il manifesto - 05 Febbraio 2003
Periferie dure. Se la beurette non va più a scuola
Vita difficile per le ragazze nelle banlieues «etniche» francesi. Cultura sempre più virilista e tradizionale
Tutte col velo Il velo è ormai la sola difesa da stupri e aggressioni; senza si è bollate come «puttane». Ma c'è chi protesta e si ribella, marciando per la Francia

ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Hanno scelto un luogo altamente simbolico per avviare il tour de France che si concluderà a Parigi l'8 marzo prossimo: un gruppo di ragazze è partito sabato scorso da Vitry sur Seine, la cittadina della banlieue parigina dove il 4 ottobre scorso Sohane, una ragazzina di 17 anni, è stata bruciata viva in mezzo alle pattumiere perché aveva osato dire «no» al caïd del quartiere. Le ragazze della Fédération de la Maison des Potes (organizzazione vicina a Sos racisme) con la marcia che toccherà 28 città francesi, dove verranno organizzati dibattiti ma anche non meglio precisate «azioni clamorose», intendono «sensibilizzare» i francesi sulle condizioni delle giovani donne nei quartieri di periferia. L'anno scorso queste ragazze avevano riunito più di 250 persone alla Sorbonne, per discutere della violenza di cui sono vittime le giovani donne nei quartieri della periferia degradata. Il loro manifesto dal titolo deciso - «Né puttane né sottomesse» - ha raccolto più di 15mila firme. «Bisogna portare il dibattito sulla piazza pubblica», spiega Fadela Amara, la presiente della Fédération. Le donne sono le prime vittime della violenza che pesa sulle banlieues, denuncia il movimento. La prova sono i casi di stupro di branco in netta crescita. «La regressione dello status della donna nei quartieri - dice Fadela Amara - si è tradotta in una recrudescenza delle violenze verso le ragazze, in matrimoni forzati, in molestie da parte dei ragazzi». Fadela Amara aggiunge: «In famiglia e nei quartieri non si parla di sesso. Non è più permesso fumare. Non è più permesso mettersi una gonna. Non è più possibile frequentare dei ragazzi, se no si passa per la puttanella del quartiere. Non è più permesso partecipare a una conversazione. Ci viene detto: `torna a casa', o `vattene'. Le ragazze vengono ritirate dalle scuole. Il mito della beurette (slang per ragazza di orgine araba) che studia si è infranto».

La marcia è appoggiata da tutti i partiti e da numerose personalità. Ha dato il suo sostegno anche Samira Bellil, che l'hanno scorso aveva fatto molto disutere con la pubblicazione del libro autobiografico, dieci anni e una lunga terapia psicanalitica dopo i fatti, Dans l'enfer des tournantes, dove ha raccontato i tre stupri di branco di cui è stata vittima in una cantina di un palazzone di periferia.

Basta passeggiare in una banlieue qualsiasi per notare l'aumento considerevole di ragazze che in Francia portano il velo islamico. Per il movimento che ha organizzato la marcia, è una forma di difesa che le giovani donne scelgono per essere lasciate in pace, visto che gli spazi di libertà ormai non esistono più. Le ragazze sono obbligate a diventare invisibili, a passare lungo i muri con la testa bassa: «se no la reputazione di puttana arriva. La diceria diventa violenza contro le donne, strumento del controllo sociale», afferma Horia Kebabza, una dottoranda che sta facendo una ricerca per la delegazione interministeriale per la città.

Il movimento mette in causa direttamente gli imam di quartiere, che radicalizzano i giovani, peraltro sempre più esclusi dalla società. Ma la violenza non riguarda solo le ragazze di origine araba o africana. Anche le cosiddette «francesi d'origine» che ancora vivono nei quartieri difficili (malgrado il continuo esodo, che ne fa sempre più dei ghetti etnici) sono ridotte a vittime della violenza dell'ambiente.

Secondo il sociologo Daniel Welzer-Lang, è in corso un ben visibile fenomeno di «irrigidimento virilista» tra i giovani di periferia, disoccupati, che non riescono a uscire dal ghetto che a loro volta trasformano in inferno per chi è più debole di loro. I ragazzi, spiega il sociologo, educati con valori tradizionali, si rivoltano contro l'assenza di prospettive prendendosela con le donne.

«Non ce la faccio più a stare zitta», sostiene una partecipante alla marcia. «Da anni - denuncia - le mie sorelle, le mie cugine, le mie amiche subiscono questa violenza. Prima si percepiva una solidarietà, oggi noi giovani donne ci nascondiamo, cerchiamo di passare inosservate». Delle rappresentanti della Fédération sono ormai nell'Osservatorio sulla parità, istituito dal governo.