il manifesto - 15 Novembre 2002
A Sangatte peggio che mai
Sgombrata la chiesa occupata dai migranti scacciati dal centro accoglienza. A Calais continuano a venire rifugiati diretti in Gran Bretagna. E si accampano in strada
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
La chiesa di san Pietro e Paolo di Calais è stata evacuata dalle forze dell'ordine alle 4,50 di ieri mattina, dopo quattro giorni di occupazione, ore di negoziati e un inizio di sciopero della fame interrotto domenica sera. Ma il problema dei migranti respinti dal centro di Sangatte, dal 5 novembre chiuso a nuovi arrivi, resta irrisolto. I 98 rifugiati dormivano ieri all'alba, quando gli agenti hanno aperto il portale della chiesa. I poliziotti non hanno fatto ricorso alla violenza e gli uomini sono poi stati caricati su quattro pullman, con destinazione i centri di polizia di altre città, lontano da Calais, come aveva notificato la Prefettura da alcuni giorni. In 69 hanno accettato di presentare domanda d'asilo in Francia, anche se la speranza di ottenerlo è molto debole, mentre la ventina restante è per ora sistemata in centri di accoglienza d'emergenza. In mattinata, però, quando ormai i rifugiati della chiesa erano partiti, la tensione è cresciuta sulla piazza di fronte a San Pietro e Paolo, dove si era raggruppato un centinaio di altri migranti. Qui la polizia ha fatto ricorso alle maniere forti per sloggiarli e obbligarli a salire sui pullman che li hanno portati altrove. I rifugiati ormai sono lontani da Calais, il flusso di persone verso Sangatte è in leggera diminuzione - anche se una quarantina di persone in media continuano ad arrivare giornalmente - il che non toglie che il problema di fondo resti del tutto irrisolto. Difatti, i kurdi e gli afghani che avevano occupato la chiesa hanno fatto il lungo (e caro) viaggio dai paesi d'origine con l'intenzione di raggiungere la Gran Bretagna, dove in molti hanno famiglia e amici e dove hanno buone possibilità di trovare almeno un lavoro al nero in seno alle rispettive comunità. Nessuno crede ancora che le leggi sull'immigrazione e il diritto d'asilo siano cambiate da venerdì 8 novembre in Gran Bretagna. Il 3 dicembre prossimo, il ministro degli interni francese, Nicolas Sarkozy, andrà a Londra, accommpagnato dai politici locali della regione Pas de Calais, per ridiscutere del problema con il suo omologo britannico, Davis Blunkett. La proposta di un'eurodeputata verde, Hélène Flautre, di far ricorso all'articolo 9 della convenzione di Dublino - che permette di chiedere asilo per ragioni famigliari in un altro paese (nella fattispecie in Gran Bretagna a partire dalla Francia) non è stata neppure presa in considerazione.

I riflettori dei media si sono spenti su Calais e Sangatte, ma anche qui il problema non è certo in via di soluzione. Intanto, al centro della Croce rossa di Sangatte, che chiuderà definitivamente ad aprile, restano 1600 persone, munite del fatidico badge, in attesa di passare clandestinamente dall'altra parte della Manica. I controlli si sono accresciuti lungo tutta la costa, la polizia belga collabora attivamente con quella francese e britannica, per cercare di impedire i passaggi. I passeurs hanno aumentato i prezzi per «aiutare» i clandestini ad imbarcarsi su un camion o sul treno e approdare in Gran Bretagna. Anche nella stazione di Parigi da dove partono i treni per il nord è aumentata la presenza della polizia, tutti i convogli per Boulogne-sur-Mer sono sottoposti a controllo - per non parlare, evidentemente, dell'inabbordabile Eurostar per Londra.

A Calais il sindaco, Jacky Hénin, continua ad essere preoccupato. Evacuata la chiesa, i migranti continuano a vagare per la città, mentre lo stato sembra volersene lavare le mani. «Vivremo di nuovo, temo, un orrore umanitario - afferma il parroco di San Pietro e Paolo, Jean-Pierre Boutoille - sono tornato poco fa di fronte alla chiesa. C'era lì una ventina di rifugiati, inebetiti, senza cibo. Un altro stava dormendo in una cabina telefonica. La chiusura di Sangatte era indispensabile, ma avrebbe dovuto essere prevista la gestione di quelli che continuano ad arrivare, 30-40 al giorno. Offrire loro un luogo dove riposarsi e ristorarsi per cinque giorni, con dei rappresentanti della Prefettura per informarli. Non abbiamo vocazione a gestire nel tempo questa nuova situazione». Padre Boutoille aveva sottolineato, due giorni fa, la lezione di umanità e di solidarietà che era venuta dai rifugiati, che dopo aver trovato le porte chiuse a Sangatte erano rimasti uniti ed avevano occupato pacificamente prima due palestre della città poi la chiesa, ora evacuata.