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da "Il Manifesto" 14 Settembre 2000 Atene città aperta. E multiculturale Intervista al regista greco Kostantinos Yannaris, autore di "Città nuda". Budget zero, qualità mille NICOLA RUMELIOTIS |
Nelle sale italiane, prima che scompaia dal circuito, cercate di vedere un film greco stravagante. Parla della Grecia di oggi. Città nuda (nella foto), scritto e diretto da Kostantinos Yannaris, è costato 70 milioni di dracme (50 milioni di lire!), sforando il budget, che era di 35 milioni. E' un film d'amore, ma su quello, poco rassicurante, "in vendita". E' praticato dai ragazzi di vita delle periferie ateniesi e dalle ragazze neoschiave dell'ex Urss. Giovani corpi in cerca di una vita migliore, identità etniche perdute o mai trovate o cercate. Il paese, al bivio tra oriente e occidente, è cresciuto (male), si è industrializzato (poco) e ne sta pagando le conseguenze. Abbiamo raggiunto Konstantinos Yannaris al telefono, perché è sul set del terzo film, Dekapentàugustos (Ferragosto). Gli chiediamo subito cos'è: "Un road movie, di produzione greca, in cui si intrecciano le storie di 4 famiglie con i loro problemi quotidiani. Lo definirei una odissea estiva con tanto di redenzione e catarsi finale. Non mancherà la speranza per i protagonisti". Torniamo a "La città nuda" che in greco si intitola "Apo tin akri tis polis", "Dall'altra parte della città". Ti riconosci nel titolo italiano? Va benissimo Città nuda, il titolo greco è intraducibile. Volevo parlare d'emarginazione dal punto di vista sociale, etnico e sessuale. Certo fa "vecchio melò greco anni '60", ma va bene anche così. Nel film parli dei "russoponti", i greci che abitavano nella Russia che si affaccia sul mar Nero e si trasferirono in massa in Grecia nei primi anni '90. Perché questa minoranza? Tutti i miei film parlano di minoranze, etniche o sessuali. Sono figlio d'immigrati e conosco bene le difficoltà di integrazione. Ma il mio intento non era sociologico, non era di parlare solo dei greci di Pontos, ma investigare temi più profondi e universali, l'amore e la sua perdita, la vita e la morte, lo sfruttamento dell'essere umano. Descrivi soprattutto i quindici-ventenni... E' l'età dei greci più attivi e curiosi. A questa età ci si trova implicati con estrema facilità nelle situazioni più pericolose, come quelle che ci racconta il film. Dopo ci si normalizza. Parliamo di stile. "Città nuda" oscilla tra l'iperrealismo del primo Scorsese e una forte stilizzazione neorealista. Un artista non può parlare del suo stile, certo ma ho voluto muovermi tra un realismo da documentario che fa riferimento a Pasolini e elementi più stilizzati e melodrammatici. Se vi ricorda Scorsese mi fa piacere. E gli attori ? I ragazzi più giovani sono tutti presi dalla strada, li ho conosciuti nel quartiere di Menidi, dove si svolge la storia. Ho intravisto dentro questi giovani corpi una straordinaria voglia di fare e un talento acerbo che sarebbe rimasto inesplorato se loro avessero continuato la vita descritta, più o meno, nel film. All'inizio i ragazzi non credevano che avrei fatto il film. Non pensavano che qualcuno s'interessasse a loro e ai loro problemi, alla loro visione di vita. Man mano che le riprese andavano avanti si sono convinti e hanno abbracciato il progetto con amore. Il loro aiuto è stato fondamentale anche perché si sono messi in gioco in prima persona. La lingua è un altro aspetto fondamentale... Il film è recitato in greco e in russo. Ma il greco del film è quello quotidiano. La televisione e il cinema in Grecia usano un greco artificiale, una lingua assolutamente inventata, pomposa e retorica che nulla ha che vedere con la spontaneità, la poetica e il lirismo di quella quotidiana. La Grecia