Il Programma d’intervento 
per i detenuti stranieri
realizzato dalla Regione Lombardia

 

Riferimento normativo:

Protocollo d’intesa tra la Regione Lombardia e il Ministero di Grazia e Giustizia Siglato a Milano il 22 febbraio 1999 dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e dal Ministro di Giustizia On. Oliviero Diliberto.

 

Testo del Protocollo D’Intesa

 

Il Presidente della Regione Lombardia ed il Ministro della Giustizia, rilevato:

che l’assetto istituzionale conseguente alla normativa vigente, e in particolare alla legge 26 luglio 1975, n° 354 sull’ordinamento penitenziario e al D.P.R. 24 luglio 1997, n° 616 - disciplinante il trasferimento e le deleghe delle funzioni amministrative dello Stato - nonché alla legge 8 giugno 1990, n° 142 sulle autonomie locali e alle successive leggi in materia, individua, nel rispetto delle diverse competenze e della normativa nazionale e regionale di riferimento, settori d’intervento congiunto sui quali il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione, anche quale coordinatrice e promotrice delle attività degli Enti Locali, devono collaborare per il raggiungimento degli obiettivi

fissati dall’ordinamento;

che le predette leggi sono essenzialmente attuative dell’art.  27 della Costituzione secondo cui "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato", e che rieducare il condannato significa, tra l’altro, aiutarlo a reinserirsi positivamente nella società, come peraltro ribadito dagli artt.  81 e seguenti delle Regole Minime dell’O.N° U. del 1955 e del Consiglio d’Europa del 1973 e dalla Raccomandazione R (87) del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 12 febbraio 1987 (artt. 26,32, 43, 65, 70, 88 e 89);

che detti settori di intervento congiunto sono stati ulteriormente ampliati dalle norme sul processo penale per i minori di cui DD.PR. 22 settembre 1988 e successive modificazioni ed integrazioni;

che le leggi regionali del 7 giugno 1980, n° 95 ("disciplina della formazione professionale in Lombardia"), del 7 gennaio 1986, n° 1 ("Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio assistenziali della Regione Lombardia"), del 19 settembre 1988, n° 51 ("Organizzazione, programmazione ed esercizio delle attività in materia di tossicodipendenza") e dell’11 luglio 1997, n° 31, ("Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali") fissano obiettivi comuni a quelli indicati dalla legislazione nazionale in materia;

che tale collaborazione può essere efficacemente realizzata mediante la stipula di un accordo generale che consenta idonee interazioni sul piano:

1.      dell’organizzazione, all’interno delle strutture penitenziarie, di interventi specifici volti al trattamento delle persone ristrette secondo i contenuti dell’Ordinamento Penitenziario;

2.      della cura e riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti, alcooldipendenti, affetti da psicopatologie e forme morbose diffusive;

3.      dell’integrazione dei servizi territoriali delle Aziende sanitarie locali e dei Comuni con i servizi penitenziari, per gli interventi a favore dei dimessi, delle loro famiglie e dei soggetti beneficiari di misure alternative o trattamentali non custodiali;

4.      della valorizzazione delle iniziative del privato sociale del volontariato;

5.      del trattamento dei minorenni sottoposti a misure penali - in area interna ed esterna - e della differenziazione del trattamento dei giovani adulti;

6.      della promozione del benessere del personale penitenziario in tutti gli ambiti in cui si esprime la professionalità e la vita di relazione;

RITENUTO

che per la realizzazione di detti programmi di intervento deve essere assicurata la più ampia intesa tra le singole Direzioni degli Istituti, dei Centri di Servizio Sociale per Adulti, degli Uffici di Servizio Sociale per Minorenni, gli Enti Locali e le Aziende sanitarie locali, competenti per territorio, nel rispetto del ruolo di ciascun ente interessato, attraverso la sottoscrizione di accordi convenzionali che conterranno tutti gli elementi di conoscenza necessari per la formazione dei programmi di intervento, le modalità di attuazione e gli oneri di carico delle parti;

RICHIAMATA

la "Dichiarazione di intenti" sottoscritta dal Presidente della Regione Lombardia e dal Direttore Generale Dell’Amministrazione Penitenziaria il 5 novembre 1997

CONVENGONO E SI IMPEGNANO su quanto segue:

 

Interventi trattamentali

Il trattamento delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale negli istituti penitenziari, negli istituti per minorenni, o in misura alternativa sul territorio della Lombardia, rientra nelle competenze istituzionali dell’Amministrazione Penitenziaria e della Giustizia Minorile e comporta il coinvolgimento, in termini coordinati e integrati, delle competenze e delle relative funzioni della Regione e degli Enti Locali.

Per il proseguimento degli obiettivi posti a fondamento del trattamento la Regione Lombardia, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, recependo le diverse indicazioni nel merito formulate dalla Commissione Nazionale per i rapporti con le Regioni e gli Enti Locali, si impegna per una concreta traduzione operativa in quanto previsto dalla normativa vigente e, in particolare per la creazione delle condizioni utili ad attivare un efficace rapporto di collaborazione tra Amministrazione Penitenziaria, Giustizia Minorile (rappresentate nel loro insieme a livello regionale rispettivamente dal Provveditorato regionale e dal Centro per la Giustizia Minorile), Ente Locale e organizzazioni di volontariato. Tale collaborazione, che dovrà assumere le connotazioni proprie del progetto prevede l’attivazione di un rapporto di convenzione tra Direzione Penitenziaria, Direzione del Centro Servizio Sociale, Direzione dei servizi della giustizia minorile ed Ente Locale di riferimento, stipulato sulla base di uno schema tipo definito tra Ministero di Grazia e Giustizia e Regione Lombardia. La responsabilità organizzativa degli interventi che sostanziano il trattamento penitenziario appartiene all’Amministrazione Penitenziaria e alla Giustizia Minorile la gestione degli interventi, laddove sia coinvolto l’Ente Locale mediante convenzione, si realizza d’intesa tra Direzione Penitenziaria, Direzione del Centro di Servizio Sociale per Adulti, Direzione dei servizi della giustizia minorile ed Ente Locale di riferimento.

