vicine. L’odore di bruciato si percepisce nei palazzi della politica cittadina. Lo ha sottolineato giovedì scorso lo stesso ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu: «in futuro anche le nostre metropoli avranno di che piangere se falliranno le politiche sull’immigrazione».
Per evitare di dover estrarre i fazzoletti dal cassetto, c’è anche chi suggerisce di aprire le porte della giunta a un assessore straniero. «Dobbiamo allargare gli orizzonti - dice Carlo Montalbetti, presidente dei comitati di quartiere - anche questa possibilità va presa in considerazione». Mentre l’assessore ai Servizi Civici, Giancarlo Martella, propone una soluzione all’annosa questione dei tempi lunghissimi per i rinnovi dei permessi di soggiorno (oggi a Milano si aspetta anche un anno): «Si tratta di ritardi inammissibili per una città moderna - registra Martella -. Alla questura proponiamo una gestione congiunta delle pratiche».
Dal canto suo il vicesindaco getta acqua sul fuoco della polemica. Senza disinnescare del tutto l’allarme del ministro dell’Interno. «E’ vero, senza interventi antidegrado la situazione nelle periferie potrebbe degenerare - ammette De Corato -. Ma si tratta semplicemente di continuare sulla strada imboccata da questa amministrazione: riqualificazione delle aree dismesse e lotta all’abusivismo. Il vero problema di Milano sono i 24 campi nomadi abusivi».
Secondo le stime della fondazione Ismu, i clandestini a Milano sarebbero circa 30 mila. A oggi, secondo i dati del Comune, gli stranieri iscritti all’anagrafe sono 161.067. «Di questi, circa 140 mila provengono da paesi ad alta pressione migratoria», valuta Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’università Bicocca. Poi ci sarebbero altri 10 mila regolari non iscritti in anagrafe. «Morale, gli immigrati a Milano sono circa 180 mila», tira le somme l’esperto. Certo è che il sistema produttivo milanese continua a dimostrarsi affamato di manodopera straniera. Secondo l’Osservatorio del lavoro della Provincia, negli ultimi quattro anni la quota degli avviamenti al lavoro extracomunitari è raddoppiata: dal 10 per cento circa del 2001 al 23 del secondo trimestre di quest’anno. Fortissima la presenza di colf e badanti: 30 mila in città e 57 mila in provincia secondo la Cgil metropolitana.
La più alta concentrazione di stranieri si ha nell’area Nord della città. Secondo un’indagine del Comune aggiornata a oggi, in zona due è straniero poco meno di un abitante su cinque. Segue la zona nove (14,3 per cento di immigrati). Complessivamente, a Milano gli stranieri regolari sono il 12,3 per cento dei residenti. In zona uno si concentrano le nazionalità tipiche di colf e badanti: filippini e srilanchesi. Mentre gli egiziani sono presenti soprattutto in zona nove.
La Camera di Commercio, attraverso un’indagine del suo Osservatorio sul mercato immobiliare in collaborazione col Certet-Bocconi, sottolinea l’esistenza di un’emergenza casa che coinvolge in prima linea gli stranieri. «Qualunque sia la prossima amministrazione, è necessario che il pubblico eserciti il più possibile un’azione di governo consapevole delle periferie - raccoglie la palla Francesca Zajczyk, sociologa dell’università Bicocca -. Qui non si tratta di agire su singoli progetti di riqualificazione ma di avere un progetto d’insieme. Anche perché non tutte le periferie hanno pari opportunità di riscatto: gli investimenti dei privati si concentrano nelle aree dismesse».

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