il manifesto - 09 Febbraio 2003
NAPOLI
A Scampěa sfilano no global e pachistani
Corteo contro la guerra e la caccia agli islamici. Sit-in all'aeroporto militare
FRANCESCA PILLA
NAPOLI
«Ma chi sono?» «Rete no global contro la guerra». «E quelli?» «La comunità pakistana napoletana». Il quartiere di Secondigliano è incuriosito, in periferia di manifestazioni se ne vedono poche. La gente si affaccia ai balconi, i bambini guardano incantati, i ragazzi ballano sulle note del sound system, gli anziani osservano contenti come se fosse una parata per il santo patrono. Il movimento ha scelto questo quartiere devastato dalla disoccupazione come simbolo delle periferie di Baghdad che potrebbero essere distrutte dalle bombe. La manifestazione è un segnale importante, la gente di Secondigliano lo percepisce e si divide tra gli «interventisti» e quelli che all'ipotesi di un conflitto dicono «no senza se e senza ma». Così le tribune politiche diventano i tanti bar e negozi dove, al passare delle centinaia di persone (Disobbedienti, sindacati di base, studenti, Lsu, disoccupati organizzati di Scampia, il comitato di lotta all'inceneritore di Acerra, il gruppo Peppino Impastato contro l'illegalità a Melito), scoppiano forti contenziosi. «Allora lasciamo che quel dittatore arabo, come si chiama... Saddam, ci uccida tutti», sbotta la cassiera di una caffetteria. «Quello delle armi chimiche è un pretesto. L'America vuole il petrolio e se ne frega della povera gente come noi», risponde Gino, venuto a giocare un terno secco sulla ruota di Napoli. Davanti a un negozio di telefonini c'è una commerciante particolarmente inviperita, mentre il corteo sfila su corso Secondigliano prima di dirigersi al comando militare Usa di Capodichino per un sit-in di protesta. «Io sono arrabbiata con tutti - dice - dai "compagni" alla polizia. E riguardo alla guerra, ora ho altro a cui pensare». E' Patrizia Laboccetta, moglie del consigliere di An che qualche giorno fa ha subito una perquisizione della Digos in cerca di armi e esplosivo nella sua abitazione. Un errore, ha detto poi scusandosi il questore Malvano. Uno sbaglio che riporta alle operazioni degli ultimi tempi, in particolare al blitz di vico Pace a Forcella, conclusosi con l'arresto di 28 pachistani, accusati di terrorismo. Ieri mattina per la prima volta la comunità ha rotto il silenzio, decidendo di partecipare al corteo per la pace. Un intervento difficile in difesa dei connazionali - rinchiusi proprio nel carcere di Secondigliano - perché ormai i pachistani hanno paura di uscire da casa, temono per il loro lavoro, per le proprie famiglie, per il rischio di essere discriminati ed emarginati. In mattinata durante una conferenza stampa hanno però chiesto «giustizia» per l'equivoco di un'inchiesta secondo loro sbagliata alla radice: «Siamo stati strumentalizzati dalla camorra - ha detto un portavoce - le persone che vivevano in quella casa sono tutte innocenti». E il fratello di uno degli indiziati ha precisato che loro di terrorismo islamico non ne hanno mai sentito parlare. Quindi Giovanni Russo Spena, parlamentare del Prc, ha insistito: «Bisogna stare attenti che questo non diventi un dossier prefabbricato». «Niente caccia alle streghe», è invece il messaggio del movimento.