In tale ambito il progetto collaborativo locale, a valenza pluriennale, prevederà:

·        la precisazione delle modalità di utilizzo integrato degli operatori penitenziari, della giustizia minorile e del territorio, compreso il volontariato e il privato sociale;

·        l’individuazione degli spazi attrezzati all’interno dell’istituto penitenziario e sul territorio, ai fini delle azioni trattamentali programmate per progetti;

·        l’attivazione dei servizi e dei presidi territoriali coinvolti nel progetto;

·        la programmazione degli interventi formativi e di aggiornamento congiunti tra operatori penitenziari, della giustizia minorile e del territorio, compreso il volontariato e il privato sociale;

·        le risorse finanziarie necessarie al progetto.

I progetti relativi al trattamento potranno avere anche carattere sperimentale al fine di procedere, d’intesa tra le parti, a quelle modificate in itinere che si rendessero necessarie per un più efficace perseguimento degli obiettivi prefissati, rimuovendo gli ostacoli che a questo si frappongono.

Dalla valutazione dei progetti saranno tratti quegli elementi utili per l’eventuale ridefinizione degli standards gestionali nei servizi e nei presidi degli Enti Locali sedi di istituti penitenziari o di istituti penali per i minorenni coinvolti nella materia e debitamente convenzionati.

Gli interventi a favore delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale in forma totalmente o parzialmente extra murale rivestono per la Regione carattere di particolare importanza.

In conformità alle disposizioni vigenti è garantita parità di trattamento tra cittadini italiani, cittadini stranieri, nomadi e apolidi. Gli interventi di integrazione e supporto del trattamento penitenziario resi dai presidi, dai servizi e dalla comunità locale gravano finanziariamente sul bilancio regionale di competenza delle Direzioni generali coinvolte. Concorrono alla realizzazione del progetto per il trattamento delle persone ristrette negli istituti penitenziari e negli istituti penali per i minorenni della Lombardia o in misure alternative sul territorio, le risorse finanziarie e i servizi a questo ordinati dalle Direzioni generali regionali alla Famiglia e Politiche Sociali - Trasparenza e Cultura - Giovani, Formazione Professionale, Lavoro e Sport - Autonomie Locali e Federalismo - nonché di ogni altro settore dell’Amministrazione regionale suscettibile di fornire opportunità in ordine al recupero e alla reintegrazione sociale di tali cittadini.

In tale contesto sono promosse "d’intesa", all’interno delle strutture, opportune iniziative educative, formative, ricreative e sportive, sia nell’ambito del trattamento personalizzato che nell’ambito di un possibile trattamento comune in relazione ai bisogni specifici collettivi di determinate fasce di soggetti, con il coinvolgimento diretto degli stessi interessati, sia nella fase programmatoria sia gestionale delle iniziative.

Per tali iniziative saranno inoltre favorite tutte quelle opportunità che consentano la partecipazione congiunta di detenuti e detenute su progetti specifici di intervento.

Nell’incentivare tali iniziative le parti si impegnano ad una programmazione in grado di coinvolgere tutti i cittadini in una maggiore loro conoscenza e disponibilità nei confronti delle problematiche riguardanti gli istituti, i servizi penitenziari e i servizi della giustizia minorile.

     conoscere la distribuzione e le caratteristiche dei soggetti entrati nel circuito penale regionale al fine di individuare situazioni su cui, nel quadro delle attività previste in ambito regionale, operare interventi di trattamento e di prevenzione ai vari livelli;

      incrementare e sviluppare qualitativamente gli interventi di sostegno a favore dei soggetti sottoposti a misure alternative alla detenzione, degli avviati al lavoro all’esterno, dei dimittendi, dei dimessi, dei liberi vigilati, nonché dei ristretti beneficianti di "permessi premio", affinché detti interventi non rivestano solo carattere economico-assistenziale ma siano anche elementi di un programma di trattamento globale, permettendo altresì una più ampia fruizione delle anzidette misure. In tale contesto anche al fine di effettuare i colloqui di cui all’art.  35 quinto comma D.P.R. 29 aprile 1976, n° 431 è possibile prevedere piccoli centri di accoglienza per soggiorni di breve durata di detenuti in permesso premio o in licenza, ubicati in locali individuati all’interno del patrimonio edilizio regionale o di proprietà di organismi del volontariato convenzionati con la Regioni Lombardia;

     realizzare, ancorché in via sperimentale, centri di accoglienza o comunità alloggio per l’esecuzione di affidamenti al servizio sociale o di detenzione domiciliari (Settimanalmente i responsabili dei centri di accoglienza comunicheranno al Magistrato di Sorveglianza, al Direttore dell’Istituto di Pena e al direttore del Centro di Servizio Sociale il numero dei posti letto disponibili);

·        realizzare sezioni autonome di istituti per la semilibertà ubicate in edifici o parti di edifici di civile abitazione (Gli oneri di manutenzione, di ristrutturazione e di gestione, sono posti a carico della Regione Lombardia);

·        favorire la formulazione di orientamenti operativi omogenei tra gli Enti Locali per quanto riguarda l’assistenza penitenziaria, l’assistenza alle vittime del delitto, l’attuazione di programmi di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica attraverso azioni mirate;

·        favorire la collaborazione sistematica tra il servizio sociale penitenziario, i servizi sociali territoriali e il volontariato anche mediante la stipula di idonee convenzioni a livello locale tra i medesimi, al fine di realizzare in modo organico e coordinato quanto previsto nel presente paragrafo.

L’Amministrazione penitenziaria, inoltre, si impegna a favorire e facilitare l’accesso negli istituti a quanti si ritiene dover coinvolgere per la buona riuscita dei programmi-progetto di trattamento di cui alla presente intesa.

Per un’efficace realizzazione del progresso di grande portata volto a rendere il detenuto partecipe e protagonista del proprio inserimento sociale, attraverso la sua adesione alle attività di trattamento in un itinerario progressivo che coinvolga anche i nuclei familiari interessati, l’Amministrazione Penitenziaria si impegna inoltre a rendere effettivo il principio della "territorializzazione della pena".

Si impegnano infine di istituire una commissione di studio che, anche sulla scorta dell’esperienza internazionale, elabori proposte per il territorio regionale finalizzate alla realizzazione di strutture non penitenziarie per l’esecuzione di misure alternative di non breve durata.

