il manifesto - 08 Giugno 2002
Bossi e Fini fatti neri
I giovani confindustriali sparano a zero contro la legge sull'immigrazione. Ma è tardi. Casini apprezza, media e dice: subito la riforma delle pensioni
MANUELA CARTOSIO
INVIATA A SANTA MARGHERITA
Ababbo morto, quando la Bossi-Fini è ormai cosa fatta, i giovani di Confindustria alzano la voce per criticare una legge zeppa di «inutili irrigidimenti», messi lì apposta per costruire «uno spot pubblicitario dove si mostrano i muscoli più per rassicurare l'opinione pubblica di fronte alla presunta emergenza immigrazione che per migliorare la gestione strutturale del fenomeno». Parole forti quelle della neopresidente Anna Maria Artoni che andavano dette prima, senza aspettare il tradizionale convegno annuale di Santa Margherita intitolato quest'anno migrAzioni. Tolta la fiducia nella mano invisibile di Adam Smith, cancellata qualche formale lisciatina al contratto di soggiorno, la relazione di Anna Maria Artoni prenderebbe l'applauso anche di una platea di sinistra. La presidente ha avuto la sensibilità - o la furbizia - di non parlare degli immigrati solo come materia prima utile per le imprese. La platea confindustriale ha applaudito. La critica più pesante la Bossi-Fini se la merita per le procedure che un imprenditore dovrebbe seguire per assumere un immigrato nel suo paese d'origine. Lunghe, burocratiche, onerose. Quindi, verranno eluse e una legge, nata per combattere la clandestinità, finirà per favorirla. L'uso della marina militare per intercettare le carrette del mare è «pura spettacolarità». Concedere la sanatoria a colf e badanti, non agli irregolari che lavorano nell'industria, è una «discriminazione» incomprensibile e controproducente, Perché il lavoro nelle aziende - afferma Artoni - «è la prima forma d'integrazione sociale». Questa la ricetta dei giovani di Confindustria per combattere la clandestinità: «Rendere conveniente la legalità, non solo per gli imprenditori ma per gli stessi immigrati». Ai quali va dato il diritto di voto, almeno amministrativo.

A sorpresa, il presidente della Camera Casini ha sfruttato la tribuna di Santa Margherita per far sapere che, a causa del calo demografico, la riforma previdenziale è «ineludibile». Tanto vale farla subito, all'inizio della legislatura e lontani dalle elezioni politiche. Casini parlava alla sua maggioranza, oggi avrà la risposta del superministro dell'economia Tremonti. Quanto all'immigrazione, il presidente della Camera ha fatto sperticati complimenti all'«intelligente» Artoni. Si è inchinato al grande Helmut Kohl che ha riunificato la Germania e fatto l'euro coraggiosamente, impippandosene dei sondaggi d'opinione. Poi, con bella contraddizione, ha fatto capire che la Bossi-Fini è così proprio perché il governo ha tenuto conto dei sondaggi d'opinione. La politica deve mediare tra esigenze diverse, «spesso inconciliabili, ma tutte degne». Ci mette molta vasellina, ma il succo dell'intervento della terza carica della Repubblica è chiaro: sugli immigrati si giocano le elezioni in tutta Europa, le esigenze dei padroni passano in cavalleria rispetto alle paure degli elettori, in particolare dei ceti popolari. Rapido test in sala: metà del nostro campione pensa che Artoni e Casini «hanno detto la stessa cosa» (urge un po' di scuola quadri per i giovani di Confindustria); l'altra metà capisce la differenza e comprende Casini: «Impresa e politica sono due mestieri diversi».

Guidalberto Guidi, consigliere di Confindustria, comprende i politici che hanno paura di bruciarsi con gli immigrati e comprende ancor più i suoi operai della Ducati. «Gente che si è svenata per comprarsi 100 metri quadrati si arrabbia se i marocchini fanno rumore e bevono la birra in cortile. L'immigrazione a loro dà fastidio. Io alla Ducati non posso farne a meno». Per questo il problema è così difficile e non può essere risolto con un unico provvedimento. Detto questo, la Bossi-Fini è troppo rigida. Nessun padrone assumerà mai un immigrato «in fotografia». La proposta di Guidi è la stessa dei permessi di 6 mesi per ricerca di lavoro. «Gli immigrati spendono migliaia di dollari per entrare da clandestini in Italia. Lasciamoli venire alla luce del sole, depositano mille dollari e se dopo sei mesi non hanno trovato lavoro li usano per tornare a casa».

Politiche dell'immigrazione esenti da errori in circolazione non ce ne sono, dice a muso duro Guido Bolaffi, capo dipartimento del ministero del lavoro e delle politiche sociali. Al massimo, si può ambire a «sbagliare poco». Dunque, i rimproveri degli imprenditori ai politici e ai tecnici sono piuttosto ingenerosi. Tra la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini c'è più «continuità» di quel che sembri e si dica (e se lo dice uno che di immigrazione si occupa dai tempi di Martelli...). Il diessino Bersani pensa, invece, che tra la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini ci sia un abisso; in peggio, ovviamente. Sull'argomento tornerà sicuramente oggi l'ex ministra Turco. Poi sull'hotel Miramare calerà il coprifuoco per Italia-Croazia.