il manifesto - 09 Novembre 2002
L'islamofobia dell'Europa
Il continente nutre un «supplemento di sospetto» verso i musulmani
MARINA FORTI
INVIATA A FIRENZE
E' l'eterna questione dei «nuovi cittadini», o se vogliamo delle «identità multiple». O, meglio, di una società europea che non è più descrivibile come omogenea (se mai lo è stata), ma stenta a ripensarsi. Dunque, qual è il posto dei musulmani nell'Europa che qui tutti vogliono fondata sui diritti di cittadinanza universali? La domanda è stata posta ieri mattina durante un seminario assai partecipato, organizzato dalla francese Ligue des Droits de l'Homme (Ldh) e dalla rete britannica Black Racial Attack Independent Network. Domanda interessante, perché pone diversi problemi nello stesso tempo. Il primo è ovviamente quelli dei diritti di cittadinanza di popolazioni immigrate: le comunità musulmane in Europa «hanno vissuto, come tutti i migranti del mondo, il riflesso di ostilità della società in cui arrivano, il riflesso di isolarsi tra loro, la frattura economico sociale, le discriminazioni sul lavoro, nel cercare casa», fa notare Tariq Ramadan, professore di filosofia e islamologia all'Università di Ginevra. Ma inutile negare che le comunità musulmane subiscono un sospetto particolare, e questo è il secondo problema, forse quello centrale - qui è stato definito islamofobia: «E' l'idea che nell'islam c'è qualcosa di irriducibile che rende i musulmani non integrabili nella società europea». E' il presunto scontro di valori: «Si dice che l'islam non riconosce i diritti universali propri dell'occidente, i diritti umani, delle donne: e questa rappresentazione è rafforzata dal fatto che spesso sono gli stessi musulmani a definirsi così, in opposizione all'occidente»: il riflesso dell'identità contrapposta, brandita come rivolta. Asad Rehman, attivista della rete britannica, descrive lo scivolamento del discorso dell'estrema destra razzista inglese: «Dicono che non hanno nulla contro gli immigrati dell'Asia meridionale, ma con i musulmani perché non accettano i valori dell'europa cristiana. E però anche l'intellighenzia considera l'islam incompatibile con l'identità britannica». Idea falsa, attacca Ramadan, l'Europa ignora volutamente la parte che la cultura e filosofia islamica ha avuto nella costruzione della cultura europea: «Quando la memoria è selettiva finisce che anche la cittadinanza è selettiva». Ramadan se la prende con gli speculari atteggiamenti di autovittimismo dell'islam immigrato e di paternalismo neocoloniale degli europei, che continuano a chiamarti «cittadino di origine immigrata» quando sei qui da tre generazioni. E, perfavore non parliamo di «identità minoritaria: è una trappola. Esiste forse una cittadinanza minoritaria?» si chiede Ramadan: «Dobbiamo costruire uno spazio per l'identità multipla».

Rehman rivendica un'identità multistrato, di sinistra e musulmano, e vorrebbe un Social forum europeo con più neri e asiatici e musulmani europei - un po' meno bianco. Un consigliere comunale franco-maghrebino rivendica: «Voglio essere considerato cittadino prima che musulmano, la mia confessione è affare mio», e così rivendica lo spirito profondo della cittadinanza come si è costruita nello stato laico francese. Una ragazza olandese candidamente domanda: ma voi mettere prima i diritti religiosi o i diritti delle donne? Ramadan risponde con la libertà di scelta, «lotto per la libertà, perché le donne siano libere di scegliere, se poi scelgono il foulard devo accettare la scelta».

Per costruire l'Europa delle identità multiple bisogna rompere le rappresentazioni stereotipate, incalza Ramadan, discutiamo con i vicini di casa musulmani di come trattano le donne, o dell'istruzione delle ragazze, di tutto, ma basta con il sospetto pregiudiziale: «Rischiate di non vedere che in Europa, o in America, è in corso una rivoluzione silenziosa. I musulmani, le musulmane, stanno acquistando una coscienza della cittadinanza che rappresenta un cambiamento enorme, importante. Ma continuano a subìre una rappresentazione discriminatoria che li incasella».

La rappresentazione discriminatoria è però aumentata dopo l'11 settembre 2001, e questo è il terzo problema sollevato dalla domanda iniziale. Rehman denuncia l'ostilità crescente verso i musulmani: in particolare donne con il foulard, visto che è segno facilmente riconoscibile dell'appartenenza religiosa. E ancora più preoccupanti sono le legislazioni antiterrorismo passate in molti paesi europei.