 

Interventi a favore degli stranieri coinvolti nell’area penale

Oltre agli interventi specifici previsti nei capitoli di carattere generale, le parti concordano nell’opportunità di valorizzare e agevolare i progetti che abbiano gli obiettivi di:

1.      realizzare un servizio di mediazione culturale all’interno del carcere;

2.      svolgere un’azione di consulenza e informazione per la tutela giuridica e la fruizione di percorsi alternativi alla detenzione;

3.      sostenere coloro che usufruiscono di misure alternative o di altri benefici attraverso l’attivazione di quelle risorse pubbliche o private cui accede la comunità residente.

 

Partecipazione della comunità esterna alle attività di trattamento

Nel recepire le "Linee di indirizzo in materia di volontariato", approvate dalla Commissione Nazionale Consultiva e di Coordinamento per i rapporti con le Regioni e gli Enti Locali, il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione Lombardia, oltre agli interventi specifici previsti nei capitoli di carattere generale, favoriscono la collaborazione organica con il privato sociale non profit e con il volontariato impegnati nei confronti dei condannati e dei soggetti a rischio di comportamenti criminali.

Obiettivo di tale azione congiunta è la promozione di interventi di prevenzione, di trattamento e di supporto al reinserimento sociale che, partendo da iniziative autonome o da progetti comuni, si coordino con le funzioni e le attività programmatiche e organizzative delle istituzioni pubbliche.

Si impegnano altresì a promuovere corsi di formazione del volontariato che prevedevano l’apporto professionale degli operatori penitenziari del territorio.

 

Formazione e aggiornamento degli operatori

Il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione Lombardia si impegnano a organizzare iniziative di formazione congiunta rivolte al personale dipendente dall’Amministrazione Penitenziaria e dagli Enti Locali, secondo le indicazioni contenute nelle linee di indirizzo sulla formazione congiunta approvata dalla Commissione Nazionale Consultiva e di Coordinamento il 10 marzo 1994.

Nell’individuazione dei contenuti e delle modalità delle iniziative di formazione permanente o di aggiornamento, terranno conto delle variabili legate:

1.      alle tipologie di utenza, al loro modificarsi, alle caratteristiche socioculturali del territorio;

2.      alle esigenze culturali e sociali degli operatori provenienti da contesti diversi da quello lavorativo.

 

“LO STRANIERO IN CARCERE”

 

Esperienze formative promosse dal Laboratorio Carcere Città

 

 

 

Da alcuni anni l’aumento delle presenze degli stranieri in carcere pone interrogativi nuovi a tutti coloro che vi operano.

 

Da una parte gli operatori penitenziari si trovano a contatto con realtà culturali nuove, ignorate e quindi sconosciute, nei cui confronti si sentono disarmati.

 

Gli strumenti operativi in proprio possesso risultano inevitabilmente inadeguati; tutto si basa sull’esperienza diretta sul campo affrontata in situazioni di costante emergenza.

 

Dall’altra parte, le persone straniere delle più svariate provenienze, si trovano a doversi integrare in un sistema di per sé già complesso, con strumenti minimi, inadeguati alla comprensione, non solo della realtà penitenziaria, ma ancor di più della realtà culturale dell’Italia.

Partendo da queste premesse, il Laboratorio Carcere Città in collaborazione con la Direzione del carcere di S. Vittore e con il C.F.P. (Centro di Formazione Professionale) Vigorelli della Regione Lombardia, nel 1997 ha attivato un laboratorio sperimentale di formazione specifica, anche se in via sperimentale, della figura degli stranieri nel ruolo di mediatori linguistico-culturale.


 

1.      Progetto realizzato nella Casa Circondariale di Milano San Vittore e nella Casa di Reclusione di Milano Opera

 

Progetto “Nimrod”

 

PER LA FORMAZIONE DI UN’EQUIPE DI SOSTEGNO AGLI EXTRACOMUNITARI

NELLE CARCERI DI SAN VITTORE E OPERA.

 

 

Introduzione

 

Nelle carceri milanesi va aumentando progressivamente il numero di detenuti extracomunitari. Nel carcere di San Vittore gli extracomunitari sono oltre il 50 % e nel carcere di Opera il 20 %.

L’aumento dei detenuti stranieri pone una serie di problemi all’area trattamentale (interna ed esterna al carcere) e al personale di sorveglianza. Gli extracomunitari (alcuni dei quali arrestati al loro ingresso in Italia) molto spesso ignorano completamente la lingua italiana e, taluni, sono analfabeti anche nel loro paese d’origine. Non conoscono le procedure necessarie all’ingresso in carcere, non sanno orientarsi in un mondo per loro totalmente nuovo ed estraneo che pone in ogni modo molti problemi anche agli italiani che si sanno muovere con disinvoltura. Inoltre costituiscono sovente una fascia di popolazione che “non ha nulla da perdere” ed è difficilmente incanalabile negli iter previsti dal carcere per l’applicazione dei benefici della legge Gozzini.

Le direzioni delle carceri di fatto tendono a riunire i detenuti extracomunitari in celle che ospitino popolazioni etnicamente omogenee per alleviare almeno i problemi di intolleranze razziali e per consentire la comunicazione tra gli ospiti di una cella e, laddove ci sia qualcuno che conosce la lingua italiana meglio degli altri, la comunicazione con gli operatori interni ed esterni.

La scuola che opera in carcere, da anni ha previsto tra i corsi di alfabetizzazione anche dei corsi specifici di apprendimento della lingua italiana per utenti stranieri. I corsi scolastici di alfabetizzazione per stranieri proposti nell’E.D.A. da anni prevedono al loro interno la presenza di mediatori culturali stranieri con funzione di dare vivibilità e riconoscibilità al luogo di formazione, integrare obiettivi e momenti di insegnamento dell’italiano con proposte di orientamento, counseling, insegnamento della lingua di origine; facilitare e sostenere l’ingresso nei corsi degli immigrati più deboli.

In un luogo come il carcere, dove l’emarginazione è terreno di cultura, a maggior ragione sarebbe utile avere delle figure di riferimento capaci di interloquire con gli emarginati nell’emarginazione. Una figura simile in carcere dovrebbe possedere, oltre alla conoscenza della lingua straniera e quella italiana, anche una serie di competenze socio-giuridiche e di costume del carcere per fornire ai detenuti della propria etnia quelle informazioni utili per una sopravvivenza decente durante il periodo di detenzione. D’altra parte non è possibile pensare ad alcun tipo di innovazione in carcere se non si coinvolge il personale di sorveglianza che comprendendone l’importanza fa propria l’iniziativa ed è poi in grado di renderla funzionante.

