da "Il Manifesto"

25 Marzo 2001

Lumumba, il principe azzurro

CINEMA A Milano l'XI festival del cinema africano aperto da Peck e Sembene

ANTONELLO CATACCHIO - MILANO

"Finché il leone non avrà i suoi griot, tutti i racconti saranno fatti a gloria del cacciatore". Questo il proverbio che un giovane africano ha voluto ricordare nell'incontro con Raoul Peck seguito alla proiezione di Lumumba. Forse il miglior complimento che qualcuno potesse fare al regista haitiano. Il quale ha voluto sottolineare come questo film proiettato a Ouagadougou o a Port Au Prince o a Cuba viene visto effettivamente come un film che parla della realtà degli spettatori. Una realtà che spesso faticano a conoscere, basti pensare che in Haiti, dove Peck è nato, a 600 km. dalla capitale i bimbi vedono un film con l'insegnante una volta la settimana, ma il programma è solo a base di Terminator. Altrettanto vale per la tv. "Noi non controlliamo la nostra memoria" incalza Peck "anche per accedere agli archivi, occidentali, bisogna pagare, se poi si vogliono ottenere i diritti di riproduzione i costi salgono ancora di più". Ma, se le proiezioni in 12 paesi africani e in altri posti sono state vissute intensamente, non da meno è stata questa prima proiezione milanese. Chi ha più di 50 anni ricorda la vicenda di Lumumba, le tv diffusero le immagini del premier strapazzato dai militari. Molti ricordano che poi era stato ucciso e che fosse in odore di comunismo, praticamente un'eresia in quel periodo a cavallo tra il '61 e il '62. Ora, grazie a testimonianze, libri e archivi Cia resi pubblici si conosce tutta la storia. Conclusa con la cattura del primo ministro congolese per mano dei militari dell'ex amico Mobutu che lo consegnarono ai secessionisti del Katanga di Ciombé, i quali lo fucilarono, su ispirazione e complicità attiva di Bruxelles e Washington. Anzi furono due militari belgi costretti a riesumare i corpi di Lumumba e due collaboratori, farli a pezzi e bruciarli per cancellare ogni traccia. Tutto raccontato dal film, che ha raccolto anche la testimonianza di uno di questi due militari. E, sarà perché il festival è africano ecco affiorare dal pubblico non solo dichiarazioni di stima e di riconoscenza verso il film, ma anche un paio di curiose testimonianze dirette. Di un congolese che era proprio nel paese in cui venne compiuto un massacro dai militari. Massacro che venne attribuito a Lumumba dai media controllati dai colonialisti (in realtà era stato Mobutu) e racconta di come alcuni fossero già allora dubbiosi di quella versione. L'altra testimonianza viene da una donna europea, presente al momento dell'arrivo di Lumumba nell'aereoporto controllato dai parà belgi e che ringrazia Pe ck per avere rappresentato con tono meno terribile quel momento rispetto a quanto lo fu in realtà. E, ciliegina ecco affiorare un Patrick (evocato) e un Patrice (in sala), entrambi chiamati così in omaggio a Lumumba. La proiezione e l'incontro con il Lumumba di Peck è stato uno dei momenti più intensi della prima giornata del festival africano di Milano che l'altra sera ha avuto il suo prologo inaugurale con Faat Kiné del vecchio leone senegalese Sembène Ousmane, vicino agli 80 anni eppure ancora capace di mettersi dietro la macchina da presa per raccontare una nuova storia per immagini. Quella di Faat-Kiné, una donna che si potrebbe dire emancipata dopo aver passato diversi guai. La troviamo che gestisce una stazione di servizio, con una bella casa e un paio di figli ormai grandi che hanno conseguito la maturità. Ma i fantasmi del passato sono poco distanti. Veniamo a sapere che Faat non ha completato gli studi perché rimasta incinta del professore, poi è stata ripudiata dal padre, sedotta, ingravidata e alleggerita del denaro da un altro bellimbusto che poi si è dato. Ora gestisce la sua vita, ma le incrostazioni della tradizione di tanto in tanto vorrebbero ancora ingabbiarla. Il padre, che riappare, vista la agiatezza economica della figlia, si permette di volerla sposata, anche i due ex compagni vorrebbero avvantaggiarsi dal benessere di Faat. Lei, per fortuna, con un sorriso disarmante tira dritta per la sua strada. Una sorta di commedia sociale che punta tutto sulla protagonista mettendo a confronto vecchie e nuove generazioni. Nulla di clamorosamente nuovo ma il tocco è leggero e garbato.