il manifesto - 31 Maggio 2002
Pollice verso
LUIGI PINTOR
Non ci sono aggettivi per qualificare la legge Bossi-Fini che marca gli extracomunitari come capre. Bestiale, schifosa, feroce, schiavista, razzista, fascista? Che esagerazione, che parole improprie, generiche, roboanti e vuote. Mi riesce più facile chiamare semplicemente razzisti e fascisti i suoi autori, così possono querelarmi. Ma che dico, gli faccio un piacere. Riflettete sul fatto che per redigere questa legge si sono accoppiati. L'uno è un secessionista che non odia solo gli africani e i terroni ma anche il tricolore e la patria. L'altro è un nazionalista mussoliniano. Tra loro dovrebbero scannarsi e fino a qualche tempo fa si definivano reciprocamente col termine porcilaio. Cos'è che li unisce? In generale il potere, naturalmente, ma in questo caso l'inciviltà.

Che cosa volete che sia, prendere le impronte digitali a chi chiede un permesso di soggiorno per vivere pulendo le latrine dell'uomo bianco? Non è come mettergli una croce gialla sulla schiena e neppure un timbro indelebile sul braccio, gli extracomunitari si riconoscono a occhio nudo dal colore e dall'odore. E' solo un avvertimento, un avviso di garanzia al delinquente presunto.

E riprendere le impronte a chi rinnova il permesso di soggiorno cos'è, una misura di sicurezza supplementare nel caso che la scheda del sospetto recidivo sia andata perduta in questura? Un'umiliazione a futura memoria? Onde non si illuda di essere un lavoratore regolarmente sfruttato e quindi un cittadino o magari una persona ma tenga bene a mente di essere un ostaggio? Quando non servirà più verrà cacciato via, questo è lo spirito della legge, come diceva Montesquieu.

La nostra emigrazione, su cui abbiamo versato tante lacrime, fu una pacchia. Ha sputato sangue, è vero, e non molto tempo fa c'erano ancora non so in quale paese civile locali proibiti agli italiani. Però ora andiamo a trovare con orgoglio pomposo i nostri discendenti che popolano le americhe, alle quali abbiamo regalato anche sindaci e gangster rinomati e soprattutto manovali e cuochi. E' che avevamo la stessa pelle, lo stesso colore, fu questa la fortuna.

L'ala cristiana della maggioranza berlusconiana (di nuovo inqualificabile) che ha votato questa legge vuole farsela perdonare in politica e nel confessionale con una sanatoria. Speriamo che ci riesca, anche l'ipocrisia è una virtù. Ma sbaglio, non è una maggioranza (con o senza aggettivi) che ha votato questa legge bensì una minoranza: l'opposizione era a ranghi ridotti. E perché no, visto che l'idea delle impronte digitali fu sua, quando al posto di Berlusconi governavamo noi?

Hanno ragione Scajola e Rutelli, universalizziamo l'impronta digitale. E' un bel simbolo e la parola d'ordine «o tutti o nessuno» è egualitaria e ci convince. Un regime totalitario serio in questo si distingue da una democrazia posticcia, nell'essere categorico. Forse pigiando il pollice sul tampone ci renderemo meglio conto dell'aria che tira. Bossi e Fini possono essere esentati, li conosciamo già e la loro improntitudine non sta nei polpastrelli.