Questo progetto si propone di formare dei detenuti extracomunitari di diverse etnie e personale di sorveglianza, per costituire una équipe di lavoro che si proponga come servizio di sostegno, interpretariato e orientamento per tutti i detenuti extracomunitari.

I detenuti che rivestiranno questo ruolo potranno essere “assunti” dal carcere che inserirà tra i lavori previsti per i detenuti questa nuova mansione. Non è escluso che in futuro la professionalità acquisita possa essere spendibile anche all’esterno qualora non esistano problemi di espulsione o di mancanza del permesso di soggiorno.

(Questi sono i motivi principali per cui il progetto è stato per ora previsto tutto interno al carcere).

Si propongono quindi:

·        2 corsi per detenuti extracomunitari nel carcere di S.Vittore per un totale di 30 partecipanti.

·        2 corsi per detenuti extracomunitari nel carcere di Opera per un totale di 20 partecipanti.

·        2 corsi per agenti di polizia penitenziaria nel carcere di S.Vittore per un totale di 15 partecipanti.

·        1 corso per agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Opera per un totale di 10 partecipanti.

 

 

Corso per detenuti

 

L’inizio del corso è previsto in novembre (1999) e il termine alla fine di giugno (2000). I detenuti ammessi ai corsi saranno selezionati dalla direzione del carcere tenendo conto della pena detentiva (i detenuti devono avere una permanenza di due anni effettivi in carcere) e della tipologia di condanna (che non prevede divieti di incontro o altri intoppi burocratici tali da non permettere la frequenza a scuola e la libera circolazione in carcere negli orari consentiti ai lavoranti).

 

I corsisti saranno ulteriormente selezionati rispetto alle loro competenze in entrata: saranno ammessi al corso detenuti extracomunitari di etnie presenti in carcere, già in possesso di una discreta conoscenza della lingua italiana e di buone competenze culturali nel loro paese di origine.

 

Il corso avrà un monte orario di 280 ore così ripartite:

 

fase di orientamento e di formazione:               190 ore

fase di orientamento professionale:                    90 ore

 

Nella fase di orientamento e formazione sono previsti percorsi di cultura di base individualizzati, come prevede l’O.M. 455 e finalizzati sia al titolo di studio di Licenza Media sia a una preparazione propedeutica alla fase successiva di orientamento personale.

A tale scopo sono stati previsti dei percorsi di potenziamento della lingua italiana, di storia e educazione civica e di matematica e scienze affiancati ad un percorso di orientamento professionale successivo che sarà riservato solo a coloro che avranno superato positivamente la prima fase (esame di licenza media di conseguimento del diploma).

Poiché i partecipanti ai corsi saranno preselezionati sulla base delle loro competenze di entrata, si reputa che 190 ore di formazione di base siano sufficienti per superare con successo gli esami.

 

Nella fase di orientamento professionale i corsisti seguiranno un corso sulla comunicazione, sulle dinamiche relazionali, sui problemi legati all’immigrazione e un corso sull’interculturalità per una durata complessiva di 70 ore.

 

Le 20 ore rimanenti saranno dedicate ad incontri con esperti esterni ed interni e ad una fase di tirocinio. In questa seconda fase i corsisti acquisiranno gli elementi formativi più specifici riguardanti il ruolo che successivamente andranno a ricoprire. Di particolare importanza sono gli incontri con il personale interno (educatori, insegnanti, personale sanitario, etc.) che li renderà edotti sul tipo di offerta culturale e sui servizi del carcere e con figure significative degli enti locali che si occupano del reinserimento di ex detenuti nella società.

 

 

Corso per Agenti di Polizia Penitenziaria

 

L’inizio del corso è previsto in novembre (1999) e il termine a fine giugno (2000). Si terrà, per 72 ore, in orario di servizio e, per le restanti 28 ore, nel tempo libero del personale.

Il corso prevede la formazione di nuove figure tra gli agenti che siano in grado di porsi come garanti e referenti dei detenuti mediatori culturali e come esperti delle attività che si svolgono in carcere, nonché come facilitatori dell’accesso e della partecipazione alle attività per tutti i detenuti. Queste capacità nascono all’interno di un intervento formativo che renderà l’agente più sensibile all’ascolto di soggetti stranieri, maggiormente flessibile nel modificare e adattare le esigenze di servizio ai contesti particolari, più disponibile a comprendere modelli interpretativi diversi dalla cultura propria.

Il corso per agenti diventa, quindi, necessario per garantire l’operatività delle nuove figure professionali che saranno create tra i detenuti.

Prevede la frequenza ai seguenti percorsi formativi per un totale di 100 ore:

·        comunicazione e dinamiche relazionali;

·        interculturalità;

·        ideazione di progetti interprofessionali;

·        utilizzo di software;

·        analisi del mercato del lavoro e della formazione attraverso l’incontro con esperti interni ed esterni.

 

Il mediatore culturale

 

La nuova figura di detenuto mediatore culturale in carcere avrà i seguenti compiti:

·        interprete;

·        traduttore;

·        facilitatore.

 

In qualità di interprete, il mediatore potrà svolgere i seguenti compiti nei confronti di tutti i detenuti extracomunitari:

·        informare sulle attività in carcere;

·        facilitare la comunicazione tra detenuti e agenti, insegnanti, psicologi, assistenti sociali e altre figure professionali presenti all’interno dell’istituto.

 

Nei confronti dei detenuti extracomunitari che frequentano corsi scolastici:

·        sostenere nella fase di accoglienza e di inserimento nei corsi;

·        rendere esplicite le regole della scuola e l’organizzazione dei corsi.

 

Nei confronti degli insegnanti:

·        contribuire a risolvere le difficoltà comunicative durante la prima fase di inserimento.

 

In qualità di traduttore, i compiti saranno nei confronti dei detenuti extracomunitari:

·        tradurre materiali informativi, documenti e avvisi di routine nelle diverse lingue.

 

Nei confronti dei detenuti extracomunitari che frequentano corsi scolastici:

·        tradurre materiali scolastici in accordo con gli insegnanti;

·        tradurre, rendere esplicite e comprensibili strutture, lessico e aspetti grammaticali della seconda lingua.

