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YAABA
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di Idrissa Ouédraogo, Burkina Faso 1989, 90’, versione originale Moore sottotitolata in italiano |
Materiale collegato consigliato dal Cestim
FILM:
il video "Streghe", di Razo Gamentoré, Burkina Faso, e Alessandro Soetje (1998) racconta la vita di un gruppo di donne del Burkina Faso che sono state ripudiate dai loro mariti o che non si sono mai sposate, anzi, sono state cacciate dai loro villaggi proprio perché accusate di stregoneria. Aiutate da alcuni missionari, esse hanno costituito una piccola comunità in cui si mantengono con il proprio lavoro e hanno riacquistato dignità e indipendenza. Il video è disponibile presso il COE (Centro Orientamento Educativo) Via Lazzaroni, 8 – 20124 Milano – tel 02/66712077 fax 66714338 coe@iol.it www.peacelink.it/users/coe
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SCHEDA DIDATTICA: Nelle società rurali africane alle donne anziane madri di numerosa prole, viene portato grande rispetto, perché si ritiene che durante la loro vita abbiano goduto della benedizione divina. Una donna che non si è sposata, che non ha avuto figli, viene messa invece ai margini della comunità perché si crede che Dio l’abbia condannata alla sterilità e alla solitudine per punirne la malvagità. Questa è la sorte della ormai anziane sana, a cui Bila, un ragazzino di dodici anni, incurante delle tradizioni le affibbia il nome di Yaaba, che in lingua Moore, uno degli idiomi nazionali del Burkina faso, significa "nonna". Tra la vecchia e il bambino, che la difende dalle aggressioni dei suoi coetanei, e le porta da mangiare, nasce un particolare rapporto di amicizia. Quando Nopoko, la piccola compagna di gioco di Bila, s’ammala di tetano, saranno le erbe misteriose di Sana a operare il miracolo, naturalmente contro la volontà dell’intero villaggio. Il film che riprende il respiro largo e lento della tradizione rurale, si distingue nella panoramica del cinema africano per il suo carattere trasgressivo che non gli impedisce di rivelarsi al tempo stesso un inno alla bontà e alla tolleranza. Il regista ha saputo cogliere la magia dell’assolato paesaggio saheliano e dei volti fuori dal tempo con inquadrature sobrie, annullando quasi totalmente i movimenti di macchina, con un rigore stilistico essenziale che privilegia i lunghi piani fissi o i "travellings" lenti nella luce calda e secca.
ANALISI
E CRITICA Il film inizia e finisce con una lunga corsa dei protagonisti verso spazi aperti, la vita può essere una bella avventura, un gioco in cui fiaba e realtà si confondono. Bila e Nopoko offrono libagioni sua tomba della madre di lei, altrettanto fa la vecchia Sana. Bila propone un gioco per esorcizzare la paura di essere soli con la presunta strega. Questa entra nel gioco della loro vita. La trama del racconto è adombrata in questa prime sequenze. Fiaba e realtà sono due facce della stessa medaglia: un sottile filo ideale unisce i destini della vecchia e della bambina, mosso forse dalle invisibili mani degli antenati; entrambe sono orfane di madre, il padre dell’una si lasciato morire di dolore, e per questo Sana è considerata una strega, quello dell’altra è restio a risposarsi; entrambe sono e saranno vittime del pregiudizio. E’ merito di Bila intrecciare su questo filo sottile il gioco della purissima amicizia con Yaaba, grazie ala quale loro si salveranno e tutti potranno salvarsi.In questo gioco è sana indicare la direzione giusta che guida Nopoko, è lei che vede la realtà della cose, è lei che capisce la pericolosità del coltello, è lei ancora che troverà il rimedio per salvare Nopoko, chiara metafora della liberazione dal male dei pregiudizi, è lei infine la depositaria della saggezza quindi della bontà. Con straordinaria naturalezza il film costruisce la sua tela. Parallelamente alla dicotomia spaziale savana/villaggio, si innesta quella concettuale di verità/pregiudizio. Al ritorno dal cimitero