il manifesto - 17 Settembre 2002
DA NORDEST
Un segno di civiltà
GIANFRANCO BETTIN
Una manifestazione imponente. Secondo la stessa questura di Treviso, una delle più grandi mai viste in città. Così l'«Humanity Day» di domenica scorsa, in perfetta simmetria, e in totale dissonanza, col Padania Day di Venezia. In grado di reggere benissimo il confronto con l'adunata leghista anche sul piano dei numeri (su quello della civiltà, va da sé, non c'è possibile confronto). Un risultato eccezionale, dunque, anche considerando il clima di tensione artificiosamente creato attorno alla manifestazione. Centinaia di poliziotti e carabinieri, elicotteri, minacce di presenze antagoniste da parte di Forza Nuova, enfatizzazione sulla stampa locale di possibili incidenti e, infine, l'isolamento che gran parte del centrosinistra cittadino ha cercato di creare intorno all'iniziativa. Su scala locale, per molti versi, si è infatti ripetuta la diffidenza e, a volte, l'arrogante supponenza, che ha caratterizzato, prima del rinsavimento finale, l'atteggiamento di tante forze ufficiali di centrosinistra di fronte all'appuntamento di Piazza San Giovanni. Così, secondo uno schema purtroppo già visto durante l'occupazione del sagrato del Duomo, la pretesa di ricondurre tutto all'ordine dei partiti e delle forze considerate, chissà perché, depositarie del potere d'iniziativa, si è cercato dapprima di "scomunicare" la proposta di M21, il comitato che da anni lavora con gli immigrati nella provincia trevigiana, e poi di minimizzarne la portata, giungendo a sostenere che gli stessi esponenti politici locali e regionali o gli intellettuali che vi avevano aderito o non erano bene informati o non avevano neanche letto l'appello a sostegno dell'«Humanity Day» che avevano firmato (per inciso, qualcuno lo ha detto anche degli autori materiali del testo...). A parte queste cose, e a parte l'accusa, già sentita qualche milione di volte, secondo la quale queste iniziative «spaventano i moderati» (?), la straordinarietà della giornata era tutta nella grande partecipazione di immigrati, davvero migliaia, e nella presenza di moltissimi ragazzi e ragazze, giovanissimi, oltre che di un sacco di altra gente, trevigiana e no. Ma vale la pena di sottolinearla, comunque, la presenza dei tanti trevigiani scesi in piazza (rimarcata da due striscioni emblematici, come ha sottolineato Giuliano Giuliani: «Trevigiani di tutti i colori» e «Trevigiani Umanamente Indignati»). Una presenza niente affatto trascurabile, come qualcuno si è invece affrettato a dire (tradendo la speranza che la manifestazione fallisse). C'era invece una buona e significativa e motivata Treviso in piazza. Una parte di città da cui si può ripartire, solo che si abbia occhi per vederla e orecchi per ascoltarla.