 

Nei confronti degli insegnanti:

·        tradurre informazioni e comunicazioni.

 

In qualità di facilitatore:

 

Nei confronti di tutti i detenuti extracomunitari:

·        intervenire in situazioni di crisi e di conflitto e gestire eventuali incidenti interculturali o fraintendimenti in collaborazione con gli agenti.

 

Nei confronti dei detenuti extracomunitari che frequentano corsi scolastici:

·        funzionare come modello positivo di riferimento e identificazione;

·        ricostruire la storia scolastica dei frequentanti;

·        organizzare in accordo con gli insegnanti momenti di studio, utilizzando la lingua di origine.

 

Nei confronti degli insegnanti:

·        fornire informazioni sulla lingua e sui modelli educativi del paese di origine;

·        sostenere l’insegnamento della seconda lingua e delle altre discipline, con traduzioni e spiegazioni in lingua madre.

 

I mediatori culturali avranno come riferimento gli educatori e gli stessi neoformati, in modo da sopperire al numero alquanto esiguo delle figure preposte al trattamento (4 educatori nel carcere di Opera e cinque in quello di S.Vittore).

 

Obiettivo dell’intervento

 

Per i detenuti extracomunitari:

·        impatto migliore con l’istruzione carceraria (effetto rassicurante);

·        maggiore informazione e orientamento sulla routine quotidiana, sui regolamenti del carcere, sui servizi e sulle opportunità formative;

·        calo di tensioni dovute e incomprensioni o fraintendimenti sull’interpretazione di eventi;

·        possibilità di avere come riferimento un modello positivo.

 

Per i corsisti detenuti:

·        aumento delle competenze;

·        crescita dell’autostima;

·        possibilità di venire impiegati in carcere in un’attività gratificante e socialmente utile;

·        eventuale spendibilità sul territorio di uscita.

 

Nel rapporto con la custodia:

·        reciproca comprensione dei problemi;

·        maggiore collaborazione;

·        diminuzione delle situazioni di scontro e di conflitto.

 

 


 

 

2.      Progetto realizzato in varie carceri della Lombardia:

Mantova, Cremona, Como, Pavia: corsi già attivati.

Busto Arsizio, Lodi, Vigevano, Voghera: corsi da attivare nei prossimi mesi.

 

“Io e lo straniero”

 

 

L’esperienza formativa, finalizzata alla sensibilizzazione multiculturale degli agenti di polizia penitenziaria di S. Vittore, dopo una fase di monitoraggio con un gruppo di agenti preselezionati, è stata costruita, con la diretta partecipazione degli agenti, in tutte le sue fasi: sia nella fase di progettazione, con la costituzione del gruppo di progettazione, sia nella fase di realizzazione dei moduli formativi, utilizzando gli agenti in qualità di tutore d’aula.

Il piano di lavoro del corso è risultato di una strategia progettuale della formazione, sulla quale il C.F.P. Vigorelli ha investito per fare in modo che quanto prodotto all’interno del carcere con i detenuti possa trovare una rispondenza anche in un percorso evolutivo degli agenti di polizia penitenziaria.

Gli agenti sono cioè visti come interlocutori fondamentali del sistema penitenziario che, essendo in stretto e costante contatto con la popolazione detenuta, ne influenzano anche il sistema di vita quotidiano.

L’esercizio di una custodia "competente" è visto come un obiettivo che può facilitarne anche la realizzazione delle iniziative interne a favore delle persone detenute.

Le esperienze condotte con gli agenti sono le seguenti:

 

·        1997 ESPERIMENTO MIRATO (15 agenti S.Vittore)

·        1998 ATTIVAZIONE DI 3 MODULI: per gli agenti di S. Vittore (circa 100 agenti).

·        1999 PROPOSTA E REALIZZAZIONE DEL CORSO IN ALCUNE REALTà PENITENZIARIE DELLA LOMBARDIA

 

Mantova, Cremona, Como, Pavia: corsi già attivati.

Busto Arsizio, Lodi, Vigevano, Voghera: corsi da attivare nei prossimi mesi.

 

Il corso si articola in moduli formativi di 2 giornate consecutive per un totale di 12 ore complessive.

La modalità di gestione attiva, prevede un lavoro d’aula con la presenza di non più di 20 agenti (tra maschi e femmine) al fine di consentire uno scambio effettivo tra i corsisti.

La gestione del corso prevede la presenza, per tutta la sua durata, di un professionista esperto, da anni impegnato all’interno degli istituti penitenziari, in grado di promuovere competenze e conoscenze, in grado di incidere sulla qualità del lavoro degli agenti di polizia penitenziaria, sperimentando modalità formative orientate all’empowerment, che consentono ai corsisti di passare dal ruolo di "utenti” a quello di protagonisti in grado di promuovere e facilitare i processi interni al carcere.

La presenza di docenti stranieri che appartengono alle etnie maggiormente rappresentate in carcere (magrebina e albanese) permette di sperimentare che la persona straniera può essere vista anche sotto una luce diversa (per il solo fatto di non essere detenuta, ma piuttosto un professionista). Ciò consente di attivare processi mentali di differenziazione rispetto agli atteggiamenti sterotipici che caratterizzano la relazione con gli stranieri.

Anche la presenza dell’agente - tutore d’aula permette di rafforzare l’autostima nei confronti della propria professionalità, vedendo riconosciuto al proprio ruolo importanza e competenza anche nei percorsi formativi.

 

LA VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA FORMATIVA

La capacità di autovalutazione del percorso formativo è una variabile significativa della metodologia utilizzata nel corso.

I fruitori del percorso formativo, a conclusione del corso sono chiamati ad esprimere le proprie valutazioni, con la garanzia che viene rispettato l’anonimato.

Il grado di soddisfazione risulta molto elevato. Le reazioni emotive più frequentemente registrate esprimono stupore, interesse, coinvolgimento nei confronti dei temi della multiculturalità e vengono richiesti ulteriori approfondimenti.

Il tema della mediazione, intesa come possibilità di individuare "la terza soluzione" nella gestione del rapporto con le persone detenute, ha incontrato interesse e desiderio di sperimentarla sul campo.

La figura del mediatore interculturale, sconosciuta alla maggioranza, ha suscitato curiosità.