assistiamo all’incendio del granaio e al peso dei pregiudizi contro Sana da parte delle donne e degli uomini del villaggio, emerge la figura di Noaga che dice la verità ma non viene creduto, si delinea l’ambiguo rapporto di koudi e Razougou, un Bila ancora annebbiato si prende gioco della debolezza di Noaga. Ciascuno di questi episodi dice in maniera diversa che il villaggio è pieno di pregiudizi e di problemi, le immagini sono eloquenti e bandiscono il pregiudizio manicheo della netta separazione tra il bene e il male: ci sono delle ragioni, delle sfumature di cui tener conto. I ragazzi lanciano sassi per gioco alla strega e Bila reagisce. Perché? Perché è buono e da questa bontà nascerà l’amicizia disinteressata con Sana. I personaggi e le situazioni si delineano più nettamente, indovinatissima è la corrispondenza dell’aspetto fisico con l’aspetto psicologico dei personaggi il cui volto esprime inequivocabilmente di che pasta sono fatti; il quadro delle umane debolezze si arricchisce con situazioni da commedia: Tegba rivela il suo carattere litigioso che ama le beghe da cortile, Koudi e Noaga hanno dei problemi (l’impotenza di lui è determinata dall’ubriachezza o lui beve perché è impotente?), il padre di Bila è un bifolco ma può essere addolcito dalla moglie intelligente e Bila, svegliatosi di primo mattino inizia l’avventura magnifica della sua amicizia, giocata tra trasgressione alle regole e aderenza ai valori più veri. Serio e preoccupato, il volto di Bila si illumina improvvisamente in un sorriso quando offre il simbolo della sua amicizia. Splendida nella sua semplicità, questa scena, con la musica che interviene in sordina per la prima volta; il movimento della H.D.P. si ferma sui due che allegramente mangiano il gallo e se la intendono a meraviglia. Ma questo gioco-amicizia è una sfida contro tutti come appare chiaramente nelle sequenze successive, sfida che innescherà delle inevitabili conseguenze, negative e positive. In un crescendo di contrasti la verità sottolinea la menzogna, l’amicizia evidenzia l’invidia e la cattiveria. Fuori nella savana Nopoko viene ferita dal coltello arrugginito. La situazione si evolve, al villaggio Tegba viene scacciata con i figli, il finto mendicante viene smascherato, Tibo accetta di risposarsi, Bila si rivolge a Yaaba perché aiuti Nopoko. L’onda emozionale sale ad arco fino all’apice in questa parte centrale del film per poi frangersi e sdrammatizzarsi fino alla conclusione. La verità è in pericolo, la menzogna sembra vincere; le menzogne del ciarlatano aumentano il pregiudizio e Noaga non viene creduto per la seconda volta. Il peso delle immagini è determinato dai contrasti. In un’altra bellissima scena Yaaba attraversa la savana e il fiume per trovare la medicina che salverà Nopko. Una musica eterea accompagna Yaaba fino alla capanna dell’amico guaritore Taryam e poi subentra il silenzio. I due non si parlano. Il silenzio simboleggia qui la virtù per eccellenza l’espressione dell’integrita, della forza d’animo, della modestia contrapposta alle chiacchiere ingannevoli del ciarlatano. Ancora c’è il rischio che si rigetti la salvezza, Noaga non è creduto per la terza volta,; ma gli dei sono presenti come si augura Yaaba e Nopoko guarisce. Passa il tempo e l’amicizia tra Bila e Yaaba continua, continua il suo insegnamento intessuto di allegria – "ha promesso al re di trasformare lo sterco di vacca in oro" – e di saggezza – "non è lecito giudicare gli altri". Quando Yaaba muore dopo aver assolto al suo compito di mediazione, è Noaga che la seppellisce sotto l’albero della sua casa solitaria e Noaga , consolato dall’amicizia dei ragazzi racconta la storia di Yaaba. Per risolvere l’ennesimo bisticcio, Nopoko propone a Bila un gioco, e i due corrono felici verso la libertà. In un mondo disseminato inevitabilmente di vizi e virtù, l’umanità si può salvare solo con la verità che è la matrice dei sentimenti migliori, l’amicizia, l’amore.
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