il manifesto - 04 Dicembre 2002
Le favelas degli zingari
Alla perferia di molte città francesi i nuovi centri della povertà
A. M. M.
PARIGI.
La baracca è costruita con del cartone, qualche pezzo di legno, e dei detriti di gesso per costruzioni, della latta e delle striscie di plastica. Attorno, al freddo, una famiglia, dei bambini. Non c'è acqua e neppure l'elettricità, per non parlare dei bagni e del sistema fognario. Il terreno su cui sorgono decine di baracche simili è fangoso, intriso di acqua che penetra fin dentro queste abitazioni di fortuna, inzuppando le scarse coperte. Non succede in una favela del terzo mondo, ma alla periferia di Parigi. Non negli anni `60, quando le bidonville di Nanterre avevano creato lo scandalo, ma alla fine del 2002, senza che la cosa sollevi una grande indignazione tra i benpensanti. Ieri alle 6,15, nella baraccopoli di Choisy le Roi, a est di Parigi, 450 tra gendarmi e poliziotti hanno invaso il terreno e sloggiato manu militari i 163 rom che vi abitavano da due anni. Un po' meno della metà ha i documenti a posto ed è stato affidato alla Croce rossa. Per gli altri, ci sarà l'espulsione, in conformità con l'accordo concluso dal ministro degli interni, Nicolas Sarkozy con la Romania. Contemporaneamente all'intervento a Choisy le Rois, la polizia ha fatto sfollare anche un'altra baraccopoli, che si era costruita a Rungis, alla periferia di Parigi, all'incrocio di due strade statali. Médecins du Monde ha denunciato «questo vero e proprio rastrellamento», che ha colpito famiglie che «avevano cominciato ad integrarsi in Francia».

A Lione, il sindaco socialista, Gérard Collomb, dopo aver tergiversato sul da farsi di fronte a una baraccopoli di rom e di rifugiati dell'est (226 adulti, 168 bambini) ha deciso di rivolgersi al tribunale e, nel frattempo, ha lasciato queste persone senza un collegamento all'acqua e alla rete elettrica. Giovedì 28 novembre, il tribunale ha dato due mesi di tempo a queste persone per sloggiare. Dove? Saranno accolti da centri di accoglienza d'emergenza per qualche giorno, poi il sindaco spera che il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, li rimandi di forza nei paesi di origine. Dei charter, organizzati dalla compagnia rumena Tarom, dovrebbero ben presto riportarli a casa loro.

Del resto, la Francia ha partecipato finziariamente al rimpatrio forzato di 138 rom che, fuggiti da Choisy le Roi dopo un incendio il 9 settembre scorso, si erano rifugiati in Svizzera, da dove sono stati caricati su un aereo per Bucarest.

In Francia rinascono le baraccopoli. Non solo alla periferia di Parigi e Lione, ma anche a Nantes, Lilla, Clermont-Ferrand, nei dipartimenti che circondano la capitale. Il grosso degli abitanti delle bidonville del XXI secolo sono degli tzigani dell'est, rumeni, jugoslavi, croati, ma anche una frangia di gitani francesi sono coinvolti in questo crollo negli abissi della miseria.

Gli stranieri sono in genere in attesa di una risposta dopo una richiesta d'asilo. Per legge, non possono lavorare. Vivino quindi di espedienti, le donne chiedono l'elemosina, i ragazzi lavano i vetri ai semafori. Alcuni giovani e adulti commettono piccoli reati. Altri cadono nella rete delle mafie. I comuni si rimpallano queste persone, sgradite ovunque, con poche eccezioni di manifestazioni di solidarietà. Nella maggior parte dei casi, i bambini figli di sans papiers che vivono nelle bidonville non sono scolarizzati, anche se la scuola non chiede i documenti di soggiorno, ma ha comunque bisogno di un indirizzo per l'iscrizione. Le bidonville sono zone fantasma, che i comuni in genere per un certo periodo fanno finta di non vedere, prima di rivolgersi alla magistratura per far sloggiare gli occupanti. Malattie che erano considerate debellate, come la tubercolosi, rifanno apparizione tra questi sfollati. Il fenomeno delle favelas francesi del XXI secolo non ha certo ancora preso le proporzioni degli anni `60, quando più di 250 bidonville erano stati recensiti in tutta la Francia, con una popolazione che superava le 75mila persone. La più popolata fu Nanterre, con 20mila persone, che divenne uno scandalo nazionale quando dei bambini morirono negli incendi che scoppiavano qua e là nella baraccopoli.