Viene lamentata la brevità del corso e il timore che questa esperienza possa rimanere isolata.

L’offerta di proposte formative sono ritenute inadeguate rispetto alla complessità dei problemi con i quali quotidianamente si confrontano.

L’esperienza vissuta agisce non solo sul piano dell’apprendimento e della messa in discussione di alcuni stereotipi, ma anche sul piano dell’autostima. Sentirsi "pensati" dall’amministrazione produce fiducia, voglia di esprimere il meglio di sé e senso di appartenenza.

In alcune realtà la partecipazione al corso è stata aperta anche a operatori diversi dagli agenti, favorendo un lavoro integrato tra le varie risorse presenti all’interno dei penitenziari; anche gli educatori e le assistenti sociali hanno espresso le proprie valutazioni in linea con quelle degli agenti.

E’ emersa l’eccezionalità di momenti di confronto tra operatori, sottolineandone l’utilità e il bisogno sentito da tutti.


 

3.      Progetto realizzato presso la Casa Circondariale di Milano S. Vittore

 

 “Percorso formativo per mediatori culturali detenuti”

 

Attivazione del corso nell’anno 1999: dopo la formazione di un gruppo di stranieri, questi iniziano a sperimentare in concreto il loro nuovo ruolo nell’istituzione.

I problemi concreti che caratterizzano la vita quotidiana delle persone straniere detenute, si riferiscono per lo più alle difficoltà linguistiche, alla ignoranza dei complessi sistemi normativi e istituzionali e, all’attribuzione di significati diversi derivanti dai differenti sistemi culturali di appartenenza.

Il percorso attuato ha formato un gruppo di stranieri detenuti di differenti etnie, tra quelle maggiormente presenti in carcere, al ruolo di mediatori linguistico-culturali, ossia a facilitatore della comunicazione con l’obiettivo che diventino risorse spendibili e utilizzabili sia nei confronti dei propri compagni che degli operatori che a vario titolo operano in carcere (agenti di polizia penitenziaria, medici, educatori, esperti etc.).

A differenza di una funzione di semplice interpretariato, la funzione della mediazione, consente di operare sulla base dei "significati" e dunque di garantire la comprensione tra culture differenti.

Il percorso formativo si può ritenere abbia agito sia sul piano "trattamentale" nei confronti delle persone detenute che sul piano funzionale rispetto al carcere nella sua complessità.

Dal punto di vista trattamentale il percorso formativo si inserisce nell’ambito della formazione professionale, offrendo l’opportunità di qualificare gli interventi lavorativi specifici del carcere, in particolare quello dello scrivano.

Numerosi processi individuati che il corso per mediatori stranieri ha attivato.

Dal punto di vista del soggetto straniero:

·        Si sente riconosciuto per la sua specificità (in quanto marocchino, tunisino, albanese, etc.).

·        Si sente rispettato.

·        Non sente l’istituzione ostile agli stranieri.

·Facilita la diffusione di una cultura più aperta nei confronti degli stranieri.

·        Sente riconosciute e valorizzate le competenze acquisite.

·        Si sente utile nei confronti dei compagni che possiedono meno strumenti.

Dal punto di vista del carcere la presenza dei mediatori in carcere è in fase di sperimentazione.

Tuttavia si possono registrare alcuni primi risultati:

·        dà affidabilità, perché formato;

·        stimola modi di operare innovativi, creativi, (colloqui a tre);

·valorizza la diversità;

·allenta le tensioni nei rapporti con gli stranieri, perché si conoscono di più;

·diventa risorsa per la propria professionalità;

·        risorsa per la gestione di situazioni e soggetti difficili.

Attualmente i Mediatori Linguistico - culturali di S. Vittore sono otto e coprono le esigenze relative alle aree linguistico - culturali araba, albanese, greca, slava, ceca, bulgara, russa e portoghese.

La sperimentazione di questo progetto ha la possibilità di riuscita in modo direttamente proporzionale alla sensibilizzazione e alla accettazione, da parte del personale penitenziario, degli obiettivi e dei contenuti di fondo del progetto medesimo. Inoltre tale accettazione agisce, in modo sinergico, sulla loro apertura ad una nuova cultura di accoglienza dello straniero che cresce e si sviluppa all’esterno del carcere.

Nel progetto, ma anche nell’esperienza, di "Carcere Città", l’idea di fondo che è maturata è quella della necessità di una formazione sempre più interattiva del personale penitenziario e delle persone detenute, con obiettivi diversificati. Questo risulta una premessa fondamentale che fa ben sperare per risultati ulteriori, per il futuro, dove ci sia una maggiore valorizzazione reciproca dei due soggetti educativi in rapporto dialettico.

La creatività degli interventi volti a umanizzare il carcere per gli stranieri non può essere disgiunto dalla creazione di un terreno professionale e culturale di tutti gli attori del sistema penitenziario.

 


 

4.      Progetto realizzato presso la Casa Circondariale di Como

 

 

PROGETTO “PIROGA”

 

 

Il progetto "Piroga" è un tentativo d’intervento per rispondere in maniera adeguata alle esigenze e ai bisogni dei detenuti extracomunitari in carcere. Oggi più che mai il problema degli extracomunitari in carcere è divenuto una vera e propria emergenza.

Intervenire sul problema significa in prima analisi favorire la loro integrazione nella realtà penitenziaria dell’istituto, offrendo e promuovendo per tale categoria delle opportunità e delle attività di trattamento che tengano in debita considerazione le diversità di cultura, tradizioni e senso di appartenenza. È ovvio che valorizzare gli aspetti unitari non significa operare per la separatezza, ma per l’integrazione e l’accoglienza, per cui le attività specifiche dirette ai detenuti debbono necessariamente essere inserite e integrare con le altre attività trattamentali offerte a tutta la popolazione detenuta.

Il progetto "Piroga" coinvolge le seguenti realtà dell’istituto:

·        Direzione carceraria;

·        Presidio per extracomunitari;

·        Volontariato;

·        Insegnante della scuola elementare;

·        Amministrazione provinciale, attraverso l’istituzione del centro di mediazione culturale.

 

Il progetto si articola nelle seguenti attività e offerte di servizio:

 

A)    CORSO DI ALFABETIZZAZIONE

 

Il corso è diretto a 15/20 detenuti extracomunitari. I richiedenti verranno selezionati sulla base dell’entità della condanna (pena residua superiore all’anno) per dare ai partecipanti la possibilità di completare il corso e conseguire il diploma di licenza elementare. È ovvio che a tale corso parteciperanno anche i detenuti italiani che faranno richiesta.

