CINEMA
"MIRKA" DI RACHID BENHADJ

Le montagne incantate di Mrs Heidi e Mr Haider

Redgrave, Depardieu e Bobulova raccontano la favola dei razzismi

- LIVIO QUAGLIATA - ROMA

 

da "Il Manifesto" del 04 Marzo 2000

S e ne sta stretto stretto un po' tra Heidi e un po' tra Haider il piccolo Mirka del regista algerino Rachid Benhadj. Mirka (che del regista è il figlio) ha dieci anni, riccioli neri che non vedrà più, guanciotte piene e gamba svelta. Clandestino, passa la frontiera. Impaurito, sfugge alla finta caccia degli arianissimi coetanei. Coraggioso, bussa alla porta di nonna Kalsan (l'argentea Vanessa Redgrave) e di nipote Elena (l'aurea Barbora Bobulova). Le due donne vivono nelle montagne incantate, a due passi dalle nuvole che colorano gli occhi d'azzurro, la loro vita scorre dura e tranquilla, il passato è alle spalle, un matrimonio è alle porte. Mirka quelle porte le spalanca e con lui il passato si fa presente. Mirka lo "straniero" è scappato da un orfanotrofio, ha passato la frontiera, ha rischiato la morte - perché cerca la Madre. Sente che Lei è lì, tra quelle montagne, forse in quella casetta legnosa, dietro quelle tendine all'uncinetto, tra quelle mucche, quel latte fresco, quelle mele prese a prestito da Brughel e lasciate docilmente maturare in soffitta. Il suo fiuto di figlio alla fine gli darà ragione, la sua innocenza di bimbo verrà presto spezzata dalle verità degli adulti, che già sanno di lui, e di come è nato, e del perché avrebbe dovuto essere ucciso, e di come sarà meglio per tutti che venga ucciso. Mirka, con quel nome tanto "strano", è infatti "il figlio dell'odio seminato dai nostri nemici", dirà Helmut (Sergio Rubini), mancato sposo, a Elena, ritrovata mamma. E' figlio di uno stupro di guerra, o se preferite di uno "stupro etnico" come più modernamente ci rammentano i titoli di coda citando "stime" Onu: uno, preso dal quel milione mezzo degli ultimi dieci anni. E' un "bastardo", insomma, e avrebbe dovuto essere ucciso come tutti i bastardi che ora riposano in pace nel cimitero abbandonato, a due passi dal villaggio, al villaggio bandito. Mirka, però, che venne salvato allora, verrà salvato anche ora. Ci penserà Elena a far sì che non ritorni tra i sommersi, penserà se salvarlo o meno nonna Kalsan, lo salverà senz'altro Strix, un Gérard Depardieu matto del villaggio, mangiatore di bambini, liberatore di coloratissimi uccelli. Un fuoco purificatore, un canto di usignoli, qualche lacrima materna scriverà la parola fine alla favola e alla guerra. In uscita il 10 marzo, il film è stato presentato ieri a Roma. Il bravo Benhadj - Louss, Touchia - ha portato il suo "messaggio di speranza dopo la guerra in Kosovo e in Algeria", Dépardieu il suo sorriso spaccone, la Bobulova la sua inquietante innocenza, la Redgrave (rimasta a Londra) una grande esperienza e la recentissima militanza contro l'Hitler-Milosevic. Il cast, insomma, è d'eccezione, il tema in qualche modo pure, la scrittura - la favola - potrebbe prestarsi al racconto universale, perduto nel tempo e nello spazio, tra montagne albanesi o trentine, un anno fa oppure mille, i forti contro i deboli. E però si lascia la sala con in bocca il gusto amaro della cioccolata svizzera, negli occhi la visione distorta dei quadretti alpini. Sapori e luci che hanno generato mostri, ma che in Mirka a tratti paiono soltanto pecore al pascolo, accarezzate dal vento. Anche un bambino sarebbe capace di togliere la maschera a Heidi, e a Haider. Questo non fa di Heidi e Haider due facce semplici da ritrarre.