il manifesto - 14 Agosto 2002
Il «razzismo ostile»
Carolina del Sud Lavoratori neri all'impianto nucleare di Savannah River denunciano l'azienda: per loro mansioni dove si prendono l'80% di radiazioni in più dei bianchi
Londra Il caso aperto degli Usa rimbalza oltre l'Atlantico e fa scandalo: l'ente nucleare britannico Bnfl è comproprietario della centrale di Savannah River

MA.FO.
Profondo sud degli Stati uniti. Un gruppo di lavoratori neri denuncia: all'impianto nucleare Westinghouse Savannah River Company, in Carolina del Sud, vige un ambiente di «razzismo ostile» e i neri sono regolarmente assegnati a mansioni in cui sono molto più esposti alle radiazioni dei loro colleghi bianchi. La denuncia si traduce in una causa legale. E dall'altra parte dell'Atlantico, a Londra, l'ente nucleare britannico Bnfl è chiamato in causa: «Lavoratori neri esposti alle radiazioni in un impianto di Bnfl», titolava ieri la prima pagina di The Independent. Il caso crea imbarazzo a Londra, e si capisce bene. La causa aperta negli Stati uniti da quel gruppo di 32 lavoratori neri fa emergere livelli di razzismo che sembravano scomparsi - roba da profondo sud americano negli anni `60, prima delle lotte dei neri per i diritti civili. Razzismo quotidiano: nella denuncia, i lavoratori neri parlano di cappi fatti trovare loro negli armadietti, scritte del genere «nigger go home» sui muri delle toilettes, battute ricorrenti come quella per cui certe zone dell'impianto nucleare sono «coon area», che suona come «zona da negri». Razzismo professionale, perché i neri affermano di essere stati sistematicamente esclusi dalle promozioni anche quando avevano qualifiche migliori dei colleghi bianchi. Fino al fatto che ai neri vanno i lavori più «sporchi», cioè con più esposizione alle radiazioni.

L'impianto di Savannah River è stato uno dei siti di produzione di armi atomiche del governo degli Stati uniti; oggi smaltisce scorie nucleari. Appartiene a Westinghouse Government Services e all'ente statale britannico British Nuclear Fuel Limited (Bnfl), che ne detiene il 40% della proprietà (l'ente britannico, proprietario dell'impianto di riciclaggio di combustibile nucleare a Sellafield in Inghilterra, ha investito molto in quella che chiama «bonifica nucleare», cioè il trattamento di scorie ad alta radioattività).

Qualche tempo fa la commissione statunitense che veglia sulle «pari opportunità» ha affermato che a Savannah River c'è un «ambiente di lavoro razzialmente ostile». Ivan Smith, l'avvocato di New York che nel 1997 aveva avviato la prima causa a nome di 99 dipendenti dell'impianto, ne sa qualcosa: quando è andato a visitare l'impianto ha subito l'attacco di un'auto che lo ha urtato ed è fuggita via mentre gli gridavano «negro, vattene» (nigger è il termine più dispregiativo per riferirsi a un black, nero). D'altra parte quella prima causa è naufragata: la direzione della centrale ha speso 25 milioni di dollari (del Dipartimento all'energia, cioè denaro pubblico) per combattere la battaglia legale, finché ha ottenuto che il tribunale gli desse ragione chiudendo il caso e 62 querelanti ritirassero le denunce, accettando un compromesso (in denaro). Ora però la questione torna in tribunale, perché restano aperte 32 querele e richieste di risarcimenti. I querelanti ora portano un'altro elemento a proprio sostegno, il rapporto compilato da un ricercatore dell'Università del Colorado, esperto in esposizione ad agenti tossici sui luoghi di lavoro. Sulla base dei dati forniti dalla direzione dell'impianto stesso, questi ha concluso che a Savannah River i neri erano normalmente messi a svolgere mansioni in cui si prendevano in media l'80% di radiazioni in più di quelle ricevute dai bianchi. Il caso sarà discusso in ottobre.

Si capisce che la causa aperta in Carolina del Sud rimbalzi a Londra. The Independent ne fa un caso, e il suo inviato in Carolina del Sud ha raccolto testimonianze raggelanti. Deputati e leader politici delle comunità di colore britanniche gridano allo scandalo. L'ente nucleare britannico si è affrettato a dire che ha un interesse economico ma non partecipa alla gestione dell'impianto - come a dire che non è responsabile del razzismo che vi impera. Ma sarà chiamata a dire qualcosa di più.