 

B) ATTIVITA’ DI COUNSELING

Consiste nel trattamento in gruppo, finalizzato a supportare i detenuti extracomunitari con informazioni sulle problematiche dei tossicodipendenti, che incontrano notevoli difficoltà nell’affrontare e superare i disagi che la detenzione comporta. Il gruppo, per ovvi motivi di conduzione e funzionamento, non potrà superare le 10 unità e come già detto è rivolto a soggetti con problemi o con spiccate tendenze autolesionistiche. Gli incontri saranno di due ore e avranno cadenza settimanale.

C) LENCICLOPEDIA DELLA STRADA

Si tratta di un’offerta di attività di socializzazione per i detenuti extracomunitari. Tali attività perseguono lo scopo di sollecitare i detenuti extracomunitari alla riflessione, al dialogo e al confronto su temi e argomenti di carattere culturale, religioso, sociale, giuridico, letterario. Le attività sono aperte a tutti gli extracomunitari interessati, compatibilmente con la partecipazione alle altre attività. Il gruppo in ogni caso per funzionare non dovrà superare le 30/35 unità. I temi in discussione saranno arricchiti dalla proiezione di diapositive, videocassette e documentari. Il calendario delle attività verrà predisposto mensilmente. In qualità di relatori parteciperanno professionisti esperti in materia.

FORMARSI PER ACCOGLIERE

 

Si tratta di un’attività che ha lo scopo di creare per gli extracomunitari nuovi giunti un contesto di accoglienza. Un assistente volontario, designato dall’Amministrazione provinciale, è chiamato a formare detenuti extracomunitari per supportare i compagni nei processi di adattamento e integrazione penitenziaria. Il servizio nasce dalla consapevolezza che il disagio iniziale dovuto all’impatto con la struttura carceraria può essere notevolmente attenuato se il nuovo arrivato, specie se extracomunitario, in breve tempo non si sente estraneo. In tale prospettiva l’accoglienza ha più incidenza e significato se viene realizzata dagli stessi compagni. Accanto alle attività di gruppo necessariamente devono essere organizzate attività individualizzate, al fine di rispondere ai bisogni dei singoli detenuti.

 

Tali attività sono:

MEDIAZIONE CULTURALE

 

Si tratta di un servizio di aiuto e facilitazione alla comunicazione interculturale. Coordinatori del servizio sono due assistenti volontari extracomunitari, designati dall’Amministrazione provinciale, esperti in processi relazionali. Conversare in lingua, sapendo che l’operatore ha la capacità di comprendere le tradizioni e la cultura di appartenenza, mantiene vivi gli interessi e i valori di riferimento.

SPORTELLO SOCIALE

È un servizio di volontariato per il disbrigo di pratiche giuridiche e amministrative. Il servizio sarà disponibile per un giorno alla settimana e verrà condotto da assistente volontario esperto in materia, appositamente designato per tale incarico.

EMERGENZE E COLLOQUI INDIVIDUALIZZATI

 

I detenuti potranno far riferimento al gruppo volontariato carcere in funzione ogni settimana. Tale servizio, consolidato da anni, si occupa di tutti i detenuti.

 


 

5.      Progetto realizzato presso la Casa Circondariale di Como

 

 

PROGETTO “SENZA CONFINI”

 

 

Il Progetto "Senza Confini" si riallaccia per argomenti e tematiche al progetto "Piroga", condividendone lo spirito e i principi informatori, ma ne allarga gli orizzonti e le prospettive, istituendo nuove attività mirate accanto a quelle che già esistono.

 

PREMESSA

 

Come per il progetto "Piroga", nato da una situazione di emergenza posta alla popolazione extracomunitaria in carcere, sia dal punto di vista quantitativo, sia qualitativo (natura e peculiarità dei bisogni e delle problematiche), anche "Senza Confini" nasce dallo stato attuale delle problematiche legate al fenomeno dell’immigrazione e dei processi di trasformazione ad esso connessi. Quindi, oggi affrontare i problemi e i temi posti dall’intercultura e dalla multicultura, non è più una scelta, ma una necessità.

È pleonastico ricordare che, mai come questa fine del 20° secolo, per l’interagire di diversi fattori, si sono create correnti migratorie che si intersecano tra loro e contribuiscono a formare società multietniche, multiculturali e multireligiose.

Il carcere, che riproduce la realtà sociale esasperando le tensioni e le problematiche, è un esempio significativo e uno spaccato di queste trasformazioni, che hanno interessato anche il mondo della deviazione e della criminalità.

Da qui la necessità per l’istituzione penitenziaria di affrontare il problema dei detenuti extracomunitari in termini adeguati, individuando accanto a soluzioni operative, nuove strategie di fondo per favorire i processi di integrazione e di inserimento degli stranieri nella realtà del carcere.

È opportuno ricordare che per integrazione non s’intende appiattimento o assimilazione delle differenze culturali, ma valorizzazione delle diversità e degli aspetti positivi che connotano le varie culture in una prospettiva di un’arricchimento reciproco. In questa ottica l’interculturalità non è più soltanto un fatto, ma un valore da trasmettere, ed è importante che venga riconosciuta la necessità di un’apertura al confronto, con l’impegno a superare particolarismi e pregiudizi, nel rispetto delle specialità e delle radici che strutturano l’identità di ciascuno.

La denominazione "Senza Confini" è stata pensata per simboleggiare il desiderio di abbattere falsi pregiudizi e luoghi comuni, che si nutrono nei confronti degli stranieri in generale e degli extracomunitari in carcere in particolare, per giungere ad una cultura dell’accoglienza, del confronto e della tolleranza.

 

FINALITà DEL PROGETTO

 

Il Progetto "Senza Confini" persegue lo scopo di favorire il percorso d’integrazione dei detenuti extracomunitari nella realtà dell’Istituto, tentando di attenuare gli effetti desocializzanti che la detenzione produce. Tali effetti sono rilevabili marcatamente nei detenuti extracomunitari, privi di riferimenti sul territorio.

