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REGOLE / Vertice dei ministri dell’Interno dell’Unione per far nascere il corpo multinazionale di agenti. Il Viminale: cominciamo dagli aeroporti, ma non diventeremo una fortezza

Polizia europea anti-clandestini, via all’esperimento da questa estate

ROMA - Un corpo multinazionale di agenti e funzionari, con diversi centri decisionali sparsi per il Continente. Più un organo collegiale che coordina il lavoro di tutti. Compito principale: arginare l’immigrazione clandestina. E’ la polizia di frontiera europea, che comincia ora a muovere i primi passi. Addirittura da quest’estate, secondo il ministro Scajola che propone di cominciare con gli aeroporti. Ieri a Roma i ministri degli Interni dei 15, più quelli dei 13 paesi candidati ad entrare nell’Unione, hanno presentato lo studio di fattibilità curato da Italia, Belgio, Francia, Germania e Spagna. Sei mesi fa la distribuzione di un questionario, poi si è cominciato a studiare le procedure dei singoli stati e si sono individuati 16 obbiettivi comuni per armonizzare le regole.

PRIMI RISULTATI - Uno studio che ha dato già dei risultati concreti: in un mese di controlli incrociati sono stati individuati, in 25 diversi aeroporti dell’Unione, 4589 clandestini. In maggioranza cinesi, seguiti da ecuadoregni, angolani, brasiliani, nigeriani e senegalesi. Arrivati soprattutto negli aeroporti di Parigi, Madrid, Milano, Dublino e Londra. Perchè oggi la maggior parte dei clandestini (nonostante i periodici arrivi di navi sulle coste italiane) si muove in aereo, con lunghissimi e complicati itinerari studiati dagli organizzatori del traffico. Nel corso dell’operazione sono stati anche sequestrati 933 documenti falsi, e arrestati 34 «passatori», professionisti della gestione dei clandestini da una frontiera all’altra. Adesso un anno di sperimentazione, a partire da quest’estate, poi il varo definitivo del progetto. Che parte da lontano, comunque: il primo studio di fattibilità era stato preparato nel febbraio del 2001 dall’allora ministro degli Interni Enzo Bianco, e approvato da Germania, Francia e Inghilterra.


NO ALLA FORTEZZA - Claudio Scajola, ministro degli Interni italiano, ieri in veste di padrone di casa, rassicura: «Non vogliamo che l’Europa diventi una fortezza, ma vogliamo promuovere un modello che garantisca la sicurezza dei nostri cittadini». Perchè il Vecchio Continente, ricorda Scajola, «ha una storia, una cultura, una tradizione di accoglienza che non vuole rinnegare». Anche Antonio Vitorino, commissario europeo per la giustizia e gli affari interni, considera una priorità per l’Unione il controllo delle frontiere esterne, «come garanzia per la sicurezza delle frontiere interne». Ma la strada da percorrere, tutti i ministri europei lo sanno bene, è ancora molto lunga: Vitorino ricorda che una polizia di frontiera comune «è un punto di arrivo e non punto di partenza», perchè è indispensabile prima «una armonizzazione della legislazione, comuni regole e meccanismi di coordinamento, una comune analisi integrata dei rischi, adeguata preparazione del personale e soprattutto un’equa ripartizione degli oneri tra paesi membri».


LA PRIORITA’ - Insomma, una «gestione comune dei flussi», come viene burocraticamente definito il controllo del traffico di clandestini. Per anni problema delegato ai paesi «di frontiera» come l’Italia, oggi finalmente considerato dall’Unione una priorità assoluta. Anche perchè, ricordava ieri Scajola, l’11 settembre ha modificato radicalmente lo stato delle cose: «Tutti sappiamo che attraverso l’immigrazione clandestina passano il traffico di esseri umani, la criminalità ed anche il terrorismo. Controllare questi fenomeni non vuol dire chiudersi a fortezza, ma semplicemente rafforzare gli scambi di informazioni che permettano di verificare l’identità di ciascuno».


LO SCETTICISMO - Perfettamente d’accordo il ministro degli Interni spagnolo Mariano Rajoy, secondo il quale la politica dell’immigrazione «deve diventare un elemento di base della politica estera europea, che dovrà essere affrontato in modo globale nel prossimo vertice. Perchè quello dei flussi migratori è il fenomeno più importante che la Ue si è trovata ad affrontare negli ultimi anni, e lo sarà probabilmente anche nei prossimi». Rajoy getta però acqua sul fuoco dei facili entusiasmi: «Non mi sento ancora di affermare che la task force, sulla quale ci siamo trovati tutti d’accordo, possa essere un modello per una futura polizia di frontiera. Per il momento ci fermiamo ad una migliore collaborazione tra le forze di polizia. Il resto si vedrà».


ITALIA CANDIDATA - Il progetto di una polizia europea prevede la creazione di un organo di controllo, che dovrebbe chiamarsi Comitato dei Rappresentanti. E Scajola avanza una candidatura italiana al riguardo: «Nell’eventualità che si decidesse di costituire tale organismo, il mio paese sarà disponibile ad ospitarlo».
Giuliano Gallo ggallo@corriere,it


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