è da sempre multiculturale, ma rimuove questo dato ed è assurdo, siamo a metà tra est e ovest, i Balcani e l'altro "mediterraneo". Com'è il cinema greco di oggi? I cineasti greci non vivono "la società", ma come in una dimensione parallela. E questo è il grande problema. Si sono isolati dalla realtà e non riescono a esplorarla. Rimane qualche spicciolo d'estetismo in quello che fanno ma il tutto è assolutamente gratuito. Però si produce molto, a Salonicco tra poco saranno presentati 120 film e in questo momento sono 6 i film in lavorazione, compreso il mio. Ma non c'è un'industria, solo delle piccole imprese. Le pellicole di successo sono ovviamente commerciali, e bruttine, vanno di moda le commedie sexy. Gli autori sono relegati nei festival, il pubblico vuole altro. Ma Città nuda è andato benino, forse per i temi che tratta. Ma i soldi non mancano. Da una parte c'è il Centro Cinematografico Greco e dall'altra i produttori indipendenti e i figli dei mogul greci anni 60 e 70. Chi ti ha influenzato? Sono cresciuto con il cinema commerciale greco. Dai melò anni '60 alle commedie, al musical. Ma vorrei citare solo un autore, Alexis Damianos. I suoi eroi disperati, in film come Dalla nave, Evdokia e Iniochos (L'auriga), vivono nei miei personaggi. E poi la sua descrizione della società è straordinaria. E pensate che in Grecia lo conoscono soprattutto come attore della tv degli inizi. E Anghelopoulos? Fa il suo mestiere. Altri nomi? Pasolini, Fassbinder, i film americani in bianco e nero degli anni '40. Hai cominciato lavorando all'estero... Sì, ho lavorato in Inghilterra. Lì ho fatto tutti i miei documentari e corti, compreso Framed Youth, premiato nell'84 come miglior documentario. Vivevo 6 mesi a Londra e 6 ad Atene. Sono stato fortunato. Ma dopo i grandi cambiamenti politici europei degli anni '90 il mio ciclo naturale in Inghilterra era già compiuto. Sia dal punto di vista estetico e tematico che sentimentale. La Grecia m'intrigava molto. Dopo la caduta del comunismo, in questo paese si è formato un mix di culture esplosivo e che arricchisce. La Grecia è un paese che vive col suo passato. La "tua" Grecia non ha passato e nemmeno futuro. Ha solo un presente contraddittorio... Vivere nel passato è uno dei problemi più malsani sia del cinema che della società greca. Il fatto che 50 anni dopo la guerra civile ci siano ancora dei giovani registi che fanno dei film, e anche brutti, su quel momento storico è un fatto inconcepibile. Parlare del passato è una soluzione facile per tanti registi perché non hanno nessun rapporto con il presente. Per quel che riguarda il futuro vorrei dire un paio di cose. Dopo la fine del comunismo e di tutti quegli ideali, l'autore si è trovato in qualche modo spaesato. Non posso pensare che noi dobbiamo diventare i paladini di una politica anti-capitalista. Non è il nostro lavoro. Io non faccio politica. Noi dobbiamo però porre delle domande registrando la realtà all'interno della dimensione umana. E le risposte? Passano solo attraverso l'amore e la comprensione. L'amore nel suo senso più profondo. A differenza di quel che credeva Hitchcock per me il cinema rappresenta la vita, per quanto dura che essa sia. Il resto è mercato. Da "Jean Genet is dead" e "North of Vortex" fino a "Città nuda" la sessualità e l'omosessualità ritornano. La sessualità fa parte dell'esistenza. L'omosessualità è poi un tema che m'interessava molto. Ho tentato di analizzarla in quasi tutti i miei film. Era un tema che mi tormentava dall'età di 15 anni e ha raggiunto l'apice tra i 20 e 30 anni. Oggi m'interessa molto di meno. L'identità gay tanto ricercata e poi acquisita è ormai diventata quasi una merce. Ha molto a che fare con il "life style" e il consumismo e molto poco con il desiderio. |