Il progetto si sviluppa sulle prospettive già aperte dal progetto "Piroga" (alfabetizzazione, mediazione culturale, emergenze, attività di aggregazione, counseling, etc.), rinconfermandole tutte nei loro contenuti e nel loro significato, riformulando alcune attività presenti e istituendone di nuove.

 

REALTà E OPERATORI COINVOLTI

 

·        Direzione dell’istituto

·        Educatore ed esperti in psicologia

·        Rappresentante della Polizia Penitenziaria

·        Insegnanti statali

·        Volontariato

·        C.L.A.S. di Como (Coordinamento Lavoratori Stranieri C.G.I.L.)

·        Docenti, mediatori culturali e animatori socioculturali.

 

ATTIVITà CHE COMPONGONO E QUALIFICANO IL PROGETTO

 

1.      Laboratorio di introduzione alla mediazione culturale

2.      Laboratorio di formazione alla mediazione culturale

3.      Laboratorio multietnico

4.      Scuola a colori

 

LABORATORIO DI INTRODUZIONE ALLA MEDIAZIONE CULTURALE

 

Si tratta di laboratorio che organizza un corso di introduzione alla mediazione culturale. Il corso ha lo scopo di fornire conoscenze sulla problematica extracomunitaria, analizzata nelle sue varie componenti (religiosa, culturale, giuridica, penitenziaria, antropologica, etc.) e strumenti per approntare interventi adeguati.

I destinatari del corso sono gli operatori penitenziari deputati alle attività di osservazione e trattamento, gli agenti di polizia penitenziaria e tutti coloro che a diversi livelli operano all’interno della struttura carceraria (aanitari, insegnanti, volontari, etc.)

I contenuti e gli argomenti del corso sono i seguenti:

·        Introduzione al concetto della mediazione culturale

·        Cenni sulla normativa relativa all’immigrazione

·        Esperienza di mediazione culturale

·        La comunicazione interculturale

·        La normativa penitenziaria, il carcere e gli stranieri

·        La comunicazione transculturale

·        Diversità ed uguaglianze

·        La mediazione culturale in carcere

Il corso avrà orientativamente la durata di 30 ore. Relatori saranno studiosi ed esperti del settore.

 

LABORATORIO DI FORMAZIONE ALLA MEDIAZIONE CULTURALE

 

Si tratta di un laboratorio che organizza corsi di formazione alla mediazione culturale. Partendo dal presupposto che per confrontarsi con la diversità è necessario conoscere bene se stessi, propedeutica di ogni corso è la ricognizione e valorizzazione delle tradizioni culturali, storiche e politiche di ogni gruppo etnico, ciò si rende necessario per rafforzare il senso di appartenenza e di identità del singolo, al fine poi di favorire i processi integrativi. Il percorso successivo è basato sulla relazione con laltro. I corsi di formazione, sulla base di esperienze precedenti positive e sulla disponibilità già acquisita di mediatori culturali, potrebbero essere orientativamente tre, che raggruppano i seguenti paesi e nazionalità:

·        Albania, Kossovo, Jugoslavia, paesi dellEst

·        Africa (Marocco, Tunisia, Algeria, Senegal)

·        Sud - America.

Il corso si prefigge l’obiettivo di formare detenuti, che verranno impiegati nella mediazione interculturale, intendendo con essa l’acquisizione di abilità e competenze comunicazionali da utilizzare nei processi relazionali. Il detenuto mediatore culturale verrà sostanzialmente impiegato dagli operatori penitenziari in situazioni di particolare bisogno e nel servizio di accoglienza ai nuovi giunti stranieri. Le modalità di funzionamento del servizio di accoglienza saranno concordate da questa direzione con il C.L.A.S.

 

Corsi di formazione alla mediazione culturale

I contenuti sono i seguenti:

·        Concetto di cultura

·        La riscoperta del proprio io culturale

·        La comunicazione verbale e non verbale

·        La comunicazione interculturale

·        La mediazione culturale: concetto, analisi di casi, esperienze

·        La carta dei servizi e le principali norme dellordinamento penitenziario

·        La normativa relativa allimmigrazione

·        La lingua come veicolo di comunicazione

I corsi saranno organizzati dalla direzione del carcere in collaborazione con il C.L.A.S di Como e avranno la durata di 30 ore per area (100 complessive).

 

LABORATORIO MULTIETNICO

 

È uno spazio di condivisione e di confronto delle varie culture. All’interno del laboratorio verranno organizzate sia attività per singola etnia sia tra gruppi culturali diversi. Tale attività di gruppo si collega allenciclopedia della strada del  progetto Piroga (che continuerà a funzionare) ma si differenzia da essa anche per momenti di confronto tra culture diverse.

Nellambito del progetto sono previste le seguenti attività:

·        Ascolto mirato alla musica

·        Murales

·        Rassegna stampa

·        Incontro di gruppo su storie e culture diverse

·        Pitture

·        Danzaterapia per la sezione femminile

È evidente che tale spazio potrà essere fruito anche da detenuti italiani. Lattività verrà coordinata e organizzata da esperti interculturali e animatori sociali. A tale scopo verranno avviati contatti con la scuola degli animatori sociali dellEnaip di Como, Lecco e di Nibionno.


 

LA SCUOLA A COLORI

 

Si tratta di un’iniziativa nuova, che consiste nel promuovere un collegamento tra il carcere e alcune realtà scolastiche della zona. Tale collegamento presuppone che alcuni enti che già organizzano corsi di lingua sul territorio (Enaip, A.C.L.I.) ne organizzino uno anche all’interno della struttura carceraria con una partecipazione prevista di esterni e di detenuti. Alcuni detenuti, poi, particolarmente versatili, potranno essere impiegati nelle lezioni come animatori di conversazioni in lingua. Se poi alcuni detenuti stranieri possiedono tutti i requisiti e i presupposti possono fruire dei permessi premio o del lavoro all’esterno (in questo caso frequenza ad un corso scolastico).

Tale attività assume importanza e significato, se inquadrata e collocata nelle attività volte a sensibilizzare e coinvolgere l’esterno sulle problematiche del disagio e della detenzione.

Il carcere può svolgere una funzione diretta al recupero della persona, solo se nel territorio trova un interlocutore credibile, capace di farsi carico delle problematiche del disagio e della detenzione e di dare risposte adeguate ai problemi posti da coloro che sono intenzionati a reinserirsi.

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